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Karima Moual

Abbandonate nel deserto, al confine libico-tunisino con i corpi distesi, una vicina all’altra. Una mamma e molto probabilmente la sua bambina, i volti nella sabbia, le spalle, la schiena girate all’inferno. Una mamma e una bambina sono il simbolo della vita che abbiamo deciso di umiliare, mutilare con violenza.

Questa immagine, ci arriva grazie al giornalista libico Ahmad Khalifa, che assicura come ve ne siano tante altre. Tanti corpi di migranti abbandonati nel deserto al confine con la Libia, grazie all’iniziativa del presidente tunisino Kais Saied, che ha dichiarato guerra ad una fantomatica «sostituzione etnica» da fermare puntando dritto ai migranti subsahariani nel Paese.

Razzismo istituzionalizzato e violenza ripresa con immagini e racconti che invece di indignarci si è deciso – grazie alla nostra Premier Giorgia Meloni – di ignorare, facendo un passo ulteriore. Consegnando un posto d’onore a chi ha creato l’inferno alle spalle di questa mamma e questa bambina. Accreditandolo in Europa con la firma di un memorandum con tanto di finanziamenti, per gestire anche i migranti.

Nel deserto più arido, è difficile trovare un angolo all’ombra. Intorno a questa mamma e sua figlia non c’è alcun angolo di ombra ma solo un piccolo cespuglio e l’inferno intorno, mentre l’anima di una mamma e una bambina volano. Noi invece rimaniamo qui, con il nostro inferno nel cuore senza vergogna.

Sorgente: Madre e figlia abbracciate all’inferno – La Stampa

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