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Il governo incontra i sindacati, a pochi giorni dallo sciopero generale di Cgil e Uil. Sul tavolo la revisione della legge Fornero. Il premier Draghi punta su Opzione Tutti: una flessibilità in uscita sostenibile per i conti pubblici. Una soluzione inaccettabile per la Cgil che simula i potenziali tagli derivanti dal ricalcolo

ROMA – Ricalcolare la pensione tutta col contributivo significa una perdita netta tra il 20 e il 35% dell’assegno, ovvero tra 20 e 130 mila euro di minori incassi dall’uscita agli 82 anni, attuale traguardo della vita media. La Cgil si presenta con queste simulazioni oggi al tavolo sulla previdenza convocato dal premier Draghi. Il primo dopo il grande gelo per lo sciopero generale di giovedì che ha spaccato il sindacato, con la Cgil e la Uil in piazza, la Cisl alla finestra. Oggi l’unità si ricompone in teoria, si vedrà quanto nei fatti.

L’incontro nel primo pomeriggio non sarà lungo, incastrato com’è tra la visita a Palazzo Chigi del neo cancelliere tedesco Scholz e gli auguri di Natale al Quirinale. Il tempo per fiutarsi e ricomporre la frattura, mettendo in tavola carte ormai note. “Vediamo se c’è davvero la volontà del governo di avviare un confronto e non solo un ascolto per superare le rigidità della legge Fornero”, dice Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil e responsabile previdenza. No quindi, almeno da Cgil e Uil, al “metodo fisco”, con i sindacati prima interpellati e poi chiamati a ratificare accordi politici blindati.

 

 

Il prossimo anno si va in pensione con Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi). Poi dal 2023 rimangono in campo le regole ordinarie della legge Fornero: 67 anni o 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne). Il premier è disposto a concedere ulteriore flessibilità in uscita. Non più con le quote, ma con una sorta di Opzione Tutti: esci prima e prendi in base a quanto versato. Questo significa, nell’ottica del premier “tornare in pieno al contributivo, in modo sostenibile per i conti”.

 

 

Ma significa anche un ricalcolo per forza di cose penalizzante, un taglio, per quanti sono nel sistema misto e hanno diversi anni (meno di 18, in base alle regole del sistema misto) lavorati prima del 31 dicembre 1995 e conteggiati nel sistema retributivo. Il meccanismo è stato già rodato in questi anni da Opzione Donna: le lavoratrici sono uscite prima, a 58-59 anni, ma con un terzo dell’assegno in meno. La stessa cosa accadrebbe con Opzione Tutti.

E il sindacato non ci sta. Non solo perché – come illustrano le simulazioni della Cgil – “non viene rispettata la neutralità attuariale: lo Stato alla fine ci guadagna, il lavoratore prende meno soldi”. Ma perché non è questo il solo obiettivo del tavolo, visto che si punta a rivedere le “iniquità” della legge Fornero anche nei confronti di chi è totalmente nel contributivo perché ha iniziato a lavorare dal 1996.

 

 

Per i giovani e meno giovani – quarantenni e cinquantenni di oggi – significa spostare l’età di uscita dopo i 70 anni, come certificato pure dall’Ocse qualche giorno fa. Significa poter anticipare solo se si raggiunge una pensione multipla dell’assegno sociale: 1,5 o 2,8 volte, a seconda dei casi. Significa trascinare in età molto anziana l’incasso della pensione per chi ha lavorato in modo discontinuo, con buchi di carriera e salari poveri: giovani, donne, precari, partite Iva su tutti. Sapendo di non poter contare sulla pensione integrata al minimo, non prevista per i “contributivi puri”. Distorsioni che i sindacati vorrebbero correggere.

Come pure ridiscutere delle mansioni, perché c’è lavoro e lavoro e la speranza di vita non è la stessa per tutti. L’Ape sociale è stata allargata a più occupazioni gravose dalla manovra ora in Senato. Ma alla fine ne beneficeranno appena 1.700 lavoratori in più (relazione tecnica). E quelli “precoci” che hanno iniziato a lavorare da minorenni sono stati pure esclusi da queste nuove categorie. Altro motivo di scontento che di sicuro finirà oggi sul tavolo di Palazzo Chigi.

 

Sorgente: Pensioni, tagli fino al 35% col ricalcolo contributivo – la Repubblica

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