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Negli insediamenti vivono ancora oggi circa 8.000 persone. Il provvedimento nomina un commissario straordinario che avrà tre anni di tempo per risanare una ferita vecchia 113 anni

di Claudio Del Frate

Nel decreto legge sul Covid è stato inserito, su richiesta della ministra per il Sud Mara Carfagna, un emendamento che stanzia 100 milioni di euro per il risanamento delle baraccopoli di Messina; si tratta di una serie di insediamenti nati nel corso degli anni per ospitare gli sfollati del terremoto che colpì la città dello Stretto nel 1908. E nelle quali ancora oggi vivono migliaia di persone, circa 8.000 secondo stime del Comune. «Serviva un atto di coraggiosa discontinuità normativa ed economica: sono orgogliosa di dire che il governo lo ha compiuto» ha dichiarato la ministra, convinta in questo modo di risanare finalmente una ferita urbana 113 anni dopo la più devastante calamità naturale abbattutasi sull’Italia.

 

Tre anni di tempo

L’emendamento, oltre a stanziare i 100 milioni che serviranno a dare una casa agli abitanti delle baraccopoli , nomina il prefetto di Messina (e una struttura tecnica di affiancamento) commissario straordinario per l’esecuzione del piano. Il «cronoprogramma» dell’intervento concede al commissario 120 giorni di tempo per «tracciare il piano d’azione» e tre anni per arrivare alla «riqualificazione urbana delle aree e al ricollocamento degli abitanti». Un intervento che Messina attende da decenni ma che ha subito continui rinvii; l’ultimo di questi era intervenuto a causa del Covid. «Le migliaia di abitanti delle baraccopoli di Messina – conclude la nota di Mara Carfagna – hanno lo stesso diritto di tutti gli italiani alla salute, all’acqua potabile, ad abitazioni, strade, servizi decenti: un grande Paese europeo e occidentale come siamo, ha il dovere morale prima che politico di cancellare le favelas e garantire dignità anche ai più poveri e fragili».

Dai tempi di Mussolini

I nuclei che dovrebbero essere interessati all’intervento sono almeno 6: si tratta di una serie di abitazioni fatiscenti, una addossata all’altra, formata di spazi angusti e con servizi precari, costruite spesso facendo ricorso a eternit. Le più vecchie vennero tirate su durante il ventennio fascista, altre risalgono agli anni Cinquanta e sono statte via via oggetto di rappezzi. Doveva trattarsi di sistemazioni provvisorie, sono diventate definitive. Le famiglie originarie che le occupavano nel corso degli anni le hanno talvolta vendute ad altri nuclei, in altri casi li hanno semplicemente ceduti a parenti. Secondo il sindaco di Messina Cateno De Luca nelle baraccopoli vivono ancora oggi almeno 2.000 famiglie per un totale di 8.000 persone. I 100 milioni stanziati con il decreto Covid non sono i primi in teoria destinati a dare un alloggio dignitoso agli abitanti delle baraccopoli; una legge regionale del 1990, ad esempio, stanziava già 500 miliardi di lire. Che però non sono bastati a cancellare uno scandalo lungo 113 anni.

D’Uva (M5S): «Riscatto me speranza»

«Quello delle baracche a Messina è sempre stato tra i capitoli più tristi. Tutta Italia oggi però ci guarda con occhi di riscatto e speranza. Abbiamo le carte in regola per chiudere la questione, grazie a chi ci crede da sempre. L’impegno in Parlamento per il territorio continua». Così su Twitter il deputato messinese e questore di Montecitorio

Sorgente: Decreto Covid, a Messina 100 milioni per risanare la baraccopoli del terremoto del 1908- Corriere.it

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