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I LIMITI DELLE CLASSIFICHE – Babele. L’Italia pare virtuosa ma le liste ignorano lacune e parametri diversi degli altri Paesi. E oltretutto uccidono più i vecchi: l’età media dei killer è 54 anni

Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi giorni è che quando i negazionisti del patriarcato sono in difficoltà con le parole ricorrono ai numeri. Lo fanno un po’ come fa Salvini quando non sa che dire e spara cifre a caso confidando nell’autorevolezza della matematica e nell’ignoranza dell’interlocutore.

Per avvalorare la tesi secondo la quale l’Italia non ha un problema di patriarcato, svariati giornalisti stanno citando una classifica dei femminicidi che dimostrerebbe in maniera inequivocabile come l’Italia sia il paradiso dell’emancipazione femminile. La classifica è quella della fondazione indipendente Openpolis e riporta le statistiche sugli omicidi volontari commessi da familiari o partner (ed ex partner) ogni 100 mila donne nei Paesi Ue.

Le criticità della classifica però sono molte, perché mancano i dati di ben 12 Paesi e perché la loro raccolta è complessa, visto che la classificazione dell’omicidio di genere ha spesso parametri sfumati. Inoltre, sono disponibili classifiche di anni diversi e non tutti attingono dai dati più recenti, ma da quelli che fa più comodo riportare. Francesco Verderami del Corriere della Sera, ospite in tv, ha dichiarato che “per femminicidi la Lettonia è al primo posto, l’Italia al dodicesimo posto. Non è un problema di cultura patriarcale!”.

Così ha sostenuto anche Alessandro Sallusti, quello per cui non esiste una cultura patriarcale, ma “Adamo ed Eva hanno fatto un gran casino” e “nel civile Nord Europa dove il patriarcato non esiste, per esempio in Svezia e Norvegia, ci sono più femminicidi che in Italia”. Maurizio Belpietro su La Verità sostiene la stessa tesi pubblicando un grafico. Secondo lui le statistiche ci dicono che i femminicidi avvengono di più dove le donne sono emancipate e ci sono famiglie gay, queer e “non so cos’altro”.

Secondo l’altro noto esperto di violenza di genere, ovvero il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, i femminicidi “nascono anche dalla violenza che circola sul Web” perché questi giovani di oggi, signora mia. Nessuno gli ha spiegato che l’età media del femminicida è 54 anni e mezzo. Ma torniamo a questa benedetta classifica e in particolare a quella pubblicata da La Verità. Notare che è la classifica di Openpolis ma non l’ultima, bensì quella del 2018 e che riporta dunque dati non aggiornati. La dicitura è “omicidi di donne” e non “femminicidi”, differenza non da poco. L’Italia è sì all’ultimo posto per femminicidi, ma il dato riportato è quello del 2023, quindi inserito forzatamente in una statistica del 2018 e con riferimento a un anno solare non ancora terminato.

Per il Canada il dato è del 2021 e per gli Stati Uniti del 2020. Insomma, un minestrone.

Le differenze tra Italia e Paesi come Francia, Olanda, Spagna e Germania sono così minime da risultare ininfluenti. Il discorso sull’emancipato Nord Europa in cui le donne sono ammazzate come polli, gioca poi su un equivoco (o sull’ignoranza) che per Nord Europa si intenda la Penisola scandinava, quando si tratta invece dei Paesi baltici: i primi posti sono infatti occupati da Lettonia e Lituania mentre la Svezia, nella classifica più recente, è dietro di noi. Norvegia e Finlandia non sono rilevate. Ed è un gioco delle tre carte disonesto, visto che quelli che Belpietro chiama “Paesi più progrediti” del Nord Europa sono Paesi complessi di area post-comunista in cui si fanno i conti con diseguaglianze sociali, col record dei suicidi, con una società dallo stampo fortemente patriarcale.

Inoltre, come riportato da Euronews, Lituania e Lettonia sono tra i Paesi in cui si consuma più alcol al mondo e l’alcol facilita la violenza, soprattutto tra le pareti domestiche. In questi Paesi, infatti, c’è anche il più alto tasso di omicidi anche non di genere. Insomma, le classifiche raccontano poco e se raccontano qualcosa andrebbero riportate e interpretate correttamente.

A questo, poi, va poi aggiunta una considerazione: il numero dei femminicidi in un Paese non può essere l’unico parametro con cui si misurano i traguardi di eguaglianza ottenuti dalle donne. La sottomissione del patriarcato riguarda anche gli aspetti economici e sociali, la parità salariale, il welfare, l’accesso ai ruoli apicali e molto altro (e in questa classifica temo che l’Italia si piazzerebbe male). L’unico dato che conta davvero, alla fine, è questo: le donne vengono uccise nell’82% dei casi da partner e familiari, mentre gli uomini che vengono uccisi da partner e familiari sono il 18%. Dunque, le donne sono uccise in quanto donne, gli uomini no. I vari negazionisti del patriarcato potrebbero pubblicare questo semplice dato e magari smettere di chiamare “maestrine” le donne che li correggono, perché gli unici a dover tornare a scuola, forse, sono loro.

(DI SELVAGGIA LUCARELLI – ilfattoquotidiano.it)

Sorgente: Femminicidi, truffa negazionista sui dati – infosannio – notizie online

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