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Il 1992 – spartiacque tra la prima e la seconda Repubblica – è un anno che ha cambiato la storia del nostro Paese.

Alla fine del mese di gennaio lo Stato inizia piano piano a sgretolarsi. Inconsapevolmente. Prima la relazione parlamentare sulla Gladio (organizzazione paramilitare clandestina che agiva non solo in Italia, nata per volontà americana per contrastare l’avanzata comunista sovietica e parte attiva della cosiddetta strategia della tensione), poi la sentenza della Cassazione riguardo il maxi processo di Palermo, quello istruito dal pool di Falcone e Borsellino sette anni prima: 707 indagati, 476 rinviati a giudizio (di cui 346 condannati e 114 assolti), 19 ergastoli e 2665 anni totali di carcere sia per gente già detenuta – come Luciano Leggio – sia per chi era ancora latitante – come Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Il 17 febbraio 1992 a Milano il socialista Mario Chiesa viene arrestato dopo aver intascato una tangente di 7 milioni di lire.

È l’inizio di Mani pulite, l’inchiesta di Francesco Saverio Borrelli e del suo pool – in cui figurano tra gli altri Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo – che avrebbe svelato quel grave scenario di corruzione del sistema politico e imprenditoriale italiano passato alla storia come Tangentopoli.

La stele che ricorda la strage di Capaci

Il 12 marzo viene ucciso da Cosa nostra l’europarlamentare democristiano Salvo Lima, luogotenente di Giulio Andreotti; il 25 aprile con un interminabile messaggio televisivo (45 minuti), si dimette, con sei mesi di anticipo, Francesco Cossiga, ottavo presidente della Repubblica; il 23 maggio si consuma la strage di Capaci.

Sull’autostrada A29 nei pressi dello svincolo di Capaci nel territorio comunale di Isola delle Femmine, a pochi chilometri da Palermo, perdono la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Sopravvissuti gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.

Il «Corriere della Sera» titolerà: Orrore, ucciso Falcone; «la Repubblica» sceglie una foto del magistrato al centro della pagina (Assassinato Falcone) così come il «Manifesto»; mentre «l’Unità» titola Assassinato Falcone, «Il Mattino» inserisce anche Francesca Morvillo (Massacrati Falcone e la moglie). «La Stampa» esce con Falcone ammazzato dalla mafia, mentre «Il Giornale di Sicilia» con Strage a Palermo. Assassinato Falcone (tra i settimanali L’Europeo uscirà il 5 giugno, L’Espresso e Panorama il 31 maggio).

Diceva qualche anno fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un uomo che alla lotta alla mafia ha pagato in prima persona un tributo altissimo: “Il 23 maggio è una data incancellabile per gli italiani. La memoria della strage di Capaci – a cui seguì la barbarie di via D’Amelio in una rapida quanto disumana sequela criminale – è iscritta con tratti forti nella storia della Repubblica e fa parte del nostro stesso senso civico. Un assassinio, a un tempo, che ha segnato la morte di valorosi servitori dello Stato, e l’avvio di una riscossa morale, l’apertura di un nuovo orizzonte di impegno grazie a ciò che si è mosso nel Paese a partire da Palermo e dalla Sicilia, grazie alla risposta di uomini delle istituzioni, grazie al protagonismo di associazioni, di giovani, di appassionati educatori e testimoni […] Il 23 maggio dello scorso anno, insieme a molti di voi, ho ascoltato alcune letture di studenti palermitani. Una di queste era una citazione di Giovanni Falcone: «La mafia non è affatto invincibile. Si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni».

Nella nota intervista rilasciata a Marcelle Padovani aveva dichiarato il magistrato: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”.

Il 25 maggio, mentre i partiti eleggono Oscar Luigi Scalfaro presidente della Repubblica, nella chiesa di San Domenico si svolgono i funerali del giudice. Forte è la contestazione ai politici presenti.

Sempre il 25 maggio Cgil, Cisl e Uil proclamano lo sciopero generale, mentre poco più di un mese dopo, il 27 giugno, una manifestazione unitaria vedrà sfilare a Palermo oltre 100 mila persone contro la mafia e per la legalità. “Un groppo in gola strozza la voce a Bruno Trentin – riporterà l’Unità -, a lui che da decenni grida sulle piazze i diritti dei lavoratori, quando evoca nel nome dell’amico scomparso un futuro riscatto: Caro Giovanni, quel giorno verrà…”.

“Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello… quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero… ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti… Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”, si racconta avrebbe voluto dire il giorno dei funerali Paolo Borsellino, che sopravvivrà a Falcone solamente due mesi.

Alle 16,58 del 19 luglio 1992 una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata sotto l’abitazione della madre a Palermo, detona uccidendo il giudice e cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto, l’agente Antonino Vullo, scampato alla strage perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta.

Ma, davvero, il 1992 non è ancora finito.

Il 3 dicembre il magistrato Domenico Signorino, uno dei giudici d’accusa contro Cosa nostra al maxiprocesso di Palermo, si suicida dopo essere stato accusato di essere al soldo della mafia, mentre il 15 dicembre il segretario del Psi, Bettino Craxi riceve l’avviso di garanzia che determinerà la sua fine politica e personale (pochi mesi dopo, partendo per la Tunisia, sembra abbia dichiarato: “Non starò qui a prendermi le bombe”).

Alla vigilia di Natale, Bruno Contrada, capo dei servizi segreti con competenza sulla Sicilia, è arrestato con l’accusa di avere protetto, per anni, la mafia. E, finalmente, l’anno finisce, cedendo il posto ad un 1993 non meno complicato…

Sorgente: 1992, l’anno terribile che ha cambiato la nostra Storia – Strisciarossa

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