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A metà aprile la centrale Acquisti della Regione ordina camici per 513mila euro alla Dama spa, che appartiene alla famiglia della moglie del governatore. Il 22 maggio il cognato di Fontana storna la fattura, spiegando che era una donazione e che c’è stato un equivoco. Fontana: “Non sapevo nulla e non sono intervenuto in alcun modo

Una fornitura di camici per medici e infermieri, del valore di 513mila euro, ordinata il 16 aprile scorso, in piena emergenza coronavirus, dalla centrale di Acquisti della Regione Lombardia – la piattaforma Aria – direttamente, quindi senza gara, alla società Dama spa, che produce il marchio di abbigliamento Paul&Shark e appartiene per il 10%, tramite la società Divadue srl, alla moglie del governatore della Lombardia Attilio FontanaRoberta Dini, mentre il resto delle quote fa riferimento, tramite una fiduciaria svizzera, al cognato del governatore Andrea Dini.

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Una storia che viene raccontata nella puntata della trasmissione Report, in onda domani sera, e anticipata oggi dal Fatto Quotidiano. Il successivo 22 maggio – quindi oltre un mese dopo quell’ordine – Dama Spa ha stornato la fattura di 513mila euro senza che ci fosse alcun pagamento perché, come avrebbe spiegato Andrea Dini all’inviato di Report Giorgio Mottola, si sarebbe trattato di un equivoco: non una fornitura, ma una donazione. “Quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se ne è occupato ha male interpretato, ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto, perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione”, la spiegazione di Dini.

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Fontana ha risposto per iscritto agli inviati di Report di “non sapere nulla della procedura attivata da Aria, non sono mai intervenuto in alcun modo. Regione Lombardia attraverso la stazione appaltante Aria Spa non ha eseguito nessun pagamento per quei camici e l’intera fornitura è stata erogata dall’azienda a titolo gratuito”. Il governatore annuncia di aver dato mandato ai suoi legali di querelare il quotidiano e di aver diffidato la trasmissione dal trasmettere “un servizio che non chiarisce in maniera inequivocabile come si sono svolti i fatti e la mia totale estraneità alla vicenda”.

E oggi, su Facebook, spiega la sua versione: “Durante il periodo di crisi, appurato che da Roma non sarebbero mai arrivati in tempo gli aiuti, Regione Lombardia è stata costretta ad incaricare la propria centrale acquisti, ARIA spa, per assicurare l’approvvigionamento di forniture e servizi per fronteggiare l’emergenza ricorrendo all’istituto della procedura negoziata ex art. 53 d.lgs. 50/2016 Codice degli appalti. Ogni giorno servivano centinaia di migliaia di mascherine, camici, visiere con urgenze e quantità che superavano di almeno cento volte (in alcuni casi anche migliaia) le ordinarie necessità di approvvigionamento pre Covid. Tra le tante aziende lombarde che hanno accolto la nostra richiesta di aiuto c’è la Dama SpA che ha convertito la sua produzione in dispositivo di protezione individuale per medici e operatori sanitari, tanto che il 14 aprile 2020 erano diversi gli articoli apparsi sui media che riportavano questa notizia positiva. La stessa Società si è distinta anche con una una donazione di 60.000 euro sul fondo straordinario per l’emergenza istituito da Regione Lombardia, e ha fornito gratuitamente mascherine e camici ad ospedali e amministrazioni comunali”.


Continua Fontana: “Alla Dama SpA – una volta ottenute le certificazioni indispensabili per l’utilizzo sanitario – il 16 aprile vengono ordinati 7.000 set costituiti da camice + copricapo + calzari al costo a 9 euro (prezzo più basso in assoluto) e 75.000 camici al 6 euro (anche questi i più economici). Le forniture iniziano il giorno dopo e vengono immediatamente distribuite nei reparti ospedalieri per proteggere medici e infermieri. Nell’automatismo della burocrazia, nel rispetto delle norme fiscali e tributarie, l’azienda oggetto del servizio di Report, accompagnava il materiale erogato attraverso regolare fattura stante alla base la volontà di donare il materiale alla Lombardia, tanto che prima del pagamento della fattura, è stata emessa nota di credito bloccando di fatto qualunque incasso. Pertanto nessuna accusa può esser fatta a coloro che nel periodo di guerra al Covid-19 hanno agito con responsabilità e senso civico per il bene comune. Respingo fermamente ogni strumentalizzazione affidando alle autorità competenti la tutela della Regione Lombardia”.

Parla di “vicenda ancora troppo opaca” il senatore di Leu Francesco Laforgia, annunciando un’interrogazione urgente: “Il presidente Fontana chiarisca se, all’ombra del dramma del Covid, ci sono stati o meno affari di famiglia”. E la senatrice Pd Simona Malpezzi aggiunge: “Nei prossimi giorni capiremo i risvolti relativi all’affidamento, senza gara pubblica, di una fornitura di camici da parte della Regione Lombardia a una società di cui risultano soci la moglie e il cognato del presidente Fontana. Io continuo ad essere preoccupata per lo stato di salute dei lombardi perché sono convinta che la gestione, anche di questa fase, da parte di Regione Lombardia, non sia minimamente adeguata. Tuttavia, è chiaro che il presidente Fontana dovrà dire qualcosa su quanto accaduto. Si tratta di una vicenda imbarazzante e inopportuna. Sarà stato un malinteso, sarà che poi il mezzo milione è stato stornato. Ma questa vicenda aggiunge note di opacità e malessere a quanto già accaduto. Sono dei pasticcioni. La Lombardia merita di più”.

Sorgente: Il governatore Fontana e il caso della fornitura di camici per i medici lombardi dall’azienda di sua moglie e di suo cognato – la Repubblica

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