0 13 minuti 3 anni

San Donato, Humanitas, Maugeri: sono i tre colossi delle cliniche private fanno decine di milioni di profitti all’anno grazie agli accrediti regionali. Alla guida ci sono uomini vicini al leader di Forza Italia e fra gli azionisti abbondano finanziarie estere e fondi. Per questo, dopo l’addio di Gallera, la poltrona è andata a un’altra berlusconiana di ferro: Letizia Moratti

di Francesco Turano

La Lombardia si divide in tre parti. Milano, in mano a un moderatissimo centrosinistra. Il resto della regione, in mano alla Lega. E la sanità, gestita negli ultimi quarant’anni da un uomo più noto per le tv private, per i successi calcistici e per le sue discese in campo: Silvio Berlusconi.

Naturalmente è una gestione indiretta, non è che può fare sempre tutto lui. Ma assessori e imprenditori della sanità privata portano il suo marchio. Il ritorno di Letizia Brichetto, vedova del petroliere Gianmarco Moratti nominata da Attilio Fontana dopo gli altrettanto forzisti Giulio Gallera e Mario Mantovani, conferma e garantisce il modello che sostiene gli accordi interni al centrodestra. I circa 20 miliardi annui di fondi della sanità, il piatto più ricco fra le regioni italiane, devono essere gestiti dagli uomini di Silvio a prescindere dai risultati elettorali di Forza Italia, in costante declino rispetto ai consensi salvinisti.

L’amore di Silvio per cliniche e ospedali si declina attraverso una nomenklatura che ha il suo stampo nell’amministrazione dei principali gruppi privati: San Donato (Gsd), Humanitas, Istituti clinici scientifici (Ics) Maugeri. A sud del Po va aggiunto il colosso Tosinvest, concentrato nell’Italia centromeridionale e controllato dal parlamentare forzista-assenteista Antonio Angelucci. Spesso, la proprietà di questi gruppi è di trasparenza complessa quanto quella dell’associazione calcio Milan, tra fondi di private equity, finanziarie lussemburghesi e polizze assicurative allocate nelle isole mediterranee (Tosinvest).

È tutto “very discreet” come la struttura societaria parallela della Fininvest protagonista di qualche indagine giudiziaria di vent’anni fa. Manager, presidenti e consiglieri sono però trasmessi in chiaro e rappresentano una sorta di truppa d’élite del berlusconismo rispetto alla quale l’avvocato Gallera, praticante molto saltuario dello studio legale di Marco Rocchini, sindaco forzista di Arcore, era vaso di coccio.

VEDI ANCHE:

Letizia Moratti garantisce tutt’altro piglio. Fra gli obiettivi dei prossimi mesi, c’è la campagna vaccinazioni contro il Covid-19 e l’annunciata ricostruzione di una sanità pubblica devastata dove un ricoverato d’urgenza al Niguarda per doppia ernia ombelicale si sente dire il 28 dicembre 2020 che ci sono buone speranze per un intervento chirurgico nel 2022.

Ma le basi del modello generale, fondate sulla sanità privata in convenzione con il denaro dei fondi regionali e celebrate da Gallera contro l’evidenza nei giorni più bui della pandemia, quelle non sono in discussione salvo qualche aggiustamento tardivo su un sistema di pagamento con pochi controlli.

ANGELINO E IL TUNISINO
All’origine di tutto c’è il San Raffaele. La leggenda dice che negli anni Settanta don Luigi Verzé lo volle realizzare accanto ai terreni di Berlusconi a Milano 2, e che il potere craxiano allora dominante deviò le rotte di Linate in modo che gli aerei non disturbassero i degenti della struttura privata in convenzione e gli inquilini dell’Edilnord per conseguenza.

Fu l’inizio di un rapporto proseguito fino a tempi recentissimi con il ricovero del fondatore di Fininvest, lo scorso settembre, per Covid-19 nella struttura di rianimazione guidata dal suo medico di fiducia, Alberto Zangrillo.

Alla morte di don Verzé, scomparso l’ultimo giorno del 2011, il gruppo che faceva capo a una semplice e riservatissima associazione di persone (Monte Tabor) è passato al pavese Giuseppe Rotelli, amico del banchiere bresciano Giovanni Bazoli, ex consulente del ministro della Sanità berlusconiano Girolamo Sirchia e, prima ancora, coautore del piano per la sanità lombarda quando il responsabile del settore per il Psi si chiamava Bettino Craxi.

