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La dottoressa, primaria di Ostetricia e ginecologia del Policlinico: “Negli ospedali le armi non dovrebbero entrare, il collega dovrebbe riflettere sulla sua scelta”

Alessandra Kustermann vive negli ospedali da quasi 50 anni. Come volontaria, come studentessa di medicina, come medico, oggi come primaria di Ostetricia e ginecologia del Policlinico.

(tutti i video cliccando sul link in fondo all’articolo)

E nel corso della sua carriera ha mai visto un dottore con una pistola?
“Mai”.

 

Se avesse incontrato un medico armato che cosa gli avrebbe detto?
“Sarei andata a testa bassa contro di lui ricordandogli che ci sono luoghi in cui le armi non possono entrare. Posti come le chiese, in cui si curano le anime, e gli ospedali, in cui si curano gli esseri umani”. 

Che impressione le fa, quindi, sentire Luca Bernardo dire: “Ho il porto d’armi da difesa da circa dieci anni, come la maggior parte dei medici”?
“Guardi, ho appena fatto un’indagine tra i miei colleghi: su 20 persone, tutti uomini, nessuno aveva il porto d’armi. Solo uno lo aveva avuto in passato, ma non l’ha mai più rinnovato”.

 

 

Luca Bernardo ammette: “La pistola? L’ho portata in ospedale perché minacciato, mai in corsia”

Bernardo ha spiegato di averlo fatto perché ha avuto “come alcuni altri medici problemi con alcuni pazienti che a volte possono essere instabili”.
“In generale noi medici riceviamo minacce, può essere, nei momenti di emergenza, in pronto soccorso. Ci viene insegnato, però, che dobbiamo comunicare anche le notizie difficili e se la tua capacità di comunicazione è buona, difficilmente vieni minacciato”. 

In ogni caso, le sembra possibile che un pediatra porti in ospedale, “mai in corsia” dice lui, un’arma?
“Nessun medico, indipendentemente dalla sua specialità, può anche solo vagamente pensare di andare in ospedale armato e di difendersi da un’aggressione con l’uso di una pistola. Per il giuramento che abbiamo fatto siamo tenuti a curare chiunque – anche il nostro più feroce avversario, anche qualcuno che per caso avesse ucciso nostro figlio o il nostro migliore amico – e a pensare che sia inaccettabile far del male o addirittura uccidere involontariamente”.

Come collega, cosa si sente di dire a Bernardo?
“Lo conosco bene e, a maggior ragione perché è un medico, dovrebbe riflettere sul suo porto d’armi e interrogarsi se è compatibile con il prendersi cura degli esseri umani”.

 

 

Il candidato- primario Bernardo su Voghera: “Porto d’armi? Servono i titoli”. Ma non dice di averlo

Bernardo è anche candidato sindaco: il suo nuovo ruolo politico e pubblico dovrebbe imporgli ulteriori responsabilità?
“Un’arma è sempre uno strumento pericoloso in mano a chiunque, ma chi pensa di governare una città e contemporaneamente di portarne una ha una visione errata della politica, che è un’arte e prevede anche la capacità di persuadere i cittadini. Reagire a uno schiaffo, anche violento, impugnando una pistola non è segno di civiltà e l’assessore di Voghera ce lo ricorda. Nemmeno se si applicasse la legge del taglione sarebbe accettabile una sproporzione così elevata tra il dare la morte e un furto o un’aggressione”. 

 

 

 

Sorgente: Bernardo e la pistola in ospedale, la primaria Kustermann: “Mai visto un collega armato in 50 anni” – la Repubblica

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