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Circa un milione di manifestanti, sindacati e imprenditori contro la candidatura del presidente malato

Le signore lanciano acqua e fiori dalle finestre, gli applausi scandiscono il passaggio dei blindati della polizia. La contestazione in Algeria contro un quinto mandato dell’anziano e malato leader Abdelaziz Bouteflika è festosa: nel terzo week-end di cortei, migliaia di manifestanti hanno bloccato il centro della capitale, le strade di città e villaggi del paese, al grido di «no a un quinto mandato», «no alla monarchia», in totale 500 mila persone, secondo la polizia, il doppio per i manifestanti.

La protesta, che si amplifica il venerdì dopo la preghiera islamica, non si ferma durante la settimana, con sit-in e cortei improvvisati di giornalisti, avvocati, liceali, universitari e sindacalisti. Si tratta di marce finora prevalentemente pacifiche, represse dalle forze dell’ordine in maniera limitata, anche se ieri si sono registrati scontri.

Ogni giorno da metà febbraio in Algeria, anche negli angoli più remoti del Paese, c’è una manifestazione. E ogni giorno una nuova crepa mina la stabilità del regime. Gli scricchiolii del sistema sono sempre più intuibili. Le prime defezioni sono arrivate tra uomini d’affari e imprenditori. Il vice-presidente del Forum des chefs d’entreprise, una sorta di Confindustria, ha dato per primo le dimissioni, seguito da altri membri. Poi, hanno iniziato a cedere le sigle sindacali, come la storica Ugta, che ha sempre appoggiato Bouteflika, e ha ora dichiarato di sostenere la protesta.

Nonostante la protesta di piazza, il presidente Bouteflika ha fatto sapere alla nazione tramite una lettera che si ricandiderà, ma dopo il voto saranno organizzate elezioni anticipate

Il colpo più duro a un regime che fonda la sua legittimità sul passato rivoluzionario di lotta contro la colonizzazione francese è arrivato dalla defezione di due istituzioni parte integrante di questo sistema: l’Organisation Nationale de Moudjahidine – i veterani della guerra d’indipendenza -, e quella degli anziani del Ministère de la guerre d’indépendance algérienne, gli avi dei servizi segreti. Hanno preso le distanze dal regime, sostenuto la mobilitazione.

L’estensione delle diserzioni è tale da toccare in queste ore perfino il tempio del potere algerino, quel Fronte di Liberazione Nazionale, Fln, partito del presidente e campione dell’indipendenza: se ne vanno deputati, eletti locali nelle città di provincia, come il sindaco di Costantina, nell’Est, ma anche pesi massimi come l’ex ministro Sid Ahmed Ferroukhi. Danno segnali di cedimento ex eroi della Battaglia di Algeri, nei decenni diventati apparato, come l’ex senatrice Zohra Drif.

La credibilità di un’elezione già compromessa si assottiglia. Nonostante la protesta di piazza, il presidente Bouteflika ha fatto sapere alla nazione tramite una lettera che si ricandiderà, ma dopo il voto saranno organizzate elezioni anticipate cui non parteciperà. Non ha convinto la popolazione irrequieta. In reazione, suoi avversari come l’ex premier Ali Benflis e il leader degli islamisti moderati, Abderrazak Makri, hanno deciso d’abbandonare la corsa, svuotando totalmente di senso la campagna elettorale.

I partiti d’opposizione tradizionali, privi di rappresentanza popolare, come già accaduto nelle primavere arabe del 2011 si sono accodati alla protesta, sostenendo quella di ieri. I manifestanti non hanno sventolato però le loro bandiere politiche, ma soltanto quelle dell’Algeria. E mentre la contestazione blocca il Paese, dopo i primi tentativi di bloccare il dissenso – evocando scenari come quello libico e siriano – i ministri e il premier Ahmed Ouyahia restano ora in silenzio.

Sorgente: Algeria, il sovrano Bouteflika perde i pezzi. Veterani e industriali appoggiano la protesta – La Stampa

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