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Grecia. Aveva sposato un’idea proveniente dalla storiografia marxista: la convinzione che, nei secoli e nei millenni, l’attitudine alla resistenza sia diventata parte integrante della cultura popolare greca: i greci come naturaliter partigiani

Dimitri Deliolanes

L’ho conosciuto tardi, nel 2017, a Exarchia, negli uffici del suo – ed anche mio – editore, Loukas Axelos. La sua casa editrice «Stochastis» ha pubblicato una monumentale storia della resistenza in due volumi. L’opera della vita di Manolis Glezos.

Ricordo la scena: stavo uscendo con un autore armeno quando si aprì la porta ed irruppe Glezos brandendo il suo bastone; ogni impegno fu annullato e ci sedemmo per conversare tutto il pomeriggio.

La resistenza più che una scelta politica è stata per Manolis Glezos una scelta di vita. Conoscendolo da vicino, è diventato subito chiaro come il 30 maggio del 1941, il giorno che si è completata l’occupazione nazista dell’isola di Creta, a uno studente di 19 anni possa venire in mente di trascinarsi appresso il suo compagno d’università Apostolos Santas, arrampicarsi di notte sull’Acropoli e ammainare la bandiera con la svastica.

Solo Glezos poteva pensare questo gesto folle, poteva nascere solo dalla sua ribellione istintiva, come istintivo e spontaneo era il suo pensiero politico.

Glezos era infatti più un ribelle che un rivoluzionario. Un uomo della resistenza a tutto quello che egli – giustamente – riteneva dannoso per gli interessi dei due capisaldi del suo pensiero: il popolo e la patria. Fino all’ultimo istante della sua vita Glezos ha sempre rivendicato con grandissima tenacia la piena identificazione dei due concetti: la Grecia è il suo popolo, chi si mette contro il popolo danneggia il paese, fa gli interessi dei dinasti stranieri: i nazisti, i britannici nella guerra civile, gli americani più tardi, i tedeschi nell’eurozona.

Manolis Glezos in uno scatto del fotografo Danilo De Marco

Aveva sposato un’idea proveniente dalla storiografia marxista: la convinzione che, nei secoli e nei millenni, l’attitudine alla resistenza sia diventata parte integrante della cultura popolare greca: i greci come naturaliter partigiani.

Questo gli ha procurato scontri epocali con i suoi compagni di Syriza, con una pioggia di accuse di «etnocentrismo» e «nazionalismo». Lui rispondeva che la sinistra greca è uscita dall’irrilevanza solo quando ha preso nelle sue mani la bandiera nazionale e ha esortato il popolo a combattere contro Mussolini e Hitler. Lo stesso doveva fare anche Syriza contro i padroni dell’eurozona.

La rottura con Tsipras avvenne ben prima dell’estate del 2015, quando fu firmato il «doloroso compromesso» con i creditori. Glezos aveva passato più della metà della sua vita in carcere o al confino. Non aveva mai interrotto i contatti con i suoi vecchi amici, non solo militanti comunisti ma anche compagni di cella, gente semplice, punita perché aveva scioperato, perché aveva litigato con il datore di lavoro, perché non andava in chiesa, perché leggeva il giornale sovversivo, ma anche ladruncoli, prostituite, sbandati.

Lui ci dialogava, percepiva l’ansia, l’angoscia del popolo minuto di riscattarsi subito, indifferente alle complicazioni della politica. Lo stesso Glezos, per altro, la politica istituzionale la vedeva con grande distacco. Aveva conosciuto da vicino lo stalinismo di fondo diffuso in ogni componente della sinistra greca e si rifiutava di sottomettere la sua naturale ribellione alla logica di partito.

Ecco spiegate le sue evoluzioni: prima del golpe dei colonnelli era stato presidente della Sinistra Democratica. Quando, nel 1968, il Partito Comunista si spaccò, lui creò in prigione un suo gruppo indipendente chiamato «Caos». Più tardi fu eletto deputato con i socialisti di Andreas Papandreou e nel nuovo secolo Syriza, fino alla rottura.

Si è sempre dichiarato europeista e da eurodeputato eletto con Syriza ha rivendicato con forza la «eredità greca» della cultura europea, che «non va regalata ai mercati e ai loro sacerdoti». Ma la sua permanenza a Strasburgo non è durata molto. L’eroe della resistenza, il primo partigiano d’Europa, il ribelle sempre giovane a 98 anni, aveva paura dell’aereo.

Sorgente: Addio al ribelle Manolis Glezos, primo partigiano d’Europa | il manifesto

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