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I primi “rinforzi” dovrebbero “entrare in azione” la settimana prossima, nella migliore delle ipotesi da lunedì 25. Nelle prossime ore dovrebbe essere definito il piano per lo smistamento dei medici e degli infermieri sul territorio

 

di Andrea Carli

Coronavirus, i vaccinati alla data del 19 gennaio 2021

Gli ulteriori ritardi nella consegna dei vaccini, con Pfizer che nelle ultime ore ha comunicato al Commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri che anche nel corso della prossima settimana non solo non verranno consegnate in Italia le dosi che non sono state consegnate in questa settimana (pari al 29%) ma anche che ci sarà «una pur lieve ulteriore riduzione delle consegne», per dirla con le parole del Commissario, sono un nodo che va a complicare il puzzle della campagna di vaccinazione contro il Covid-19.

Ma non è l’unico: un altro tassello, che così come le dosi della multinazionale farmaceutica si avvia anch’esso nella direzione di uno slittamento, è quello dei 1.500 operatori tra medici e infermieri che, stando alle indicazioni dello stesso Arcuri, sarebbero dovuti “scendere in campo” a partire da oggi, 20 gennaio, per somministrare le dosi e, quindi, velocizzare l’operazione di immunizzazione della popolazione. Secondo fonti vicine al dossier, infatti, i primi “rinforzi” dovrebbero “entrare in azione” la settimana prossima, nella migliore delle ipotesi da lunedì 25. Nelle prossime ore dovrebbe essere definito il piano per lo smistamento dei medici e degli infermieri sul territorio.

I DATI DEL CONTAGIO

L’ipotesi di un accordo di solidarietà sui vaccini

Tasselli che, a una ventina di giorni dall’inizio della campagna vaccinale, costringono il governo – soprattutto il ritardo nella consegna dei sieri – a rivedere la distribuzione dei vaccini, rimodulando le consegne in modo che nessuna regione resti senza dosi e possa procedere con i richiami. Si rimette dunque mano al piano presentato a inizio dicembre in Parlamento dal ministro della Salute Roberto Speranza. L’esecutivo, si è appreso da ambienti di Governo e della struttura Commissariale per l’emergenza, ha attivato l’Avvocatura Generale dello Stato per valutare i diversi profili di responsabilità della casa farmaceutica in caso di inadempienza e le possibili azioni da intraprendere a tutela degli interessi del Paese e dei cittadini. Pfizer avrebbe garantito il recupero del gap entro il 15 febbraio e annunciato già dalla prossima settimana un graduale ritorno alla normalità.

Il rischio di uno slittamento della campagna vaccinale

Gli ennesimi ritardi nella consegna dei vaccini previsti da parte della multinazionale farmaceutica costituiscono un nuovo intoppo che rischia non solo di far slittare la campagna vaccinale di diverse settimane ma anche di creare più di qualche problema nella somministrazione della seconda dose per i richiami, prevista 21 giorni dopo la prima.

L’inceppamento della macchina è un rischio concreto. Nel Lazio, che ha subito una decurtazione del 30% delle dosi previste, «i ritardi Pfizer – ha messo in evidenza l’assessore Alessio D’Amato – impongono priorità nella somministrazione delle seconde dosi per completare la copertura». Stessi provvedimenti anche in diverse strutture del Paese, come il Careggi di Firenze. In altri centri, tra Rsa e ospedali, va peggio: è tutto bloccato fino ai nuovi arrivi. Al Policlinico San Matteo non sono garantiti i richiami del 25 gennaio e nemmeno le consegne dei vaccini alle cliniche Maugeri, Mondino, Città di Pavia e alle 13 Residenze Socio Assistenziali che dipendono dal Policlinico.

In Lombardia è stata annunciata la modifica alla programmazione rallentando le prime dosi per garantire a tutti il richiamo. In alcuni ospedali lombardi sono esaurite le scorte e perciò sono state “riallocate” le dosi. La Provincia autonoma di Trento è stata invece tra quelle più penalizzate, registrando un meno 60% di dosi. A Bolzano il taglio è stato del 57%, per il Veneto del 53% e per il Friuli del 54%.

L’incontro tra governo e regioni

In questo scenario, l’incontro tra il governo e le Regioni che si è svolto martedì 19 gennaio ha avuto l’obiettivo primario di evitare che vengano vanificati gli sforzi fatti finora, garantendo al milione e 200mila italiani che hanno già fatto il vaccino di poter fare anche il richiamo.

La resistenza delle regioni più “virtuose”

L’ipotesi di un “meccanismo di solidarietà” tra regioni – chi ha conservato più dosi ne cederebbe una parte a quelle che hanno somministrato di più senza tenere le scorte, la Campania e il Veneto su tutte – resta ancora in piedi, anche se tra i governatori una linea comune non c’è, con le regioni più virtuose che fanno resistenza e non accettano di essere penalizzate per aver rispettato le indicazioni date dallo stesso governo. In quella direzione sembrerebbe invece andare la proposta del governatore del Veneto Luca Zaia in base alla quale le seconde dosi devono essere «garantite da un magazzino nazionale» Tutti però hanno chiesto garanzie, come ha ribadito il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini: le riduzioni «siano solo temporanee».

Il pressing dei governatori della Lega

Le regioni hanno chiesto che sia il governo a decidere dove devono andare i vaccini, non Pfizer. In particolare, la richiesta è stata avanzata dai governatori della Lega. «Da ieri abbiamo dovuto dimezzare il numero dei vaccini anti Covid perché non abbiamo sufficienti dosi e personale medico per rispettare il piano vaccinale. Invece di cercare i voti dei Ciampolillo in Parlamento, Conte, se ancora è presidente del Consiglio, si assuma la responsabilità di risolvere la questione», hanno chiesto Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Attilio Fontana (Lombardia), Maurizio Fugatti (Trentino), Christian Solinas (Sardegna), Nino Spirli (Calabria) e Luca Zaia (Veneto).

Zaia, taglio tra regioni sia almeno orizzontale

«Sui vaccini la situazione è piena punti domanda – ha sottolineato Zaia -. Ma se il taglio è del 29% a livello nazionale, almeno sia orizzontale. Ripeto – ha proseguito il presidente della regione Veneto – che se c’è da tutelare la posizione nazionale e veneta non si può prescindere da sapere qual è il contratto. Se c’è scritto che il plafond di fornitura è trimestrale, e non c’è un impegno formale a livello settimanale, l’azienda non ha commesso irregolarità. È vero che anche in altri Paesi europei si è tagliato. Non vorrei – ha concluso – che l’azienda abbia fatto conto sulle cinque dosi e non su sei».

Agli uffici del commissario il compito di rimodulare la distribuzione

Per questo l’ipotesi più concreta è di rivedere il piano della distribuzione in modo che siano gli uffici del Commissario a stabilire la rimodulazione delle quantità e dei luoghi di consegna. Garantendo in maniera equa, sulla base dei criteri già definiti, meno dosi ma per tutti.

Sorgente: Piano vaccini, slitta anche l’arrivo dei 1.500 operatori sanitari tra medici e infermieri – Il Sole 24 ORE

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