Un poltronificio seduto su tonnellate di rifiuti radioattivi e vecchi impianti da smantellare finora costato a tutti noi 4,3 miliardi di euro. Ma è tutto ancora ancora lì.
Costo del ritardo: 120 milioni l’anno
La previsione della società è di completare tutto entro il 2036 con una spesa vicina agli 8 miliardi. Per come sono andate le cose fin qui, la fine dei lavori e il costo totale non sono realisticamente stimabili. L’unico dato misurabile sono i costi fissi di Sogin: 120 milioni l’anno. Riguardano la gestione degli impianti, in attesa che vengano chissà quando smantellati, e degli stipendi del personale (passati da 600 a 1.050 unità, e ora a circa 900) che la collettività paga per ogni anno di ritardo, sperando che nel frattempo non si verifichino calamità più onerose. Ma perché succede questo?
Dove si annidano le responsabilità
I soggetti vigilanti sono tre: 1) il ministero delle Finanze è l’azionista e, di fatto, si preoccupa delle nomine; 2) il controllore è transitato nel corso degli anni dal ministero dell’Industria a quello dello Sviluppo economico e, infine, della Transizione energetica che oggi si chiama ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica; 3) l’Autorità per l’Energia (Arera) finanzia Sogin sulla base del piano di attività che Sogin stessa gli presenta. Ogni tre anni il governo di turno nomina un nuovo Cda e nessun governo ha mai riconfermato quello in carica. Erano tutti pessimi? Il primo amministratore delegato è Raffello De Felice seguono Giancarlo Bolognini, Giuseppe Nucci, Massimo Romano. Nel 2009 il governo Berlusconi manda il primo commissario, Francesco Mazzuca. Nel 2010 si riparte con un nuovo Cda a guida Giuseppe Nucci, poi Riccardo Casale, Luca Desiata e infine Emanuele Fontani. Le loro capacità manageriali erano presumibilmente scarse, visto l’andamento delle attività in questi 20 anni.
Attività facili e premi di risultato
Come si mette sul tavolo il procedere delle attività si può capire con qualche esempio. 3 settembre 2009 contratto identificato dalla sigla «NAM81074», relativo all’ordine di acquisto per fornitura di «Materiali relativi ad un Impianto di Trattamento Resine», per un importo iniziale pari a 10.550.000 euro. Questi materiali sono ancora nelle casse sigillate in cui sono stati ricevuti, stivate presso la centrale di Trino e nessuno le ha mai aperte (come dimostrano le foto qui sotto). Ora andranno pure smaltiti.
Il caso più pericoloso
A Saluggia sono stoccati 270 metri cubi di rifiuti liquidi, acidi e radioattivi a media ed elevata attività dalla fine degli anni ‘70. Su questa questione Carlo Rubbia, da commissario Enea, nel 2001 scrisse una lettera ai ministri dell’Industria, dell’Interno e dell’Ambiente: «L’impianto è a 60 metri dalla Dora Baltea, una fuoruscita di quei liquidi comporta l’evacuazione delle sponde del Po fino all’Adriatico e i terreni non coltivabili per decenni». Per cementare quei liquidi nel 2012 viene assegnato a Saipem per 97 milioni l’appalto «Cemex». Si apre un contenzioso: serve un carroponte di grado nucleare che Saipem propone di acquistare da uno dei pochi fornitori al mondo, mentre Sogin pretende che Saipem lo costruisca «in proprio». Nel 2017 Emanuele Fontani, all’epoca responsabile della disattivazione dell’impianto di Saluggia, istruisce la pratica e convince l’ad Desiata a risolvere il contratto.
Dal consorzio alla consorteria
Nel 2020 Fontani diventa amministratore delegato e affida per 107 milioni il «Cemex» a un consorzio di aziende campane (Teorema) esperte in manutenzione e pulizie, nonostante la relazione tecnica presentata risultasse in larga parte copiata da quella di Saipem. Dopo un anno da Saluggia arrivano precise e ignorate segnalazioni di enormi ritardi. Il ministro Cingolani a inizio 2022 invia un’ispezione dei carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico che certificano: lavori avanzati per meno del 2%. Eppure per l’ad Fontani andava tutto bene. Andava tutto bene anche per il responsabile dell’ufficio acquisti e appalti Luigi Cerciello Renna. Chi è Luigi Cerciello? Si congeda il 19 ottobre 2020 dalla Guardia di finanza con il grado di maresciallo aiutante per entrare in Sogin, assunto da Fontani e subito promosso dirigente, e dal 19 luglio 2022 anche responsabile dell’ufficio legale (a ridosso del commissariamento). Nel lungo curriculum vanta un dottorato in Scienze agrarie, importanti incarichi in Anac (in realtà mai stato dipendente Anac, ma solo distaccato dalla Gdf presso la segreteria di un consigliere). Dal 2021 figura fra i trainer del Master in «Manager ambientale per la gestione del decommissioning» presso l’Università del Piemonte Orientale. L’obiettivo del master è formare una figura in grado di affrontare la gestione dei rifiuti radioattivi in ambito sia medico sia industriale, anche sotto un profilo manageriale. No comment.
Arriva il commissariamento
A luglio 2022 il governo Draghi commissaria la Sogin. Incarico affidato a Fiamma Spena, ex prefetto in pensione, vicecommissari il dirigente del Mef Giuseppe Maresca e Angela Bracco, professore ordinario di Fisica. Lo scopo è risanare la società. Fra un paio di settimane scade il mandato: qual è il bilancio? Le informazioni ufficiali sono poche ma interessanti: il primo atto della commissaria Spena è quello di riconfermare tutti i dirigenti da Ivo Velletrani, responsabile relazioni esterne incluse quelle con Arera, a Luigi Cerciello e persino l’amministratore delegato commissariato Fontani che, a settembre 2022, viene nominato «coordinatore della task force per l’accelerazione del decommissioning». Secondo atto: risoluzione dell’appalto «Cemex» con il consorzio campano per inadempienza e lancio di una nuova gara, con lo stesso progetto esecutivo di prima, ma con un importo notevolmente superiore, 151 milioni. Appena assegnato anche l’appalto per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi all’impianto di Trisaia ad Ansaldo Nucleare, ora amministrata da Riccardo Casale (dopo la l’esperienza fallimentare come ad in Sogin). È il caso di precisare che uno dei concorrenti, Tecnomec, ha chiesto l’accesso agli atti di Ansaldo, Sogin l’ha negato e ora in ballo c’è il ricorso la Tar. Terzo atto: il mese scorso la commissaria Spena ha riconosciuto a tutti i dirigenti importi tra i 30 e i 40 mila euro che si aggiungono ai lauti stipendi e al trattamento accessorio, come premio di risultato per il 2022 anno in cui la Sogin è andata così male da essere commissariata.
E adesso?
Ora la palla passa al ministro vigilante: Gilberto Pichetto Fratin. La prima questione riguarda Saluggia, dove è stoccata il 75% di tutta la radioattività nazionale e su cui pende una prescrizione per la messa in sicurezza dei rifiuti che scade a fine 2023: la legge prevede che per il mancato rispetto di una prescrizione i responsabili siano puniti con la reclusione (con il nucleare non si scherza). Sarà inevitabile quindi un decreto di proroga. La seconda è quella di nominare un nuovo vertice. Coraggio ministro!
Ufficio stampa Saipem
Sorgente: Corriere della Sera
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