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La vicepresidente americana si scontra con l’ala radicale dei democratici

La vicepresidente Kamala Harris incappa nel suo primo incidente di percorso. Sulla crisi alla frontiera con il Messico – dossier che Joe Biden le ha affidato – l’attaccano tutti, la destra e l’ala radicale del suo partito. Le contraddizioni dei primi cinque mesi di governo Biden esplodono nello scontro fra Harris e Alexandria Ocasio-Cortez, giovane deputata newyorchese che è il volto più noto dell’estrema sinistra.

 

Per i repubblicani Harris è colpevole di una grave omissione perché non è andata a visitare la frontiera tra Stati Uniti e Messico, i luoghi caldi di una nuova crisi migratoria dove si accalcano i richiedenti asilo. Forse, insinuano i più maligni, per non attirare l’attenzione dei media sul fatto che il governo democratico sta usando metodi di detenzione simili a quelli di Donald Trump? Per la sinistra radicale Kamala nel suo recente viaggio in America centrale e in Messico ha gettato la maschera, si è rivelata come una conservatrice. L’accusa è la stessa, il governo Biden di fatto prolunga la politica di Trump: frontiere chiuse e “aiutiamoli a casa loro”.

In effetti la vicepresidente è andata a dire proprio questo. “Nessuno abbandona volentieri una nonna”, ha dichiarato. I disperati che abbandonano Guatemala, Honduras, El Salvador, resterebbero volentieri se ci fossero le condizioni economiche, sociali, e di ordine pubblico. Nell’annunciare aiuti ai governi locali, Harris li accompagna con un avvertimento: “Se venite da noi, vi respingeremo”.

Tradimento? Biden non fu mai così incauto da abbracciare gli slogan no-border di Ocasio-Cortez. In campagna elettorale promise una riforma dell’immigrazione per rendere meno arduo il cammino verso la sanatoria dei clandestini già residenti da anni sul territorio Usa. Non parlò di apertura delle frontiere a tutti gli altri. La posizione Biden-Harris è nel solco della tradizione progressista americana. Franklin Roosevelt (il presidente del New Deal che Biden considera un modello) fece grandi riforme sociali sapendo che redistribuzione ed equità si possono applicare fintanto che c’è una certa omogeneità nazionale. Roosevelt tenne le frontiere quasi blindate per i nuovi candidati all’immigrazione. Era, tra l’altro, una condizione per rafforzare il potere contrattuale dei lavoratori americani.

 

Altre sinistre storiche hanno condiviso quell’impostazione. La sinistra meridionalista in Italia non considerò mai l’emigrazione come una soluzione per i problemi del Mezzogiorno. Di recente, in Svezia e Danimarca i socialisti hanno reso più rigide le regole; il loro avanzatissimo welfare aveva elargito benefici a nuove ondate di migranti, spesso ostili ai valori stessi di quelle società (parità dei diritti uomo-donna, per esempio), provocando ripensamenti.

Ocasio-Cortez obietta che non si può “aiutarli a casa loro” dopo avergli per tanto tempo “incendiato la casa”. È la visione di un’America imperialista come vera colpevole dello sfascio nei Paesi del Sud. Questa ideologia della sinistra radicale è inaccettabile per la maggioranza degli americani: si sentono descritti come l’unico Impero del Male, e al tempo stesso condannati a diventare “minoranza in casa” per ospitare tutti i diseredati della terra. All’orizzonte quella che Ocasio-Cortez propone è un’America “anti-americana”, condannata a pentirsi ed espiare, a risarcire e compensare tutte le presunte vittime.

Questa battaglia fra Harris e Ocasio-Cortez rivela una delle linee di frattura interne su cui i democratici si giocano la prossima tornata elettorale, le legislative che si tengono fra un anno e mezzo. Trump nel novembre scorso, pur sconfitto nettamente, aumentò i suoi consensi tra gli ispanici e gli afroamericani, anche perché spaventati dagli slogan della sinistra radicale.

Finora Biden aveva rinviato la resa dei conti fra le varie anime del suo partito, accontentando un po’ tutti. Ha annunciato l’apertura di cantieri di riforme ambiziosissimi: redistribuzione dei redditi e riduzione delle diseguaglianze; rilancio degli investimenti e dell’occupazione; transizione verso un’economia con zero emissioni carboniche; lotta al razzismo. I presidenti che passano alla storia sono quelli che – come Roosevelt – sanno scegliere poche battaglie, e vincerle.

Sorgente: Stati Uniti e immigrazione, il bivio di Kamala Harris – la Repubblica

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