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La lite sul Decreto crescita. Poi Salvini strappa il via libera all'autonomia

Tolto emendamento che toglieva fondi al ministero del Sud. l’accordo si trova tra la riunione a Palazzo Chigi di ieri mattina e l’abituale pranzo al Quirinale che precede i Consigli europei

di Emanuele Buzzi e Marco Cremonesi

Neppure il tempo di tirare il fiato. Il governo raggiunge l’accordo sull’Europa e la lettera di risposta sulla possibile procedura d’infrazione parte per Bruxelles in nottata. Ma nella maggioranza sembra esplodere un’altra granata: il passaggio del Fondo Sviluppo e coesione dal ministero per il Sud alle Regioni. Ma in nottata la situazione si sblocca e al prossimo Consiglio dei ministri approderanno le autonomie regionali di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Per l’esigenza più urgente, quella di trovare la linea comune con cui presentarsi in Europa, l’accordo si trova tra la riunione a Palazzo Chigi di ieri mattina e l’abituale pranzo al Quirinale che precede i Consigli europei. Al mattino si sfiora anche l’argomento delle caselle di governo in quota Lega che oggi sono vuote: quelle dei due ex sottosegretari Armando Siri e Edoardo Rixi e quella del ministro per le Politiche Ue, le cui deleghe sono in mano al premier Conte. Mentre al Quirinale il freddo tra i partner di governo è certificato dal fatto che leghisti e stellati restano ciascuno nel proprio gruppo: con gli altri, solo formalità.

Nessuna rinuncia alla flat tax

Sui numeri da presentare all’Ue, un leghista ben addentro la mette così: «Noi possiamo dimostrare, numeri alla mano, che abbiamo i conti a posto. Il deficit lo abbiamo portato al 2,1% per cento, che è cosa ben diversa dal 2,5% di cui parlano, in modo un po’ surreale, in Europa». E questo è l’importante, «perché sull’argomento siamo tutti d’accordo». Insomma, nessuna manovra correttiva, ma soltanto una delibera che mette nero su bianco circa due miliardi di risparmi. Luigi Di Maio in Consiglio dei ministri dice: «Evitiamo la procedura ma niente tagli a servizi e imprese». E ai suoi spiega: «In Europa si va con la linea italiana e l’Ue dovrà ascoltarci, siamo responsabili ma la linea è quella italiana, per il Paese». Certo, resta da capire l’architettura della prossima manovra. La Lega non ha alcuna intenzione di rinunciare all’estensione della flat tax. E cioé, 10 miliardi di sconto fiscale al netto del disboscamento delle varie agevolazioni e del taglio possibile degli 80 euro renziani. Per dirla con Claudio Borghi: «Non sarà che con una mano togliamo 9 per dire che abbiamo dato 10. I 10 miliardi di taglio alle tasse saranno veri». Molti stellati continuano a pensare che su questo cadrà il governo, con tanto di data possibile per le elezioni, il 29 settembre.

Tavolo ad hoc

Ma la giornata ribolle anche per un emendamento leghista al Dl Crescita, una norma che trasferisce la titolarità e la gestione del Fondo per lo sviluppo alle Regioni, peraltro approvata dalle commissioni lunedì scorso con il parere favorevole del relatore M5s, Raphael Raduzzi e del viceministro dell’Economia, Laura Castelli. A 48 ore di distanza, però, la ministro per il Sud Barbara Lezzi tuona: «Una vergogna». E ne pretende lo stralcio. «Un po’ strano — sorride sornione un leghista — visto che i tecnici della Lezzi sono sempre stati presenti». Poi, la ministro si sarebbe scusata per i toni: «Avremmo apprezzato che l’avesse fatto pubblicamente». In ogni caso, la linea è: «Se il M5s ne facesse una questione di vita o di morte, potremmo rivederlo. In cambio del via libera alle Autonomie e di un ripensamento dell’articolo sull’Ilva che riteniamo pericoloso per l’occupazione». I 5 Stelle non la prendono bene ma la strategia leghista funziona. In serata, da Palazzo Chigi, Matteo Salvini esulta: «Il lavoro è fatto, siamo pronti per votare al prossimo Consiglio dei ministri il testo base sulle autonomie per dare risposte ai cittadini delle Regioni che aspettano da tempo». O oggi l’emendamento leghista sarà stralciato. E fonti M5S parlano di un tavolo ad hoc sulle autonomie prima del prossimo consiglio.

Sorgente: corriere.it

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