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Crisi ecologica. L’indagine dell’’Oversight Committee del Congresso Usa sulle responsabilità e i depistaggi dell’industria dei fossil fuel

Stella Levantesi

Dopo decenni di manipolazione e inganno sul clima, l’Oversight Committee del Congresso americano – la principale commissione investigativa della Camera – ha finalmente aperto un’indagine sul settore fossile e la sua decennale campagna di disinformazione.
«Con l’aggravarsi dei disastri naturali legati al riscaldamento globale che devastano le comunità negli Stati uniti e nel mondo, una delle principali priorità legislative del Congresso è combattere la crisi sempre più urgente del cambiamento climatico», hanno dichiarato la rappresentante Carolyn B. Maloney, presidente della commissione, e il rappresentante Ro Khanna, presidente della sottocommissione per l’ambiente. «Per farlo, il Congresso deve affrontare l’inquinamento causato dall’industria dei combustibili fossili e frenare le preoccupanti pratiche commerciali che portano alla disinformazione su questi temi».

L’INDAGINE ARRIVA anche in seguito ad un video in cui un lobbista della ExxonMobil è stato ripreso mentre ammetteva il ruolo della compagnia nell’aver attaccato la scienza e ostacolato la legislazione sul clima.
Secondo la commissione le compagnie fossili, e non solo la Exxon, «hanno lavorato per prevenire un serio intervento sul riscaldamento globale, generando dubbio sui pericoli accertati dei combustibili fossili». In particolare la commissione evidenzia che le «strategie di offuscamento e distrazione» non solo durano da decenni ma «continuano ancora oggi».
Maloney e Khanna hanno inviato lettere ai dirigenti di alcune compagnie di combustibili fossili e associazioni commerciali che sono al centro della macchina negazionista, tra cui ExxonMobil Corporation, BP America Inc., Chevron Corporation, Shell Oil Company, American Petroleum Institute, e la Camera di commercio degli Stati Uniti, richiedendo documenti per verificare il ruolo delle compagnie nella campagna di disinformazione. Nella lettera al dirigente della ExxonMobil, per esempio, hanno evidenziato non solo che «l’industria dei combustibili fossili ha fatto disinformazione sulla scienza del clima per decenni», ma che da altrettanto era al corrente «della scienza del cambiamento climatico» – gli scienziati interni alle compagnie, infatti, già avevano osservato il legame tra la loro attività e l’aumento delle emissioni. I rappresentanti hanno anche richiesto che i dirigenti testimonino in un’udienza il 28 ottobre 2021.

QUATTRO COMPAGNIE in particolare, BP, Shell, Chevron e ExxonMobil, hanno dichiarato quasi 2 miliardi di dollari di profitti tra il 1990 e il 2019. Durante questo periodo, sottolinea la commissione, la crisi climatica globale è diventata sempre più terribile e il suo impatto mortale è aumentato.
Le tattiche messe in atto dall’industria fossile ricalcano quelle utilizzate dall’industria del tabacco. Il fine? Sempre lo stesso. Evitare una regolamentazione per continuare a vendere prodotti che «uccidono centinaia di migliaia di americani» (e non solo).
Secondo la commissione, tra il 2015 e il 2018, le cinque maggiori compagnie petrolifere e del gas quotate in borsa hanno speso 1 miliardo di dollari per promuovere la disinformazione sul clima attraverso «branding e lobbying». Il lobbying spesso è stato indiretto, attraverso gruppi commerciali, per oscurare il proprio ruolo negli sforzi negazionisti e sostenere campagne politiche, ma anche per proteggere la propria immagine ed evitare di essere associate pubblicamente a queste posizioni.
Gli storici della scienza Naomi Oreskes e Geoffrey Supran, che studiano il ruolo delle compagnie fossili nella campagna di disinformazione, hanno riassunto perfettamente questo meccanismo. «ExxonMobil sta ora ingannando il pubblico sul suo ruolo nell’aver ingannato il pubblico».

IN UN RECENTE ARTICOLO pubblicato sulla rivista One Earth, Supran e Oreskes hanno indagato su come ExxonMobil usa la retorica e il framing per plasmare il dibattito pubblico sul cambiamento climatico. Secondo lo studio, che ha analizzato decine e decine di documenti interni e relativi alla compagnia, la ExxonMobil ha pubblicamente enfatizzato alcuni termini e argomenti e ne ha intenzionalmente evitati altri. La compagnia ha usato la retorica del «rischio» climatico e della «domanda» di energia da parte dei consumatori per costruire il ruolo di «Salvatore dei combustibili fossili», un framing che «minimizza la realtà e la gravità del cambiamento climatico, normalizza il ruolo radicato dei combustibili fossili e reindirizza la responsabilità sull’individuo». Supran sostiene che il «rischio» è stato usato per introdurre in maniera subdola l’incertezza sulla scienza del clima. Le tattiche fossili, poi, imitano la strategia, anche questa documentata, dell’industria del tabacco di reindirizzare la responsabilità sui consumatori. È stata la BP, per esempio, a rendere popolare il termine «impronta di carbonio» a metà degli anni 2000, inventando un calcolatore per misurare le emissioni di carbonio individuali e spostando la responsabilità dalle compagnie all’individuo.

AD APRILE, NEW YORK ha citato in giudizio ExxonMobil, Shell, BP e l’American Petroleum Institute per «pubblicità ingannevole» e greenwashing. Supran e Oreskes sperano che i risultati del loro studio possano essere di interesse per gli avvocati coinvolti in questo tipo di casi.
È chiaro che la campagna di disinformazione del settore fossile e delle sue lobby va oltre le strategie comunicative e la manipolazione mediatica. Ci sono dietro decenni di finanziamenti alla politica, lobbying mirato e propaganda. Oggi, come sottolinea anche la commissione, queste strategie sono ancora presenti, da un negazionismo del clima duro e assoluto si è passati a quelli che vengono chiamati «discorsi di ritardo climatico» che rientrano nel bacino degli sforzi negazionisti più soft, e quindi più subdoli e più difficilmente riconoscibili. Ritardare il più possibile l’azione sul clima è sempre stato l’obiettivo primario e lo è tuttora. Oltre al greenwashing e allo spostamento di responsabilità, creare confusione, oggi, è tra le strategie più utilizzate per ritardare l’azione politica sul clima. Qualsiasi cosa pur di evitare di affrontare il problema alla radice, perché per le compagnie fossili significherebbe la fine.

Sorgente: Compagnie fossili e cambiamento climatico, «decenni di menzogne» | il manifesto

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