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Trzaskowski perde ma incarna la metà del Paese vicino all’Europa

di WLODEK GOLDKORN

Le notizie sono due, o forse tre. La prima è ovvia: ha vinto Andrzej Duda, il capo dello Stato polacco uscente e con lui quella metà della Polonia che crede nel sovranismo, nell’ostilità all’Europa, nell’utopia reazionaria di un Paese che affonda le radici nel mito fondativo di una società monolitica, legata all’insegnamento di un clero cattolico ostile a Francesco, e dove le minoranze (di fede, di orientamento sessuale, di lingua) saranno sempre viste con sospetto. La seconda: conseguenza della prima, la Polonia conferma di essere un luogo spaccato in due come una mela. Lo sfidante di Duda Andrzej Trzaskowski ha ottenuto una percentuale di consensi che si avvicina al 49 per cento. E a guardare bene la distribuzione dei voti risulta, ancora una volta (la storia si ripete a ogni consultazione dall’inizio del secolo) che la divisione passa, grosso modo, lungo il fiume Vistola e comunque ricalca, sebbene non esattamente, i vecchi confini imperiali, antedecenti la prima guerra mondiale. All’Est del Paese, che faceva parte dell’Impero zarista, regna incontrastato il partito Pis (Diritto e Giustizia), guidato da Jaroslaw Kaczynski e di cui Duda è l’espressione. Il Pis è forte pure nelle regioni sudorientali, la Galizia: nel passato la zona fra le più arretrate della monarchia asburgica. Trzaskowski stravince invece all’Ovest: territori una volta del Reich guglielmino o luoghi vicini a quella che era la frontiera avanzata dell’Occidente.

La terza notizia è che in Polonia, nel giro di poco più di un mese, un uomo politico dinamico, dotato di un certo carisma, intelligente e coraggioso, è riuscito a mettere in piedi una campagna elettorale capillare, interessante per i toni e i contenuti e in cui aveva coinvolto molti giovani. Quasi due terzi degli elettori fra i 18 e i 29 anni hanno votato per lui, mentre Duda ha avuto una proporzione simile di consensi fra gli ultrasessantenni. Aggiungiamo che il candidato perdente ha stravinto, sempre con più del 60 per cento dei voti nelle città con oltre 200 mila abitanti. Tutti questi risultati sono stati ottenuti senza poter contare sull’apparato di un vero partito politico. Sindaco di Varsavia, Trzaskowski, ufficialmente godeva dell’appoggio della Piattaforma civica, una formazione che fa parte del Partito popolare europeo (insomma lui e Angela Merkel sono compagni) ma che negli ultimi anni vive in un marasma. Tanto che la precedente candidata (subito messa da parte) nei sondaggi viaggiava attorno al quattro per cento dei consensi. Dalla sua il sindaco di Varsavia – tornato oggi stesso al lavoro al municipio – ha i colleghi di Danzica, Poznan, Breslavia e altri luoghi. È un gruppo dirigente composto da persone che parlano lingue straniere, hanno fatto gli Erasmus in giro per l’Europa, si proclamano assolutamente laici, aperti alle istanze di uguaglianza del mondo Lgbtq, e che con estrema cura coltivano le memorie di quelle che venivano chiamate “minoranze nazionali” e guardano senza paura anche ai capitoli poco edificanti dell’antisemitismo passato e presente.

Riusciranno a vincere nei prossimi anni? Il potere attuale probabilmente cercherà di sottomettere la magistratura, ancora tutto sommato indipendente, ai suoi voleri, molti temono che tenterà di limitare la libertà di stampa (con il pretesto di togliere i media dalle mani straniere), continuerà a indicare in Europa un’entità ostile, ma un’ipotetica Polexit non sarebbe conveniente da nessun punto di vista. Ma l’impressione è che l’egemonia dei populisti, l’attrazione per la loro retorica stia giungendo verso la fine. I quasi dieci milioni di voti di Trzaskowski sono come un dentifricio che una volta uscito dal tubetto nessuno è più in grado di rimetterlo là dove era. Il sovranismo ha avuto come primo campo di sperimentazione in Europa la Polonia. E forse (salvo poco probabili misure repressive dure) in Polonia sta cominciando la sua fine. Malgrado la vittoria di Duda.

Sorgente: Esiste un’altra Polonia | Rep

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