Rotelli, scomparso nel 2013, aveva fatto il suo gran debutto nella migliore società sanitaria lombarda il 20 maggio 2009 con l’inaugurazione del Policlinico San Donato alla presenza del premier Berlusconi, della sindaca Moratti e del presidente della giunta regionale Roberto Formigoni.

Dopo avere integrato anche le cliniche di Antonino Ligresti, fratello del finanziere e costruttore berlusconiano Salvatore, il Gsd oggi è il numero uno in Italia con 56 sedi, 4,7 milioni di pazienti all’anno e quasi seimila posti letto. La holding di controllo Papiniano ha un fatturato consolidato di 1,6 miliardi di euro nel 2019 e utili netti per 27,6 milioni di euro (33,7 nel 2018), in attesa di un 2020 segnato dall’impatto sui conti del Covid-19 e dalle richieste di ristori statali.

Il maggiore azionista della piramide Gsd è la società semplice Armonia. Fondata nel 2006, è in mano agli eredi del capostipite, Paolo di 31 anni, Marco di 37, e Giulia di 26, tutti residenti a Montecarlo. Fra nuove avventure, come il nuovo ospedale Galeazzi da realizzare nell’area dell’Expo 2015, i tre giovani si sono circondati di una squadra di manager di gran nome. Il più sorprendente è il presidente: l’avvocato Angelino Alfano, uno dei tanti eredi politici del Cavaliere costretti a cambiare mestiere dopo avere occupato i ministeri più importanti (Giustizia, Interni ed Esteri) ed essere transitato a sinistra – si fa per dire – come vicepremier di Enrico Letta e ministro nei governi Renzi e Gentiloni. Ci sono poi i banchieri come Alessandro Daffina, l’ex Unicredit Federico Ghizzoni, entrambi nella squadra Rothschild insieme al presidente del Milan Paolo Scaroni, ed Enrico Cucchiani, ex ad di Intesa San Paolo. Una modesta copertura democrat l’ha offerta Ernesto Maria Ruffini, numero uno dell’agenzia delle entrate ex di Equitalia e consigliere di Gsd sistemi fino al gennaio 2020.

Letizia Moratti
Letizia Moratti

Fra gli habitués del Cavaliere nei cda del gruppo San Donato sono schierati anche Roberto Poli, presidente dell’Eni su nomina di Silvio oltre che consigliere Fininvest e Mondadori, e Vittorio Emanuele Falsitta, commercialista fra i primi in Italia, ex responsabile forzista per il fisco e rapsodo del “senso filosofico della riforma fiscale di Berlusconi” in tempi di scudo.

Sempre più strategica è l’alleanza fra i fratelli Rotelli e il misterioso imprenditore tunisino Kamel Ghribi, 59 anni, presidente del Gsd Middle East con base operativa a Lugano. Nella sua biografia autorizzata Ghribi si descrive come uno fra nove fratelli di una famiglia umile di Sfax. A ventinove anni aveva già studio a Manhattan come vicepresidente dell’Olympic petroleum. Poco dopo è diventato proprietario di Attock Oil, fondata dal finanziere pakistano Ghaith Pharaon, uno dei protagonisti dello scandalo Bcci, un’intricata vicenda di traffico d’armi con Iran, Libia e Pakistan negli anni Novanta, quando i figli di Rotelli erano ancora bambini. L’anno scorso, in piena emergenza sanitaria, il San Raffaele di Milano ha ospitato e curato decine di miliziani impegnati nella guerra civile in Libia . A fine ottobre 2020 la Velca dei Rotelli e il Gk group di Ghribi hanno ribadito l’alleanza fondando 50/50 la Gskd, una nuova holding di partecipazioni.

ROCCA E ROTELLI ALL’ASSALTO
Per capire quanto può rendere la sanità privata accreditata secondo le norme fissate dal presidente della giunta regionale Roberto Formigoni nel 1997 basta dare un’occhiata ai conti del gruppo Humanitas della famiglia Rocca, con quartier generale a Rozzano nell’hinterland milanese. Su ricavi complessivi per 433 milioni di euro nel 2019 l’utile netto si avvicina al 10 per cento (40 milioni di euro). I dividendi sono generosi (20 milioni di euro) e finiscono in gran parte alla holding di controllo Teur, un colosso da 1,8 miliardi di fatturato annuo con sede a Milano controllato dalla Arotec di Rotterdam, da qui alla lussemburghese San Faustín e infine a un’altra società di diritto olandese, la Rocca & partners.

