0 7 minuti 1 mese

Alla scoperta del poco o quasi nulla che si nasconde dietro lo strombazzato accordo Meloni-Zelensky a Kiev. Perché, afferma Lucio Caracciolo su Limes, «se è una cosa seria, necessario metterla al centro del dibattito pubblico nazionale e contribuire a una tregua». Oppure, il dubbio pesante, «continuare con la propaganda e ‘precipitare nella guerra allargata’ senza essere pronti per combatterla». Senza neppure averlo capito.

Dalla guerra in Europa alla guerra europea

«Stiamo scivolando dalla guerra in Europa alla guerra europea. Sicché i costi del conflitto ucraino che gli americani non vogliono né possono sostenere di qui all’eternità vanno ripartiti fra gli alleati disponibili». Ma tra Roma e Kiev si insite ancora sulla ‘vittoria necessaria’, senza sapere svelarci come. Forse perché Washington non spiega e invita (con molta forza) europei, canadesi e altri alleati a stringere con Kiev accordi bilaterali più o meno impegnativi di sostegno finanziario, diplomatico e militare. E Giorgia Meloni, appena tornata da Biden con bacio in fronte, corre a Kiev dal povero Zelesky sempre più isolato. «Scadenza decennale, rinnovabile. Intese a geometria variabile, stipulate al volo o in corso d’opera», il sempre preciso Caracciolo.

Piani concreti zero, e non è segreto, ma vuoto

Tra il serio e il maligno Limes elenca: «dall’armare la resistenza sul terreno volta a riconquistare le province cadute in mano russa alla futura ricostruzione dell’Ucraina integrata nell’Unione Europea. Ma nei magazzini dei Ventisette di armi ne restano poche e non tutti fremono dalla voglia di cederle a Kiev». Soldi, tanti soldi, troppi soldi misurabili nelle centinaia di miliardi, «che non è chiaro da quale sorgente magica sgorgheranno». Come da titolo, ‘Propaganda più che sostanza’, specie nel nostro caso. Con un avvertimento da far tremare.

«Se la propaganda poggia sul nulla, o peggio sul travisamento della realtà, la tentazione di trarne una strategia operativa potrebbe prevalere sulla ragione fredda e spingerci inavvertitamente alla guerra totale».

Niente cessate il fuoco per non darla vinta a Mosca

La guerra sta virando in direzione anti occidentale, più di quanto fanno trapelare. E il cessate-il-fuoco che la maggioranza delle opinioni pubbliche, italiana inclusa, vorrebbe subito «è impraticabile perché sanzionerebbe la vittoria russa». Vedi le scomposte razioni alle parole del Papa sul coraggio di negoziare la pace con la Russia per far cessare la guerra. Dietro a tutto questo, i timori di antichi incubi baltici sull’orso russo, una imprecisata ‘seconda ondata dell’aggressione’, nei tempi scelti da Putin o dal suo successore, con vocazioni suicide verso una guerra atomica.

«Almeno così temono (o così sostengono) i dirigenti ucraini e l’avanguardia antirussa della Nato, convinti che la Russia si lancerà alla riconquista dell’ex impero europeo dell’Urss».

Alleanza atlantica sempre più frangile

Ma i problemi interni all’Alleanza Atlantica, con le svolte a zig zag della Casa Bianca, sembrano essere di portata molto più vasta. Due le incompatibilità chiave.
La visione occidentale che designa la guerra d’Ucraina ‘epicentro del nuovo ordine bipolare in costruzione’: Est autocratico (Russia, Cina e seguaci) contro Ovest democratico, con i ‘pluri allineati’ del cosiddetto Sud Globale invitati a optare per noi ma refrattari.
Opzione rigettata da India, Brasile, Sudafrica, altri Brics e dintorni. Ma anche dalla Turchia, con un piede atlantico e l’altro ‘globale’ e orecchi non sordi alle sirene russe e cinesi, nella sua scalata neo imperiale.

‘Mondo libero contro dittature’

Lo slogan «mondo libero contro dittature», recuperato dalle cantine della guerra fredda, eccita la contro retorica dell’Università di Oxford. «Il 77% dei cinesi è convinto che la ‘vera democrazia’ sia la propria, come il 57% degli indiani, il 36% dei turchi, ma appena il 20% dei russi, quasi pari alla quota di chi preferisce la democrazia americana (18%). I moscoviti in guerra contro l’Occidente sono più filoamericani degli atlantici turchi, mentre gli indiani correttamente fanno gli indiani». E noi facciamo gli italiani è la battuta che si concede Limes.

La sceneggiata come una droga

Le quindici pagine dell’Accordo fra Italia e Ucraina non ci impegnano a nulla, perché altrimenti sarebbero dovute passare al vaglio del parlamento. «Continuiamo a fare ‘politica’ invece di geopolitica». ‘Politica’ tra virgolette, per il teatrino provinciale cui ci siamo accomodati dalla fine della Prima Repubblica in avanti. «La sceneggiata è come la droga: più ne prendi più ne dipendi. Ma geopolitica, senza politica è impossibile, se non come gioco da tavolo».  Ed emerge l’Italia ‘ad amministrazione disaggregata’ diagnosticata da Cassese, che «mal si presta a eseguire direttive altrui e a elaborare procedure proprie».

Propaganda, balle, auto inganno, e ‘guerra ultima’

La propaganda è il sale della guerra, assicurano i propagandisti. «Se anche fosse vero, quando l’incendio ti circonda e già lambisce le pareti di casa hai l’obbligo di dire la verità almeno a te stesso e ai tuoi. E di non credere alle balle che racconti per consumo esterno o per confondere il nemico, confondendoti. Salvo scoprirti sonnambulo alle soglie della terza guerra mondiale. Noi europei non siamo pronti alla guerra ultima. In realtà non lo è nessuno. Tantomeno gli abitanti del continente più ricco, vecchio, disarmato, pacioso. E fra gli europei gli italiani meno di tutti».

Basta frottole e autoinganni

«Invece di precipitare verso la guerra allargata, potremmo contribuire a una tregua illimitata in Ucraina, premessa della futura pace, che di riflesso sarebbe anche nostra. Dalla voragine in cui è precipitata, l’opinione pubblica ucraina si divide su se e quanto le convenga continuare nella guerra per procura in nome di un successo totale possibile solo ove la Russia sprofondasse nel caos o sparisse dalla faccia della Terra. Ciò che non lascerebbe immune nessuno, compresi coloro che se l’augurano».

Mentre il licenziamento da parte di Zelensky del capo delle Forze armate, il popolare generale Zalužnyi, sostituito da un russo etnico ex soldato dell’Armata Rossa (questa è anche una guerra civile post-sovietica), annuncia che a Kiev è riaperta la stagione della caccia al potere.

Chi gestirà di aiuti (e le armi) in Ucraina?

Come non chiedersi chi gestirà gli aiuti che invieremo agli ucraini? Domanda accompagnata dall’inconfessabile senso di colpa di quegli occidentali che stanno perdendo la voglia di sostenerne la resistenza dopo averli eretti a combattenti per la nostra causa (non chiarissima). Però senza di noi. Vi armiamo finché possiamo e voi morite per noi finché potete.

Sorgente: Nell’accordo Roma e Kiev solo vacuità e ambiguità. Più tanta propaganda –

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20