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L’inchiesta su armi e scorie tossiche, l’agguato ai due giornalisti, le indagini e i depistaggi: ricordiamo i fatti dietro al mistero

Sono passati 25 anni. La verità sembra ormai scritta nella storia, ma forse nessun tribunale riuscirà mai a metterla nero su bianco. I loro nomi restano una spina nella coscienza del nostro Paese: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

I fatti

Ilaria Alpi, giornalista del Tg3, e l’operatore Miran Hrovatin, vengono uccisi a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo 1994. Da due anni la giornalista del Tg3 segue la missione di pace Restore Hope, coordinata dall’Onu, per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991 dopo la caduta di Siad Barre.

Alpi e Hrovatin stanno lavorando a un’inchiesta su un presunto traffico di armi e rifiuti tossici in cui sarebbe coinvolta l’Italia. Sono di ritorno da Bosaso, città nel Nord del Paese, dove hanno appena intervistato il cosiddetto sultano della zona, Abdullah Moussa Bogor, che ha raccontato loro della società di pesca italosomala Shifco – sospettata di traffico di armi – e di una nave, la Faraax Omar, appena rapita dai miliziani. Di ritorno a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin vanno prima al loro albergo, il Sahafi, e poi all’hotel Hamana con il loro autista Ali Abdi. Proprio qui vicino, all’incrocio tra via Alto Giuba e corso Somalia, la loro auto viene fermata da un commando che apre il fuoco e uccide la giornalista e l’operatore. Ilaria Alpi è sepolta al cimitero Flaminio di Roma.

Le indagini

Primo grado
Il 18 luglio 1998 la procura di Roma chiede il rinvio a giudizio di Omar Hashi Hassan, cittadino somalo arrivato in Italia il 12 gennaio per essere ascoltato dalla commissione Gallo in merito alle violenze inferte da alcuni militari italiani a diversi civili somali. Ad accusarlo ci sono due testimoni:

Ahmed Ali Rage, detto Gelle, che dice di aver assistito alla sparatoria e di aver visto Hashi al volante della Land Rover del commando;

Ali Abdi, l’autista che guidava l’auto con Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Il 20 luglio 1999 Hassan viene assolto: i due testimoni non vengono considerati attendibili. Hassan, però, resta in carcere. Nel frattempo, infatti, è sotto processo perché accusato di violenza carnale da parte di una connazionale (verrà assolto con formula piena anche da questa accusa).

Secondo grado
Il 24 ottobre 2000 la Corte d’Appello ribalta la sentenza. Gelle e Abdi vengono considerati attendibili. Hassan viene condannato all’ergastolo. La Cassazione conferma, tranne nella parte in cui riconosce l’aggravante della premeditazione. Quindi chiede a una nuova Corte d’Appello di ricalcolare la pena

Secondo grado bis
La nuova Corte d’Appello elimina l’aggravante della premeditazione e condanna Hassan a 26 anni. Ma il 19 ottobre 2016, in Cassazione, la svolta: il sostituto procuratore generale dichiara che le prove a carico di Hassan sono come «un quadro bianco senza immagini, senza niente». Chiede dunque e ottiene l’assoluzione. Hassan ha scontato da innocente 17 dei 26 anni comminati, 10 in regime di isolamento diurno. Ha ottenuto un risarcimento dallo Stato italiano di 3 milioni di euro per ingiusta detenzione. Un mese fa la Procura di Roma ha chiesto, per la terza volta, l’archiviazione del caso. Nessun autore o mandante è stato individuato.

Sorgente: A 25 anni dall’omicidio in Somalia: Ilaria e Miran, la verità che nessuno può scrivere – La Stampa

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