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Quegli stessi carabinieri che sapeva che avrebbe fatto arrestare, se li trovava di fronte tutti i giorni nel Palazzo di giustizia di Piacenza. Quando li incrociava, il gip Luca Milani quasi si stupiva che «dietro i volti sempre cordiali e sorridenti di presunti servitori dello Stato» potevano «celarsi gli autori di reati gravissimi». Per un attimo pensava di essersi immerso in un «romanzo noir», ma le indagini della Procura diretta da Grazia Pradella lo riportavano sempre alla realtà di «uno scenario estremamente preoccupante», scrive nell’ordinanza con cui ha disposto gli arresti. Era una «consuetudine», un meccanismo che girava da tre anni. Una parte della droga e dei soldi che i carabinieri della «squadra» dell’appuntato Montella sequestravano agli spacciatori, invece di essere consegnata alla magistratura serviva a pagare i confidenti, spacciatori a loro volta. A far crollare il castello dell’illegalità sono, come spesso accade, un errore e la spregiudicatezza di chi si crede padrone: un confidente marocchino viene picchiato selvaggiamente in caserma davanti a due pusher per dargli una lezione. Quando gli investigatori lo chiamano, lui vuota il sacco. […]

Sorgente: Piacenza, le torture agli stranieri in lacrime e il raid per lo sconto sull’auto: «Che schiaffi, come Gomorra»

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