Non contrapporre natalità e accoglienza. Critiche alle “porte chiuse” agli immigrati, che siano le difficoltà burocratiche, la mancata regolarizzazione o il rinvio di una decisione sullo “ius culturae”. Appunti al “decreto lavoro”, che non basta per contrastare la povertà. Ascolto degli studenti che protestano per gli alloggi, perché sono “una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso”. Il cardinale Matteo Zuppi ha aperto l’assemblea dei vescovi italiani, con una serie di indicazioni che suonano come un monito alla politica e un contrappunto, in particolare, ad alcune scelte del governo di Giorgia Meloni.
La “cultura della vita”, ha sottolineato il presidente della Cei, “sa che essa nasce e cresce nella famiglia e che tutto non dipende dal proprio volere soggettivo che arriva a giustificare la cosiddetta maternità surrogata, che utilizza la donna, spesso povera, per realizzare il desiderio altrui di genitorialità”. Ma papa Francesco, “ha ben chiarito come natalità e accoglienza siano nello stesso orizzonte di apertura al futuro”, ha proseguito Zuppi: “L’accoglienza della vita nascente si accompagna alle porte chiuse a rifugiati e migranti. È la triste società della paura. Chiudere le porte a chi bussa è, alla fine, nella stessa logica di chi non fa spazio alla vita nella propria casa. Del resto abbiamo bisogno di migranti per vivere: li chiedono l’impresa, la famiglia, la società. Non seminiamo di ostacoli, con un’ombra punitiva, il loro percorso nel nostro Paese! C’è un livello di difficoltà burocratica che rende difficile il percorso d’inserimento, i ricongiungimenti familiari, il tempo lungo per ottenere i permessi di soggiorno, mentre si trascurano i riconoscimenti dei titoli di studio degli immigrati (che pure sono un valore per la nazione) o ancora si rimanda una decisione sullo ius culturae. Intanto la regolarizzazione del 2020 attende in parte di essere ancora espletata. Non è dare sicurezza, anzi – ha sottolineato il presidente della Cei – esprime la nostra insicurezza. Facciamo nostre in maniera accorata le parole del Santo Padre di fronte al naufragio di Cutro, pronunciate nell’udienza ai rifugiati giunti in Europa con i corridoi umanitari il 18 marzo scorso: “Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta”. Parole gravi, dolorose e impegnative”.