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Il ministro degli Esteri: “Molti pensavano che la base non avrebbe capito invece la nostra trasformazione si è completata”. E annuncia: “Intitoleremo ad Attanasio un progetto di cooperazione allo sviluppo. Ci ha reso orgogliosi”

di Annalisa Cuzzocrea

ROMA – Un ambasciatore italiano ucciso durante una missione. È la prima volta che accade. La storia di Luca Attanasio, morto in un agguato insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci nella Repubblica democratica del Congo, ha sconvolto la Farnesina. Luigi Di Maio ha appena concluso il suo intervento in Parlamento, ha definito “straziante” il momento in cui con il premier e i familiari ha accolto le salme a Ciampino. “Luca Attanasio era l’ambasciatore che tutti vorremmo vedere – racconta – non solo rappresentava al meglio l’Italia, ma si faceva voler bene da tutti. Con la moglie aveva fondato una Ong, il lavoro che facevano ogni giorno ci rendeva orgogliosi. Gli dedicheremo un’area del ministero, faremo una cerimonia di commemorazione e gli intitoleremo un progetto di cooperazione allo sviluppo. Il suo nome comparirà sul libro d’oro della Farnesina, riservato ai caduti in servizio. Quello che è stato, il modo in cui ha lavorato per il nostro Paese, non sarà dimenticato”.
Ci sono novità sulla dinamica dell’agguato?
“Stiamo sollecitando sia l’Onu che il Pam a rivelarci tutti i dettagli. Soprattutto, vogliamo sapere se ci sono state falle nell’organizzazione e chi se ne assumerà la responsabilità. Attanasio è stato preso in consegna all’aeroporto di Goma dal responsabile della sicurezza del Pam, era tutto in capo a loro”.

C’è una generazione di giovani ambasciatori che lavora su progetti di cooperazione e sviluppo in Paesi attraversati da crisi drammatiche. L’Italia investirà di più su di loro?
“Già con l’ultima legge di bilancio abbiamo aumentato le risorse per la cooperazione. Uno scatto simbolico, siamo consapevoli che bisogna fare di più perché unire popoli, portare stabilità in aree difficili, è il modo migliore per far arrivare la stessa stabilità in Italia e in Europa. Ma il lavoro di Luca andava oltre il mestiere dell’ambasciatore: era lanciare il cuore oltre l’ostacolo in un Paese difficilissimo. C’è un particolare che lo racconta: quando avveniva qualcosa di bello nella carriera di altri diplomatici, Luca mandava messaggi vocali per complimentarsi. “Sei un esempio per tutti noi”, diceva. Ne ho ascoltati alcuni. Svelano la sua umiltà”.

Lei è ministro per la terza volta: prima giallo-verde, poi giallo-rosso, ora larghe intese. Che succede al Movimento?
“È cresciuto, maturato. Questo governo rappresenta il punto di arrivo di un’evoluzione in cui i 5 stelle mantengono i propri valori, ma scelgono di essere finalmente e completamente una forza moderata, liberale, attenta alle imprese, ai diritti, e che incentra la sua missione sull’ecologia. Tutta la trattativa con il premier Draghi è stata fatta sul ministero per la Transizione. Questo per noi è un nuovo inizio”.

Talmente nuovo che vi ha spaccati in due.
“Molti pensavano che la nostra base non avrebbe capito, ma il 60% ha votato sì a un esecutivo che nessuno si aspettava. Penso che l’esperienza di governo abbia portato a un’evoluzione dei 5 stelle, oggi completa. Lo dico con profondo rammarico e con grande tristezza, ma credo che le defezioni che abbiamo vissuto in questi giorni non potessero che andare così”.

Una scissione inevitabile?
“Non deve considerarsi una scissione, ma è evidente che lo spazio per i nostalgici dell’Italexit è scomparso da tempo. Puntiamo agli Stati Uniti d’Europa, a un progetto ancorato a determinati valori in cui gran parte del M5S e degli italiani si riconoscono”.

L’alleanza con Pd e Leu reggerà? L’intergruppo al Senato ha creato più malumori che altro.
“Non credo sia in pericolo il patto con Pd e Leu. Abbiamo davanti le amministrative. Mettiamo tra parentesi Roma, perché il mio e nostro sostegno a Virginia Raggi non è negoziabile. Ho proposto l’idea di un tavolo comune sei mesi fa, facciamolo. Ricordo che tutto è nato dal mio progetto su Pomigliano, poi convertito in un quesito su Rousseau e sostenuto dagli iscritti. Sono uno di quelli che ci crede, ma ci devono credere tutti”.

