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Scontro sull’accordo collettivo siglato dall’associazione delle residenze per anziani. Cgil, Cisl e Uil: «Lede la dignità». La replica: «Premiamo l’impegno dei dipendenti»

Claudia Luise

Cinque euro l’ora per chi fa le pulizie, nemmeno sei per gli operatori socio-sanitari e appena poco di più per gli infermieri. Lordi, ovviamente. Il tutto al termine di una trattativa al ribasso con i sindacati confederali tagliati fuori dal rinnovo del contratto e l’accordo firmato con organizzazioni che rappresentano pochissimi lavoratori. Eppure valido per tutti. In pratica un «contratto pirata», come accusano Cgil, Cisl e Uil. Modalità – purtroppo – sempre più diffusa in tutti i settori. A stupire, però, è che accade nella sanità e riguarda i dipendenti delle Rsa iscritte all’Anaste (Associazione nazionale strutture territoriali residenze private per anziani), che rappresenta circa la metà delle residenze sanitarie assistenziali in Italia. L’associazione ha una presenza molto forte in Piemonte, dove in totale ci sono quasi 700 strutture per anziani. Una situazione complicata, tanto che oggi, in piazza Castello a Torino, è stato indetto un presidio di protesta.

«Anaste si è resa responsabile di una scelta che non ha precedenti nelle relazioni sindacali del nostro Paese. Nel bel mezzo di una trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro che andava avanti da tempo e mentre Cgil, Cisl e Uil aspettavano risposte alle proposte sui temi della malattia e degli aumenti contrattuali, ha firmato il contratto con i sindacati di certo non annoverabili tra quelli maggiormente rappresentativi», scrivono i sindacati confederali. A firmare l’accordo, sigle come Confsal, Ciu (Confederazione italiana di unione delle professioni intellettuali) e Confelp (Confederazione europea lavoratori e pensionati).

«È un contratto che riduce le tutele lasciando maggiore possibilità di licenziare, colpendo economicamente chi si ammala, che prevede un aumento tabellare irrisorio in un settore, come quello socio- assistenziale, in cui i salari, a parità di mansione con il pubblico, sono nettamente più bassi, concorrendo in modo sleale nei confronti delle altre associazioni datoriali che applicano contratti non pirata, nella gestione dei servizi», spiegano Elena Palumbo Fp Cgil Piemonte, Tiziana Tripodi Cisl Fp e Nicolino Conconi Uil Fpl. «Si parla di uno stipendio medio di 1.064 euro lordi per 165 ore. Quindi la retribuzione è 5 euro per gli ausiliari, 5,70 per oss e oltre i 6 per gli infermieri – aggiunge Tripodi – tariffe che finiscono per ledere la dignità dei lavoratori». I sindacati minacciano lo stato di agitazione di tutto il personale e chiedono un impegno anche alla Regione Piemonte affinché intervenga sull’accreditamento delle strutture di Anaste «per interrompere questa corsa al ribasso del costo del lavoro ai danni di chi si deve occupare dei più fragili».

L’associazione, invece, insiste sulla correttezza del contratto. E anzi plaude al «grande significato di questo rinnovo, in un momento di grandissima difficoltà per il settore socio-sanitario, utilizzando interamente risorse proprie, essendo le rette invariate da oltre 10 anni, e pur sotto il peso insostenibile della crisi energetica e dell’aumento dell’inflazione». Tanto che il direttivo dell’Anaste, presieduta da Sebastiano Capurso, insiste: «Uno sforzo enorme, in una situazione straordinaria, che vuole essere anche un riconoscimento dell’impegno sempre profuso da tutti i lavoratori».

Quella dei contratti pirata è una situazione sempre più diffusa. «C’è una tendenza generale che è ripresa con più forza dopo il Covid a peggiorare le condizioni contrattuali e salariali – spiega Lia Pacelli, professoressa di Economia all’Università di Torino e presidente del Centro di ricerche sull’occupazione Riccardo Revelli – in due direzioni». La prima «è la scelta di inquadrare le persone in contratti sempre meno tutelanti anche se riconosciuti dai sindacati confederali, per cui si passa dal contratto specifico di settore a quello multiservizi o a quello dei servizi fiduciari, che ha condizioni ancora peggiori. C’è una deriva anche del settore pubblico verso questo sistema». Un esempio? «Anche l’Università – spiega Pacelli – tramite le cooperative, sta inquadrando tutti i servizi di guardiania con contratti sempre peggio pagati». Il secondo punto, per le imprese private anche di grandi dimensioni, «c’è un fiorire di contratti pirata, firmati da sindacati non rappresentativi e di comodo. E questo perché – conclude l’economista – non c’è una legge sulla rappresentanza».

Sorgente: I contratti collettivi da 5 euro lordi all’ora delle Rsa piemontesi – La Stampa

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