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Nel 2005 Paolo Scaroni, un tifoso del Brescia, è stato vittima di una violenta aggressione delle forze di polizia che lo ha tenuto in coma per i due mesi successivi e lo ha reso invalido al 100% per tutta la vita.

A distanza di anni, Paolo non ha ancora ottenuto giustizia:  i nomi dei suoi aggressori non sono mai emersi, i colpevoli che hanno distrutto la sua vita e i suoi ricordi non sono stati riconosciuti perché non erano identificabili da nessun elemento e quella sera avevano il volto coperto.

La storia di Paolo è la storia di tante altre persone. Per questo, nel 2018 abbiamo lanciato la campagna sui codici identificativi per chiedere alle autorità italiane di prevedere misure che consentano l’identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico.

Il 27 gennaio 2022 una delegazione di Amnesty International Italia ha incontrato al Viminale il Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Lamberto Giannini per consegnare le oltre 155.000 firme raccolte nel tempo.

Insieme a noi, c’era Paolo, che ci ha raccontato la sua storia e le sue speranze per il futuro.

Quello che è successo il 24 settembre 2005 a Verona ha cambiato completamente la mia vita. Quel giorno la polizia mi ha massacrato di botte ingiustamente, non mi sento di avere nessuna colpa. Quelle botte mi hanno condotto a vivere una vita da invalido al 100% e non è certo una vita facile.

Cosa è successo alla stazione di Verona?

Alla stazione Porta Nuova siamo stati aggrediti dalla celere che ci ha picchiati selvaggiamente.

Sei riuscito a ottenere giustizia?

La giustizia per me è stata solo un’utopia. Il processo di primo grado è finito molto male per me. Infatti, il giudice ha dato la colpa alla polizia intera, dal momento che non era possibile identificare i miei veri carnefici. Nonostante fossimo anche riusciti a produrre un testimone oculare che aveva assistito al mio pestaggio, non ha potuto fare niente altro se non dire che erano tutti vestiti uguali, tutti con la stessa maglietta, tutti con lo scudo davanti. Non potendo identificare nessuno, la sua testimonianza non ha portato a niente.


Quanto è stata importante, per te, la campagna di Amnesty International e il fatto di esserne testimonial?

La campagna è stata fondamentale e importantissima. Mi rende orgoglioso essere testimonial perché la mia storia calza a pennello sul bisogno che ha l’Italia di fornirsi di codici identificativi.

Quando hai saputo che avremmo consegnato le firme alla polizia che cosa hai pensato?

Mi sono sentito molto emozionato, soprattutto per il numero di firme raccolte, segno che la popolazione italiana ha risposto bene a questa campagna.

Che aspettative hai rispetto alla consegna?

Tante e buone. Spero che l’Italia si faccia un buon esame di coscienza e si doti di una legge che introduca l’obbligo dei codici identificativi. Ritengo che in un paese civile come l’Italia questa cosa manchi.

 

 

Pensi che verrà introdotta una legge a breve?

Spero di sì.

Continueremo a chiedere sia al Parlamento che al Capo della Polizia di introdurre i codici identificativi per le forze di polizia impegnate in operazioni di ordine pubblico perché storie come quelle di Paolo non si verifichino mai più.

Sorgente: Paolo Scaroni, l’intervista 17 anni dopo il pestaggio da parte delle forze di polizia – Amnesty International Italia

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