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I giudici della Consulta tornano ad esaminare gli atti trasmessi dalla Corte d’assise di Milano nell’ambito del processo sul suicidio assistito di Dj Fabo, che vede imputato l’esponente radicale Marco Cappato

La Corte Costituzionale si accinge a decidere sulla punibilità dell’aiuto al suicidio: martedì 24 settembre, in udienza pubblica, i ‘giudici delle leggi’ torneranno ad esaminare gli atti trasmessi dalla Corte d’assise di Milano, nell’ambito del processo sul suicidio assistito di Dj Fabo, che vede imputato l’esponente radicale Marco Cappato.

È la seconda udienza che si svolge a Palazzo della Consulta su questo stesso caso: nell’ottobre 2018, la Corte rinviò il suo verdetto al 24 settembre 2019, per consentire un eventuale intervento da parte del Parlamento, che, a oggi, non c’è stato. Sotto la lente dei giudici costituzionali, i dubbi di legittimità sollevati sull’articolo 580 del codice penale, che punisce “l’istigazione o aiuto al suicidio”.

Lo scorso anno, Palazzo della Consulta scelse di non limitarsi a fare un monito al legislatore sul tanto dibattuto tema: con la sua ordinanza del 24 ottobre 2018 la Corte rilevò che “l’attuale assetto normativo” sul fine vita “lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”.

Il primo rinvio della Consulta

Certo, nei casi in cui, come in quello Cappato/Dj Fabo, si incrociano “valori di primario rilievo” il cui “bilanciamento presuppone scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere”, la Corte ritenne “doveroso, in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale, consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa” sia per “evitare una disposizione che continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili”, sia per “scongiurare possibili vuoti di tutela”.

Da qui il rinvio e la fissazione di una nuova udienza 11 mesi dopo: relatore della causa è il giudice Franco Modugno e sarà presente in udienza il 24 settembre prossimo l’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri. Per Marco Cappato interverranno, tra gli altri, il professor Vittorio Manes, l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Coscioni, e Gian Domenico Caiazza, attuale presidente dell’Unione delle Camere penali.

La decisione potrebbe arrivare in tempi molto brevi: non vi sono, allo stato, ipotesi di nuovi rinvii. La Corte ha smentito seccamente la notizia, pubblicata sul sito delle ‘Iene’, bollandola come ‘falsa’, di una telefonata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella al presidente della Corte Giorgio Lattanzi. In merito, poi, alla telefonata intercorsa tra la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati e lo stesso Lattanzi “è stata una comunicazione meramente informale – ha reso noto l’ufficio stampa di Palazzo Madama – sullo stato delle iniziative legislative depositate in Senato, così come concordato in sede di conferenza dei capigruppo”.

Cosa prevede il codice penale

Il processo in Corte d’assise a Milano che vede imputato Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo, nel frattempo, è rimasto sospeso dal febbraio 2018, in attesa che la Consulta si pronunci. La norma sottoposta all’esame dei giudici costituzionali è stata introdotta con il codice Rocco del 1930 e punisce ‘l’istigazione o l’aiuto al suicidio’ con una pena compresa tra i 5 e i 12 anni di reclusione. I dubbi sollevati dai giudici milanesi davanti alla Consulta riguardano, in particolare, la parte in cui l’articolo 580 del codice penale incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa a quelle di istigazione e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito di suicidio.

Tale interpretazione violerebbe, secondo la Corte d’assise di Milano, alcuni punti della Costituzione (gli articoli 2, 13, primo comma, e 117, in relazione agli articoli 2 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), in forza dei quali il diritto a porre fine alla propria esistenza costituirebbe una libertà della persona, facendo ritenere quindi “non lesiva di tale bene” la “condotta di partecipazione al suicidio che però non pregiudichi la decisione di chi eserciti questa liberta'”.

Fabiano Antoniani – Dj Fabo – irreversibilmente cieco e tetraplegico dopo un tragico incidente stradale, aveva deciso di andare a morire in Svizzera, come poi è accaduto il 27 febbraio 2017, in una clinica nei pressi di Zurigo dove Cappato aveva acconsentito ad accompagnarlo.

Sorgente: L’attesa decisione della Corte Costituzionale sull’aiuto al suicidio

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