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Parla per la prima volta uno dei migranti del centro di Villa Sikania: “Circondati da polizia, nessuno ci dice cosa sta succedendo, abbiamo fatto il test ma da oltre un mese non possiamo uscire”. Nel tentativo di allontanarsi un ragazzo di 20 anni, Anwar Seid è morto, travolto da un’auto. Astalli: “Accoglienza in piccoli numeri necessaria, migranti non sono merci da tenere in un magazzino”

ROMA – “Siamo in quarantena da quasi un mese. Abbiamo fatto il test per il coronavirus. Non capiamo perché ci tengano qui dentro senza farci uscire, senza darci informazioni, siamo dei detenuti? Io sono qui dentro da 25 giorni altri da 30. Normalmente la quarantena è di 15 giorni, perché a noi è riservato un trattamento diverso?”. A parlare è uno dei ragazzi (chiede di rimanere anonimo) che da ieri sta protestando, insieme ad altri migranti, per la situazione che si è venuta a creare all’interno del centro Villa Sikania di Siculiana, ad Agrigento. In particolare i migranti, oltre 100 persone, provenienti da diversi paesi (Eritrea, Sudan, Nigeria, Somalia e Tunisia) chiedono di poter avere informazioni certe, di sapere perché sono stati privati della libertà da oltre un mese e quanto durerà, nei fatti, la loro quarantena.

Dopo lo sbarco a Lampedusa e il trasferimento nel centro in provincia di Agrigento, infatti, non hanno avuto altre indicazioni sul loro futuro. Sanno solo di non poter uscire. E così ieri, nel tentativo di allontanarsi dal centro, un ragazzo di 20 anni è morto, si chiamava Anwar Seid. E’ stato travolto da una macchina in corsa sulla statale 115. L’automobilista, che non si è fermato a prestare soccorso, è ora indagato per omicidio stradale.

“Siamo tutti sotto choc per quello che è successo ieri – racconta il ragazzo con cui Redattore Sociale è in contatto -. Anwar era anche lui eritreo e stava protestando per i nostri diritti. Siamo distrutti per la sua morte. Abbiamo iniziato la protesta perché non capiamo cosa stia succedendo: abbiamo fatto tutti il test per il Covid 19. Ma se non siamo positivi perché ci tengono rinchiusi da un mese? Nessuno ci dice niente, ma in compenso siamo circondati dalla polizia. Tra l’altro – aggiunge -. Se ci fosse un caso di positività sarebbe per noi più pericoloso stare qui dentro, visto che siamo in tanti. Rischiamo sicuramente il contagio. Vogliamo uscire di qui, ma ci dicono che non è possibile”. Il ragazzo eritreo spiega che nel centro ci sono grandi stanze con 30 posti al piano terra e camere da 4 o 5 persone al piano superiore. “Il problema è che spesso siamo insieme nella stessa stanza. Anche i bagni sono in comune – aggiunge – Usiamo lo stesso wc, la stessa doccia, è rischioso”. Inoltre, da ieri, è stata solo rafforzata la sorveglianza: “All’interno è pieno di polizia, all’esterno c’è l’esercito. Siamo così pericolosi? – aggiunge -. Io sono stato prima a Lampedusa, poi sono arrivato qui, senza mai poter uscire e non credo sia normale questo trattamento”.

Il centro di Siculiana era un Centro per l’accoglienza straordinaria (Cas) fino all’ottobre scorso. Ha riaperto ad aprile, diventando uno dei centri per l’isolamento fiduciario dei migranti sbarcati a Lampedusa. La capienza è di 116 persone, all’interno la sorveglianza è affidata a 5 squadre della polizia. “Quella di Villa Sikania è una struttura che in passato abbiamo monitorato perché si caratterizzava per una serie di criticità – spiega Annapaola Ammirati di In Limine-Asgi -. E’ uno dei centri in cui vengono trasferite le persone da Lampedusa e le condizioni di accoglienza sono sempre state poco adeguate ai bisogni. Non solo, ma le criticità hanno riguardato anche le procedure per l’accesso alla formalizzazione della richiesta asilo. Come associazione abbiamo anche presentato denunce insieme a Borderline Sicilia. Ora sappiamo che il centro è adibito alla quarantena. Ma che le persone rimangano in quarantena oltre 14 giorni è chiaramente una situazione che non si dovrebbe verificare e che potrebbe essere dovuta ai nuovi ingressi: potrebbe avvenire, cioè, che ogni volta che entra qualcuno in accoglienza facciano ripartire la quarantena. E’ una prassi che abbiamo visto anche nell’hotspot di Lampedusa ma che non riteniamo legittima”.

Anche il sindaco di Siculiana, Leonardo Lauricella, parla di un centro inadeguato, “non idoneo “ e in cui non c’è alcun rispetto delle regole. Padre Camillo Ripamonti, direttore del Centro Astalli, nell’esprimere cordoglio per la morte del giovane ragazzo eritreo ricorda che “l’accoglienza diffusa e progettuale gestita nel rispetto delle norme di sicurezza per il contenimento della pandemia non solo è possibile ma necessaria: i migranti non sono merci da tenere ferme in magazzino, sono esseri umani da accogliere e proteggere”. Per il Centro Astalli è urgente che il governo stabilisca, accanto alle procedure per gestire il rischio di contagio allo sbarco, anche misure sul medio e lungo periodo che prevedano la distribuzione di piccoli numeri di migranti in tutte le regioni. Per questo è necessaria una modifica tempestiva dei decreti sicurezza in modo da consentire una presa in carico progettuale dei migranti fin dal primo giorno”.

Sorgente: Siculiana, le ragioni della protesta: “Nostri diritti calpestati. Siamo in quarantena da un mese” – Redattore Sociale

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