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Sassari, 28 ottobre 2023.
 
Sardegna è alluvione giovane di lotta. Occhi di figli che hanno onde come madri, venti come padri e mari come maledizioni.
Bocche di tempeste raccontate al posto delle fiabe, cammini che hanno suono di pioggia sull’acqua pure se il sole è alto.
Sardegna palestinese, mediterranea, araba, africana, asiatica, latino-americana.
Si bagna nel Sud del Mondo. È quello il suo posto. Nuota lontano dall’Occidente della luce morta.
Nemica fino al sangue di colonialisti sionisti, europei, statunitensi, sfruttatori, falsari, ladri d’orizzonti, carcerieri di popoli, assassini anche quando concedono resti di vita nella loro pace.
Li odia.
Il diluvio d’ottobre non odia forse naturalmente il fuoco ingiusto, l’aridità che brucia la terra?
Il corso delle grida di ragazze e ragazzi ama Gaza e la Palestina. Gocce scorrono impreviste per congiungersi lì, al grande fiume che ha travolto margini d’acciaio.
Ogni abbraccio è stringere a sé i martiri del genocidio, ogni passo è incitamento grato ai combattenti.
Non avrei mai immaginato d’incontrare una giornata così torrenzialmente viva nel luogo da dove scappai a diciannove anni.
Anche le lacrime si rivoltano e non bastano dieci dita per nasconderle.
Vogliono unirsi al fiume inarginabile.
Perché la rivoluzione del sette ottobre è appena iniziata.
Filippo Kalomenìdis
 
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