Il Cremlino convoca l’ambasciatore Usa: «Relazioni sull’orlo della rottura». Alla riunione con Mario Draghi, Boris Johnson, Emmanuel Macron e Olaf Scholz il presidente americano avverte: non si può contare su Pechino. Il ruolo americano in questa crisi mondiale. Interrogativi e qualche volta persino dubbi.
Secondo il “Wall Street Journal”, «il Presidente si destreggia tra le preoccupazioni per la Russia e le minacce della Cina». Più le seconde che le prime, per la verità, a sentire gli “alti funzionari del Pentagono”, citati dal giornale.
Piero Ortega
Biden e gli alleati
Riunione in video conferenza del cosiddetto formato «Quint» Nato. Il presidente Usa, il francese Macron, il primo ministro britannico Johnson, il cancelliere tedesco Scholz e il nostro presidente del Consiglio Mario Draghi. Obiettivo, definire l’agenda del vertice dell’Alleanza atlantica di giovedì 24 marzo a Bruxelles. Detto in maniera chiara, come cercare di orientarla rispetto alla confusione attuale. Una crisi largamente annunciata e sottovalutata dagli Stati Uniti l’accusa rivolta a Biden anche in casa americana.
Dove stavano guardando Usa e Nato?
Non se ne sono preoccupati, non l’hanno capito o guardavano da un’altra parte? Probabilmente un po’ tutte e tre le cose. Ora il “Wall Street Journal” rivela l’evoluzione della strategia militare americana, che punta sull’Asia e mette l’Europa in secondo piano, come hanno fatto, progressivamente, dalla caduta del Muro di Berlino in poi.
Nuova Dottrina di Difesa
Nella “Nuova Dottrina di Difesa”, documento rielaborato dopo il 2018, cambia radialmente la precedente visione “2+3”, cioè due nemici “primari” (Cina e Russia) e tre “secondari” (Corea del Nord, Iran, Terrorismo islamico). Adesso c’è un solo “nemico pubblico numero 1” degli Stati Uniti: la Cina. La Russia passa in secondo piano, anche se la crisi ucraina ha imposto una pausa di riflessione al Pentagono.
Vertici politici e militari
Ma i soliti “alti funzionari” che vogliono mantenere l’anonimato, citati dal “Wall Street Journal”, ribadiscono che la visione strategica (e quindi anche il documento ) non cambia. In cima alla lista dei pericoli, per la Casa Bianca, non c’è la Russia, ma c’è la Cina. Così come in testa all’elenco delle preoccupazioni, Taiwan viene prima dell’Ucraina.
«La Cina rimane, nella nostra valutazione – conclude il funzionario del Pentagono – I’unico Paese che può sfidare sistematicamente gli Stati Uniti per ora e per il resto di questo secolo».
Traduzione economico strategica
La Russia non è economicamente, militarmente e tecnologicamente, a questa altezza, dicono le valutazioni Usa. “Non lo era un anno fa e non lo è nemmeno oggi”. L’articolo cita poi l’esperto dell’American Enterprise Institute, Mackenzie Eaglen, il quale sostiene che al Pentagono c’è una forte tendenza a “non esagerare l’importanza della Russia a lungo termine a causa dell’Ucraina”.
Lettura critica
Gli Stati Uniti, probabilmente, hanno illuso sia la Russia che l’Ucraina. La prima, non reagendo adeguatamente dopo l’annessione della Crimea, hanno mandato un segnale sbagliato, una sorta di tacito lasciapassare per varcare altre “linee rosse”. Con Kiev, invece, è stato fatto di peggio. Washington (tirandosi appresso l’Europa) ha prima stretto solidi legami politici e di “sicurezza”, ma poi (era ovvio) quando si è scatenata la tempesta, ha rinnegato tutto, lasciando i poveri ucraini a sbrigarsela da soli.
L’incertezza politica interna
Tra dubbi e qualche sospetto, dopo l’invasione dell’Ucraina, Repubblicani e Democratici quasi sicuramente chiederanno al Congresso di alzare gli stanziamenti per la Difesa. Che nel 2023 potrebbero toccare l’astronomica cifra di 800 miliardi di dollari
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