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Sul gas, a pagare maggior pegno e a rischiare il collasso economico è l’Europa e dagli Usa-Nato è linea dura, sino al sospetto di sabotaggi sottomarini a gasdotti altrui. Eppure, scopre Piero Orteca, Putin continua a esportare ‘metalli rari’ -pensate, uranio verso gli Stati Uniti-, senza che nessuno si sia mai sognato di sanzionare quel strategico commercio.

Piero Ortega

Altrimenti, senza quei particolari metalli, certi armamenti come li costruiamo? Poi, anche per le sanzioni, i cattivi, i buoni, e poi gli amici.

Le sanzioni americane

Le sanzioni contro la Russia sono state studiate in America, da uno speciale team di esperti dell’Amministrazione Biden. Con “danni collaterali” di rimbalzo, che stanno colpendo quasi esclusivamente l’Europa. Sei ‘pacchetti’ di provvedimenti diversi, con una strategia “per prova ed errori”. Cioè, la necessità di rafforzare continuamente le misure precedentemente prese, sta a significare che il loro impatto è stato inferiore alle aspettative. Perché? Beh, diciamo che chi le ha pensate non ha voluto toccare alcuni settori industriali che potevano essere dei “boomerang”. Non si spiega altrimenti, come mai nessuno abbia pensato ad applicare sanzioni massicce all’import-export di metalli.

Una domanda che fa sorgere cento sospetti. In primis, quello che il peso devastante delle sanzioni non sia stato equamente distribuito, tra le componenti produttive e sociali.

Legittimi sospetti sul peso delle sanzioni

Qualcuno ha fatto il furbo? Per la verità, i numeri dicono che non bisognava essere “ultraspecialisti” per sanzionare l’industria mineraria e quella metallurgica di Putin. Ma ora che si pensa a un nuovo pacchetto di misure, i nodi vengono al pettine e qualcuno ha cominciato a “cantare”, come da linguaggio malavitoso. Un paio di giorni fa, la London Metal Exchange ha annunciato la possibilità di vietare l’ingresso di metalli russi sul mercato. Immediatamente, sono rimbalzate le quotazioni del nichel, dell’alluminio, di rame e zinco. Finora, in effetti, i metalli russi non sono stati toccati, perché non conviene a nessuno. È un po’, per certi versi (ma persino più amplificata) la stessa storia che si trascina da mesi col petrolio e col gas. Solo che in quella situazione qualcosa si è dovuto fare (per salvare la faccia), ma in questo caso, finora, tutti hanno fatto finta di niente. Il motivo?

Far finta di niente per salvare la faccia

Sanzionare la Russia sui metalli sarebbe un mezzo salasso per l’Europa. E non è solo un problema di prezzi, ma anche di disponibilità fisica della materia prima. Tolta la Cina, con la quale trattare, di questi tempi, è sempre più difficile, la Russia produce il 20% di nichel e il 13% di alluminio a livello mondiale. Parliamo di metalli la cui estrazione e raffinazione è altamente “energivora”, cioè richiede un consumo colossale di energia elettrica. Per spiegarvi come l’Occidente maneggi questa patata bollente, basti dire che il patriarca del settore, Vladimir Potanin, il secondo uomo più ricco di Russia (con un patrimonio di quasi 35 miliardi di dollari), fedele amico di Putin, non è stato mai “disturbato” né dagli americani e manco dagli europei. Insomma, per lui trattamento speciale, niente sanzioni “anti-oligarchi”.

Padrone russo dei metalli, uranio compreso

Se nemmeno Biden osa infastidire il “padrone dei metalli” di Mosca, potrete capire anche perché nessuna sanzione è stata finora applicata all’uranio che esportano i russi. Una bella fetta se lo comprano gli americani. Poi c’è la storia dei diamanti, che non sono stati presi di mira, perché si opponevano… i gioiellieri belgi, quelli di Anversa. Alla fine si è trovato un compromesso. Ma quello che non si potranno mai sanzionare, almeno a sentire gli specialisti, sono i metalli “rari”, come il palladio o i gas nobili, come il neon. Quest’ultimo, di cui Mosca produce il 30% dell’intero pianeta, è un sottoprodotto della lavorazione dell’acciaio e viene impiegato nella realizzazione dei semiconduttori. Lo stesso discorso può essere fatto per il palladio, di cui la Russia controlla il 37% della produzione totale.

Microchip strategici e auto elettriche addio

Anche il palladio metallico è un componente-chiave dei microchip e la sua disponibilità è fondamentale se non si vogliono bloccare le catene di approvvigionamento delle industrie ’“4.zero” o, più in generale, di quei complessi produttivi che utilizzano informatica e telematica. Last but not least, il litio, indispensabile per le batterie delle auto elettriche, tanto care al Presidente Biden. Però, purtroppo i suoi adviser questa volta lo hanno mal consigliato. Gli hanno fatto sanzionare due società russe, che raffinavano il minerale grezzo, trasformandolo in carbonato di litio, che è molto difficile da trovare. Ergo: niente batterie, niente auto elettriche e tanto inquinamento in più. Insomma, l’uranio vendetelo, il litio no.

Sorgente: Sanzioni a convenienza, quelle che nessuno vuole applicare alla Russia –

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