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Divergenze all’ordine del giorno: cresce il fronte di chi vuole rompere prima delle Politiche. Letta: “Non temo un voto sulle armi”

(guarda il video cliccando il link in fondo all’articolo)

ROMA – “Il rapporto personale con Enrico Letta è ottimo, però delle diversità di vedute su alcuni argomenti non possiamo mica negarle…” va ripetendo Giuseppe Conte a chi gli chiede qual è il clima generale nel cosiddetto fronte progressista. La “diversità” principale tra 5 Stelle e Pd è legata al come stare nel governo guidato da Mario Draghi e il resto degli argomenti è conseguente: in primis il conflitto in Ucraina e l’invio (o meno) di nuovi armamenti, argomento sul quale di nuovo ieri l’ex presidente del Consiglio ha nuovamente alzato il tiro; ma anche il termovalorizzatore a Roma inserito nel decreto aiuti e che prima o poi andrà votato in aula.

 

Nel frattempo sia dentro il Movimento sia dentro i dem crescono le insofferenze contrapposte tra chi vorrebbe rompere l’alleanza, magari una rottura soft grazie ad un cambio della legge elettorale: “Per me nel 2023 bisogna andare da soli anche se resta il Rosatellum — confida un alto in grado del M5S — da quando ci siamo incasellati nel centrosinistra abbiamo perso ogni peso contrattuale”. Specularmente, in Base riformista — gli ex renziani — i sentimenti sono simili. La linea di Conte sulla guerra, è la rimostranza della minoranza pd che a livello parlamentare però ha un gran peso, prende di mira quotidianamente il lavoro del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, capofila dell’area. Ma anche su argomenti laterali è così, vedi ad esempio la battaglia contro la nuova e ulteriore base militare a Coltano (Pisa) che ha avuto l’ok di Guerini e che vede il M5S in prima fila, assieme a sinistra e ambientalisti, nel contestarne il progetto. 

 

 

“Che una campagna per le amministrative durante la legislatura provochi tensioni è fisiologico”, prova a gettare acqua nel fuoco il ministro del Lavoro Andrea Orlando. La sinistra interna al Pd è a sua volta impegnata a gettare acqua sul fuoco. In gioco, sullo sfondo, c’è il posizionamento politico-elettorale futuro del Pd. La conferma di uno schema a tre con 5 Stelle e sinistra-verdi, oppure la scelta di un’asse moderata con i cosiddetti riformisti di Azione e Italia viva. Mentre l’idea di Letta di inglobare il tutto in una larga coalizione al momento pare impraticabile.

La faccenda ucraina di sicuro sta contribuendo a scaldare gli animi. In via di Campo Marzio rivendicano di aver anticipato il cambio di posizionamento in chiave pacifista prima di Letta e poi di Draghi e allo stesso tempo si chiede un voto in aula il 19 maggio per confermare la linea dell’esecutivo. Il governo — è la riflessione dei vertici 5 Stelle — non è nato con un mandato politico per affrontare questa guerra, ecco perché è importante che aggiorni il Parlamento e che lì si chiarisca l’indirizzo con cui affrontare uno scenario bellico in continua evoluzione. Al Nazareno la si pensa molto diversamente: se oggi si può parlare di negoziati è perché avendo aiutato anche militarmente la resistenza di Kiev adesso la Russia è costretta a sedersi attorno ad un tavolo. “Ma comunque paura di una votazione parlamentare, in caso, non ne abbiamo”, sottolinea Letta.


 


 

A contorno c’è la vicenda legata alla successione di Vito Petrocelli alla guida della commissione Esteri. Il possibile erede poteva essere il senatore del Movimento Gianluca Ferrara, il suo nome era uscito due giorni fa dopo una riunione del gruppo 5 Stelle a Palazzo Madama. Invece non se ne farà nulla: le passate prese di posizione assai critiche verso gli Stati Uniti di Ferrara gli sono state rinfacciate in maniera trasversale (“si è messa in moto la macchina del fango”, si lamenta lui) appena l’indiscrezione dell’investitura è diventata di dominio pubblico, così è arrivato il passo indietro, caldeggiato anche da Conte. Non è però affatto scontato che la presidenza sia appannaggio del M5S, servirebbe un accordo politico tra le varie forze della maggioranza che al momento non c’è. Dipendesse comunque dal Movimento, in pole ci sarebbe l’ex capogruppo Ettore Licheri.

Sorgente: Conte scatenato contro Draghi: l’alleanza Pd-M5S sempre più a rischio – la Repubblica

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