Cosa dovrebbe fare Conte: candidarsi a Siena? Assumere un ruolo nel Movimento?
“Sarei veramente felice di un passo avanti di Conte dentro il M5S. Quando sono stato eletto capo politico nel 2017 avevo un obiettivo: portare i 5 stelle fuori dalle ambiguità. Sono stato il primo a dire che non dovevamo più parlare di uscita dall’euro, che bisognava smettere di fare leggi che burocratizzavano il Paese. Ho detto al Financial Times che la Nato non andava abolita e che non dovevamo uscirne. Era il 2015, ricorda cosa eravamo allora?”.

Una forza antisistema e antieuropea. Non lo siete più?
“Il Movimento è ora su una linea moderata, atlantista, saldamente all’interno dell’Ue. Questa evoluzione si può completare con l’ingresso di Conte. L’ex premier, che ha rappresentato questi valori, metta la parola fine alle nostre ambiguità e ai nostri bizantinismi”.

Quali?
“Io rispetto tutto, ma l’assemblearismo estremo finisce solo per dare un’immagine di caos. Se si sta parlando di far entrare Conte, significa che a un anno da quando ne ho lasciato la guida il Movimento ha realizzato che senza una leadership forte non si va da nessuna parte”.

Un’offerta del genere mette fine alla sua rivalità con l’ex premier?
“Ho vissuto tutte le stagioni. Sono stato considerato rivale di Grillo, di Casaleggio, di Di Battista, quindi di Conte. Ma siamo ancora tutti qui e ogni previsione è stata disattesa”.

Come potrebbe entrare Conte. Si creerà una carica apposta per lui?
“Un modo si trova sempre”.

Cosa risponde a chi vi accusa di non averlo difeso abbastanza?
“Tutti sanno che abbiamo lavorato affinché il Conte due potesse andare avanti, sia nella mediazione con Italia Viva – e in alcuni momenti abbiamo peccato di ingenuità – sia con gli appelli parlamentari ai cosiddetti costruttori, sui quali avevo messo in guardia: sapevo che non sarebbe stato facile, ma nessuno si è speso più di me per riuscirci”.

Ne parla come fosse ineluttabile.
“Il Conte due è nato intorno a un Pd a trazione renziana. Ho lavorato benissimo con tutti, Zingaretti, Gualtieri, Franceschini, Guerini, Bettini, e sono stati una scoperta. Nessuno però poteva illudersi che Renzi sarebbe rimasto fermo sui banchi del Senato a premere il pulsante”.

Il Conte ter non ha mai avuto chances?
“Se qualcuno aveva dubbi, non dovrebbe averli ora che di Mes e prescrizione non si parla più”.

Eppure sulla giustizia è difficile resti la vostra impostazione.
“Sto apprezzando l’equilibrio della ministra Cartabia nel cercare di gestire una maggioranza che ha idee diverse sul tema e ho fiducia nel lavoro che farà, così come sono orgoglioso del lavoro fatto da Alfonso Bonafede”.

Non sarebbe stato meglio far dimettere lui, invece di far cadere l’intero governo per salvarlo?
“Nella politica ci sono cose scientifiche. Eravamo arrivati a un momento in cui scientificamente non potevamo andare avanti”.

Ha sentito Grillo in questi giorni?
“Stiamo seguendo la scrittura del decreto per il ministero dell a Transizione ecologica. Nelle prossime ore andrà in Consiglio dei ministri. Grillo è un visionario, guarda avanti di dieci anni. Una parte di noi non capisce cosa stia accadendo, ma dobbiamo completare la nostra missione, fare ancora di più sull’ecologia”.

Ha parlato anche con Di Battista?
“Ci continuiamo a parlare. È stato un dolore vederlo lasciare di nuovo il Movimento, ma ho imparato in questi anni a dividere l’amicizia dalla politica. Con Alessandro ho un legame indissolubile, abbiamo subìto gli stessi attacchi, diviso gli stessi palchi. Doveva andare così, anche se fino alla fine ho sperato il contrario”.

Sorgente: M5S, Di Maio: “Sì a Conte. Ora siamo un Movimento moderato e liberale” | Rep

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