Lo scoppio di una “guerra nucleare di teatro” in Europa, limitata cioè ai campi di battaglia, è possibile. Non solo. Ma è parte integrante dell’ultimo modello di ‘difesa’ Nato adottato col vertice di Madrid, nel giugno del 2022. E in base a questa dottrina militare, che coinvolge in prima linea l’Italia, l’Alleanza atlantica organizza ogni anno esercitazioni di trasporto di armi atomiche.
Operazione «Steadfast Noon», ‘Mezzogiorno Risoluto’
L’ultimo ‘Mezzogiorno risoluto’ lo abbiamo vissuto, inconsapevoli, nell’ottobre 2023 proprio nel nostro Paese, coinvolgendo le installazioni aeroportuali di Aviano, Ghedi, Amendola, Gioia del Colle e Trapani. Naturalmente, le manovre vengono raccontate con finalità di deterrenza e accompagnate da assicurazioni sul trasporto di “carichi simulati”, cioè non di ordigni veri. Sperando sia vero. Resta un fatto incontrovertibile: rispetto alle direttive fissate dalla Nato in precedenza (Lisbona 2010), sull’utilizzo di armi atomiche, c’è stato un salto di qualità. E che salto. Adesso gli scenari apocalittici, di un conflitto che cominci con uno scambio di atomiche, localizzato alle trincee, sono molto più plausibili. E non occorre essere diplomati alla Scuola di guerra, per capire che la differenza la sta facendo l’invasione russa dell’Ucraina.
La verità oltre le chiacchiere
La verità scorre sotto gli occhi di chi non vuol vedere e si ferma alle chiacchiere. Una “disinformacija” che, però, funziona al contrario: qui non è in discussione la distribuzione delle colpe, ma la pessima gestione occidentale della crisi e una maldestra escalation. Solo incapacità o peggio? L’equazione è semplice. Più si alza la soglia tecnologica dello scontro convenzionale e maggiormente si indurrà la Russia a prepararsi a una guerra nucleare “tattica”. Bluff di Putin, come dicono i polacchi (che raramente ne azzeccano una?). Mica tanto, se la Nato già si attrezza e si prepara esercitandosi al peggio. E allora? Diciamo che qualche Napoleone a stelle e strisce, gioca a fare lo stratega e pensa che, prima o poi, Putin verrà schiantato dalla corsa al riarmo dell’Ucraina, fatta sulle spalle di un Occidente sempre più insofferente.
L’ipertrofica America armata
Solo Washington spende per gli armamenti almeno 10 volte in più di Mosca. Senza contare gli alleati, tutti messi in riga a comprare caccia-bombardieri da 100 milioni di dollari l’uno. Ma questo non basta, perché dietro la tecnologia bellica, ci vuole il personale che la faccia funzionare. Finora, però, America ed Europa si sono dissanguate finanziariamente e la situazione sul campo di battaglia non si è mossa certo a loro vantagio. Anzi. A questo punto, a Washington è il caos: semplicemente, non sanno più cosa fare e tirano avanti giorno per giorno. Le loro mosse sono pericolosamente contraddittorie. Da un lato premono su Zelensky per trattare, dall’altro continuano ad armare l’Ucraina fino ai denti e danno licenza di colpire “al cuore”, ma solo con missili inglesi. Scherzano col fuoco e sono incoerenti. Dovrebbero aver capito da un pezzo che qualcuno, a Kiev, gioca al “tanto peggio tanto meglio”. Cioè, ad allargare la guerra, coinvolgendo in qualche modo la Nato. Sarebbe come fare tombola.
“Accordo di condivisione nucleare”
E poi, se Putin è lo spietato autocrate che hanno dipinto, senza valori e remore di alcun tipo, con quattro o cinquemila testate nucleari in suo controllo, secondo voi, alzerebbe le mani per arrendersi a Biden? No, qualcuno sta sbagliando i conti. Premessa indispensabile per ribadire, a chi ancora non l’avesse capito, che il rischio di guerra atomica ci aspetta dietro l’angolo. E che chiunque la escluda è un disonesto, dato che lo ammettono (coi fatti) gli stessi americani e ci organizzano pure le esercitazioni. Questo ci riporta, in cauda venenum, al cosiddetto “Accordo di condivisione nucleare”, sottoscritto dall’Italia con gli Stati Uniti nell’ambito della Nato. Ne fanno parte anche Germania, Belgio e Paesi Bassi. Uno status a parte è concesso alla Turchia. Quelli sul suolo europeo dovrebbero essere circa 180 ordigni del tipo B-61 a gravità. Vecchie bombe a caduta, di range diverso che non arriva a 400 kiloton. Rischiare un attacco atomico preventivo o un contrattacco, per una deterrenza così costruita può sembrare molto parziale.
C’è dell’altro? Probabilmente si
Ma proprio il fatto che si parli poco, in ambito politico, di un tale e realistico rischio nazionale, suscita inquietanti perplessità. Certo, in un momento in cui né la politica estera Usa e nemmeno le strategie di sicurezza “preventive” elaborato dal Pentagono sembrano convincere più di tanto, sapere che il controllo dei codici nucleari delle bombe stoccate in Italia sono nelle mani dell’US Air Force, non può lasciare tranquillo nessuno.
Sorgente: remocontro.it
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