Humanitas, presieduto da Gianfelice Rocca che guida Techint, ha allargato il suo raggio d’azione fino alla Sicilia con il nuovo Oncologico di Catania costruito con 80 milioni di investimento privato e 30 milioni di sostegno dalla Regione siciliana.

Una piccola quota (0,68 per cento) fa capo alla Bootes che, pur schermata da due fiduciarie, farebbe capo a Rosario Bifulco, imprenditore e manager di area cattolica cresciuto in Techint ed ex ad di Mittel, la merchant bank a lungo presieduta da Bazoli. Bifulco, vicepresidente esecutivo di Clessidra sgr (gruppo Pesenti-Italmobiliare), il più grande fondo di private equity a capitali italiani, è amministratore di Sorin, di Pierrel e di un altro colosso della sanità privata lombarda e nazionale, l’istituto Don Gnocchi (27 sedi e 32 ambulatori in nove regioni italiane). Controllato dalla fondazione omonima e presieduto da don Vincenzo Barbante, il Don Gnocchi è sotto inchiesta per epidemia colposa a causa di decine di decessi per Covid-19 nelle sue Rsa milanesi .

Gli interessi dei Rocca nella sanità privata lombarda sono emersi anche nella battaglia per assicurarsi il controllo del polo di eccellenza formato dal binomio Cardiologico Monzino e Ieo, l’istituto oncologico creato dall’antiberlusconiano Umberto Veronesi, scomparso nel 2016.

Dopo un blitz tentato da Humanitas e Gsd a quattro mesi dalla morte di Veronesi, i due centri di eccellenza sono rimasti in mano a un azionariato diffuso con Mediobanca, fondazione Del Vecchio, Unipol, che esprime il presidente Carlo Cimbri, Intesa, Pirelli, Allianz, Generali, e il gruppo Mediolanum (Doris-Fininvest). È quanto di più vicino alla versione sanitaria del salotto buono di cucciana memoria. L’ultimo bilancio Ieo parla di 312 milioni di ricavi e 8,2 di profitti, Monzino incluso.

QUEL CHE RESTA DEL CELESTE
Qualche tentativo di cambiare lo status quo che la neo-assessora Moratti ben conosce è stato fatto dalla giunta precedente all’insegna di una contrapposizione interna tra la corrente più laica del forzismo lombardo, rappresentata dall’ex giovane liberale Gallera, e quella legata a quanto rimane del formigonismo. Il Celeste ha visto infrangersi diciotto anni di potere ininterrotto sui 73 milioni di euro di tangenti pagate ai politici di ispirazione ciellina, e a Formigoni stesso, dalla Fondazione Maugeri di Pavia che controlla due terzi del capitale degli Ics pavesi. Oggi i rapporti fra Ics Maugeri e Regione sono molto meno idilliaci di quanto fossero ai tempi di Pierangelo Daccò e Antonio Simone, imprenditori vicini al Movimento popolare condannati con Formigoni. Con un processo in corso per 47 milioni di danno erariale, nel marzo 2019 Gallera ha aperto un contenzioso con gli Ics Maugeri per abbassare i rimborsi tariffari, seguito a ruota da altre due giunte di centrodestra (Piemonte e Sicilia).

Le ripercussioni sul bilancio di questa delibera sono di là da venire. Nel 2019 Maugeri ha presentato ricavi per 302 milioni con 9,5 milioni di utile netto, in crescita rispetto all’anno precedente. Alla presidenza del gruppo c’è Gualtiero Brugger, che è anche consigliere dell’Ieo. Allievo di Luigi Guatri e professore emerito di finanza aziendale alla Bocconi, Brugger ha come erede all’ateneo privato Maurizio Dallocchio, il maratoneta che Berlusconi vuole candidare alle comunali contro Beppe Sala, di cui Dallocchio è peraltro buon amico.

L’assetto societario degli Ics Maugeri, oltre alla Fondazione, vede la presenza di una lussemburghese (Tcp hospitals) che ha un terzo del capitale e fa capo a tre veicoli di investimento del gruppo di private equity Trilantic Europe. E qui ogni ricerca si ferma. Chiunque voglia investire soldi nella sanità, o nel calcio, non può trovare uno schermo più impenetrabile.

Sorgente: La sanità in Lombardia resta un affare di Silvio Berlusconi e dei suoi amici – l’Espresso

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20