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19 April 2024
0 7 minuti 2 anni

Siamo nella terza fase della nuova strategia energetica europea. Il sole è di tutti, può alimentare un modello energetico diffuso, non controllabile da un’oligarchia

You may say I’m a dreamer…” cantava John Lennon nel 1971, “...but I’m not the only one; I hope someday you will join us and the world will be just as one“. In quello stesso disco un’altra canzone lanciava il manifesto di una intera generazione con due slogan: “Give Peace a chance!” e “Power to the people!”. Cinquant’anni dopo, di fronte al conflitto in Ucraina e ai pretesti usati per giustificare la guerra e i suoi preoccupanti risvolti energetici, il messaggio lennoniano torna di profetica attualità. Nel veder ricomparire i fantasmi che hanno attanagliato l’Europa a metà del secolo scorso viene spontaneo ripensare a quelle parole, alla speranza che un giorno il mondo possa essere unito e che questa unione passi attraverso il gesto di concedere una possibilità alla pace dando “power” alle persone. È una parola che in inglese, non a caso, ha un doppio significato: vuol dire potere ma anche energia. Un’energia diffusa, che non possa essere controllata da un’oligarchia, che non possa essere oggetto di una guerra.

Lo slogan Power to the people! è stato anche ripreso e rilanciato dall’Unione Europea, sia pur non esplicitamente, nelle sue politiche energetiche coraggiose e visionarie che rispondono a ideali di sostenibilità ecologica ma anche di pace e democrazia. Grazie a queste strategie, il sogno di una Europa pacifica e prospera si coniuga con la prospettiva di dare alle persone e alle comunità non solo potere politico, ma anche energia.

La politica energetica è infatti uno strumento fondamentale per avvicinarsi al sogno europeo di Altiero Spinelli, che nel Manifesto di Ventotene, mentre gli europei nel 1941si uccidevano a migliaia ogni giorno, arriva a immaginare un’Europa rappacificata e cooperante. Ma Altiero Spinelli sapeva bene che nella prima metà del secolo scorso gli europei si erano sterminati reciprocamente per accedere a fonti energetiche come i bacini carboniferi della Ruhr contesi fra Germania e Francia (all’origine della prima guerra mondiale) e i pozzi petroliferi del mar Caspio (robusta concausa della seconda guerra mondiale). Sognava un’Europa di popoli che condividessero pacificamente fonti energetiche accessibili a tutti.

Non è strano quindi che la prima forma di cooperazione europea immaginata dai Padri Fondatori sia stata proprio la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca), costituita con il trattato di Parigi nel 1951. Sei anni più tardi viene fondata la Comunità Europea dell’Energia Atomica, meglio conosciuta come Euratom. Di fronte all’evolversi di una nuova forma di energia, quella atomica, che per definizione è bellica (comincia con le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki), i Padri dell’Europa, vollero mettere immediatamente in comune le attività relative all’atomo “allo scopo di coordinare i programmi di ricerca degli stati membri relativi all’energia nucleare ed assicurare un uso pacifico della stessa”.

Nella nuova strategia energetica europea possiamo ora riconoscere tre fasi. Nella prima fase, che va dal 2007 al 2012, l’UE approva un pacchetto di misure in materia di clima ed energia per raggiungere gli obiettivi proposti dal Protocollo di Kyoto (con il 2020 come orizzonte). Nella seconda fase, che va dal 2012 al 2020, le strategie energetiche dell’UE mirano a realizzare gli obiettivi del Protocollo di Parigi (con il 2030 come orizzonte). La terza fase, cominciata nel 2019 e tuttora in corso, è quella del Green New Deal ispirata ai 17 Sustainable Development Goals dell’Onu, recentemente pianificata in dettaglio dal pacchetto “Fit for 55”. Il Green Deal europeo si articola in 8 linee d’azione lungimiranti e coraggiose che cominciano fissando il lungimirante obiettivo di una Europa a zero emissioni. Si tratta di un’accelerazione della transizione verso un nuovo scenario di sovranità energetica in cui tutta l’energia di cui abbiamo bisogno ci verrà data dal sole e non più dai fossili dei russi, degli arabi o dei texani. E il sole, a differenza del gas o dell’uranio, è di tutti, nessuno può dire di possederlo e può venderlo al metro cubo. Un’incredibile rivoluzione che potrebbe metterci al riparo dai venti (e gas) di guerra.

Ma il Green Deal Europeo non si limita al solo settore dell’energia e prevede anche chiare strategie per l’economia circolare, per la promozione della filiera corta in agricoltura (“From Farm to Fork“), per la sostenibilità nei trasporti e nell’edilizia, per la tutela della biodiversità, per le bonifiche dei siti devastati dalla seconda rivoluzione industriale. Si collocano in questo contesto anche le nuove politiche europee per l’idrogeno che stabiliscono obiettivi estremamente ambiziosi, come l’installazione di 40 mila megawatt di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili entro il 2030 (di cui 6.000 MW entro il 2024) e la creazione delle relative filiere industriali con investimenti di 400 miliardi di euro e la creazione di oltre un milione di posti di lavoro entro il 2030.

Con queste innovazioni coraggiose nella sua politica energetica, l’Europa continua oggi sulla strada visionaria intrapresa oltre 50 anni fa con la creazione della Ceca e dell’Euratom, e si colloca all’avanguardia nella promozione di un modello energetico meno speculativo e più vicino ai bisogni dell’essere umano, che aiuti lo sviluppo della persona e del territorio dando alla gente il potere di decidere del proprio destino. Insomma quel “Power to the people” auspicato prima da John Lennon e poi da Jeremy Rifkin. Il passaggio da un modello energetico in cui dipendiamo da corrotte oligarchie per far fronte al fabbisogno di gas a un modello nel quale i popoli, tutti i popoli, anche quello russo, siano sovrani e padroni della propria energia.

I giorni bui che stiamo vivendo ci insegnano che l’unico modo per raggiungere benessere, sovranità e pace è uscire dalla dipendenza dai fossili e dal nucleare abbandonando gas, carbone, petrolio, uranio dove la geologia li ha collocati, accelerando verso le fonti rinnovabili e l’idrogeno che mettono l’energia del sole a disposizione di tutti, riconoscendo il ruolo dei prosumer e delle comunità dell’energia come strumenti di sovranità energetica ed economica.

Power to the people”, appunto. Forse quello di John Lennon (e poi di Spinelli e di Rifkin) non era solo un sogno.

Sorgente: Sostituire gas e petrolio con rinnovabili e idrogeno, l’Europa può farlo (di A. Consoli) – HuffPost Italia

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