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di Iacopo Melio

Il caso della piccola Indi Gregory, la bimba di 8 mesi con una malattia genetica rara che l’Italia ha provato invano ad adottare per salvarla dall’interruzione legalizzata delle macchine che la tengono artificialmente in vita, è estremamente delicato e credo che nessuna persona esterna alla vicenda abbia il diritto di giudicare, non vivendo questa drammatica situazione in prima persona.
Esiste un limite chiamato “rispetto”, lo stesso limite che porta me stesso a tacere sostenendo soltanto che, qualsiasi sia la decisione, gli unici ad avere la facoltà di prenderla dovrebbero essere solo e soltanto i genitori della bambina, e non il Governo di un Paese, tantomeno i suoi cittadini.
A tal proposito, fa accapponare la pelle vedere come i “Pro Vita”, pur sostenendo la volontà dei genitori rimasti inascoltati, stiano strumentalizzando anche questa vicenda per colpire, in generale e fuori contesto, scelte come l’eutanasia e il testamento biologico, sfociando nel campo del fine vita anche per quelle situazioni totalmente diverse da quella della piccola Indi.
Ancora una volta chi sostiene di stare dalla parte delle persone si rivela essere il primo loro nemico, approfittandosi di una storia drammatica per un puro tornaconto ideologico oltre che per ottenere consensi elettorali. E ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, abbiamo la dimostrazione di quanto il diritto all’auto-determinazione debba essere garantito, fino alla fine.
Nel frattempo ci sono migliaia di bambini che continuano a morire in mezzo al mare o sotto le bombe, per i quali i “Pro Vita” non trovano il tempo di esprimersi.
Alla piccola Indi e ai suoi genitori, il mio abbraccio nel dolore.

Immagine

Iacopo Melio su “X”
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