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Riflettori su Conte per l’ultima mediazione, che ha proposto la sospensione sine die della prescrizione solo per i condannati in primo grado, e non anche per gli assolti

di Giovanni Bianconi

Dice di non accettare ricatti né minacce, Alfonso Bonafede, che parla come ministro della Giustizia, ma anche – per la prima volta in termini così decisi – in veste di neo-capodelegazione dei Cinque stelle nell’esecutivo. Tuttavia a leggere le sue dichiarazioni con gli occhiali degli altri partiti della coalizione, rischia di diventare lui quello che ricatta e minaccia. Perché con la sua irremovibilità sulla riforma della prescrizione potrebbe facilmente essere accusato di mettere a repentaglio la tenuta della maggioranza. Puntando direttamente i renziani, ma mettendo in difficoltà il principale partner di governo, cioè il Partito democratico. Che sul tema della prescrizione è certamente più vicino a Italia viva che ai grillini, sebbene anche al Nazareno certe frequentazioni additate dal Guardasigilli (leggi Denis Verdini) non piacciano granché.

Al di là di più ampie considerazioni politiche, il pomo della discordia resta comunque il blocco definitivo della decorrenza della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, divenuto legge il 1° gennaio scorso. Una novità che tutti chiamano «riforma Bonafede», mentre in realtà fu introdotta dalla precedente maggioranza con un emendamento dell’ultima ora alla legge «Spazzacorrotti» presentato dalla deputata del M5S Francesca Businarolo, oggi presidente della commissione Giustizia. Un escamotage per evitare il veto leghista in consiglio dei ministri; dopodiché in aula il partito di Salvini disse sì in cambio dell’appoggio grillino alla riforma della legittima difesa, ottenendo l’entrata in vigore posticipata di un anno per avere il tempo di approvare interventi utili ad accelerare i processi e disinnescare la «bomba atomica» paventata dall’allora ministro del governo Conte 1 Giulia Bongiorno. Pd (con Renzi ancora dentro) e Leu votarono contro.

Poi Salvini decretò la fine di quella maggioranza, e la riforma del processo penale targata Bonafede è rimasta lettera morta. Ora il Guardasigilli l’ha riproposta ai nuovi alleati di governo, con ulteriori modifiche per sveltire i tempi della giustizia: è il «cantiere aperto» evocato ancora ieri dal ministro, al quale Pd, Iv e Leu stanno collaborando. La prescrizione rimane però un problema a parte, sebbene Bonafede lo consideri automaticamente risolto una volta garantiti procedimenti più snelli e veloci. Peccato che gli alleati non la pensino così. Anche perché il Pd aveva fatto approvare nella scorsa legislatura una norma che concedeva altro tempo per la celebrazione dei processi d’apppello e in Cassazione, interrompendo per tre anni il decorso della prescrizione, ma quella riforma fu soppiantata dall’emendamento Businarolo prima di mostrare i suoi effetti.

Ora la mediazione di cui il premier Giuseppe Conte s’è fatto direttamente garante è arrivata al «lodo» che prevede la sospensione sine die della prescrizione solo per i condannati in primo grado, e non anche per gli assolti; per Bonafede sembra il massimo delle concessioni possibili, gli altri chiedono ulteriori aggiustamenti. C’è chi sostiene che questa soluzione sia incostituzionale, ma non è detto che sia effettivamente così. Il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, ad esempio, ha chiaramente invitato a lavorare nella direzione già imboccata, evidentemente considerandola non contraria ai principi della Costituzione. Gran parte dei magistrati che hanno appena inaugurato il nuovo anno giudiziario hanno ribadito perplessità o esplicita contrarietà al «fine processo mai». Oltre agli avvocati, che hanno già fatto tre scioperi e annunciano nuove battaglie.

E’ soprattutto il Pd, stretto fra gli «opposti estremismi» di Bonafede e di Renzi, a chiedere che alle dichiarazioni di disponibilità al dialogo il ministro faccia seguire un atteggiamento meno intransigente. E arrivati al punto in cui le divisioni degenerano in scontro aperto, non può che essere il presidente del Consiglio a spingere il Guardasigilli verso un ulteriore passo verso le richieste degli alleati. Altrimenti si annuncia il «liberi tutti» in Parlamento, dove giacciono almeno tre proposte (Forza Italia, Pd e Iv) per cancellare la riforma Businarolo-Bonafede. E dove ognuno potrà rivendicare scelte autonome visto che nel programma del Conte 2, al capitolo giustizia, non è scritto che la nuova prescrizione non possa essere toccata.

Sorgente: Prescrizione, l’ira di Bonafede (che rischia il «liberi tutti» in Aula)