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I casi positivi emersi tra i ragazzi (dai 14 ai 19 anni) dietro lo stop al rientro in aula deciso dalla Regione

C’è una curva che ha convinto il governatore Attilio Fontana a tirare il freno a mano sulla riapertura delle scuole prevista e ampiamente attesa per ieri, dopo le vacanze invernali meno vacanze di sempre. Un lavoro preparato dall’Aie, una sorta di nazionale italiana degli epidemiologi. Un gruppo di lavoro composto da delegati di ogni Regioni che hanno tirato le righe componendo i trend di contagio da settembre a fine anno per incidenza di età.

Ovviamente tutte le curve si gonfiano tremendamente verso l’alto a cavallo di fine ottobre e metà novembre. Ma ce n’è una che muove le altre. Come facesse da apripista e moltiplicatore allo stesso tempo. Da trigger, come dicono quelli che questa tendenza l’hanno messa nero su bianco, a suon di rilevazioni. È quella composta dai dati dei ragazzi positivi (anche se spesso asintomatici) che hanno dai 14 ai 18 anni: tecnicamente i liceali. È la prima a muoversi e, a distanza di una settimana, fa lievitare le altre, in particolare quelle dei loro genitori e poi dei nonni.

 

La dimostrazione di quello che si ripete da tempo: le scuole, che hanno spaccato l’opinione pubblica e fatto litigare non poco la politica, tra «aperturisti» e tifosi della didattica a distanza, per ora non sono luogo di contagio. Ma sono una delle tante occasioni di vita sociale dei ragazzi più giovani. Che vivono un pre e soprattutto un post campanella di classe, fatto di ritrovi e assembramenti naturali, che passano dai mezzi pubblici e finiscono con il portare tra le mura di casa il virus alle categorie più fragili. Lo studio, che si spinge in modo consolidato fino al 27 dicembre e confronta in modo quasi sovrapponibile le diverse Regioni d’Italia, è stato presentato nell’ultimo tavolo fra i vertici del Pirellone e il Cts locale. Quello che ha spinto la giunta lombarda sul binario della prudenza. Ormai è un’evidenza. E la lezione delle due ondate consiglia di non ripetere certi errori ora che all’orizzonte c’è da dribblare la minaccia della terza. «L’attenzione verso il mondo della scuola e in particolare degli studenti è particolarmente alta e costante da parte di tutti. È il tema più grave da un punto di vista sociale su cui dovremo concentrarci sempre di più», ha spiegato ieri il governatore. Prudente, appunto. Per una serie di motivi. Intanto l’incertezza, che si respira anche dalle parti di Ats. Dove il tracciamento, ora che i numeri sono gestibili è ripartito, ma con troppe incognite. Il periodo delle festività, nonostante gli sforzi imposti dai divieti è sostanzialmente al buio, dato che non si sa quanto siano stati realmente rispettati. Idem per le politiche di tamponamento che sono state meno regolari.

Così è nata la decisione di aspettare che i segnali si consolidino. Almeno fino al 24, come previsto dall’ordinanza firmata da Fontana. Perché ora la variabile trigger degli adolescenti fa troppa paura, guardandosi alle spalle. Anche se il piano di rinforzo del trasporto pubblico con la ripianificazione degli orari di spostamento della città è li pronto nel cassetto. «L’improvviso peggioramento dei numeri ci ha costretto a cambiare opinione in merito alla riapertura e questo ci dispiace», dice Fontana. Uno scenario che però potrebbe evolvere in modo naturale e diventare definitivamente orientato, al 100 per 100, verso la didattica a distanza se poi la nuova cabina di monitoraggio spostasse la Lombardia in fascia rossa. La situazione resta in bilico. Come la pazienza di studenti e dirigenti scolastici: «Per questo è necessario porre in essere, anche su scala nazionale, un modello che vada oltre a valutazioni settimanali e comunque basate sul breve periodo. Serve un sistema più consolidato, in grado di garantire certezze concrete in ogni ambito, a partire dalla scuola».

Sorgente: corriere.it

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