L’ex Nar potrebbe però non tornare in carcere ma scontare una pena alternativa. Buzzi: “Faremo ricorso in Cassazione”. Assolti Scozzafava, Gaglianone, Esposito. Presente in aula anche la sindaca Virginia Raggi
di Andrea Ossino , Francesco Salvatore
Dieci anni di reclusione per l’ex militante dei Nar Massimo Carminati e 12 anni e 10 mesi all’ex capo delle cooperative Salvatore Buzzi. È l’esito del processo d’appello bis al ‘Mondo di Mezzo’, disposto dalla Cassazione solo per la rideterminazione delle pene per venti imputati, a seguito della sentenza del 22 ottobre del 2019 che faceva definitivamente cadere il reato di mafia. In aula per la lettura della sentenza era presente anche la sindaca Virginia Raggi.
Il procuratore generale Pietro Catalani aveva chiesto per l’ex Nar Carminati undici anni e un mese e per Salvatore Buzzi 12 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione.
“Con questa sentenza il mio assistito è sotto il limite che consente una misura alternativa e quindi potrebbe non tornare più in carcere”. Lo afferma Cesare Placanica difensore di Massimo Carminati. L’ex Nar, presente in aula, ha trascorso 5 anni e 7 mesi di carcere preventivo.
Per Buzzi la corte d’appello di Roma ha Stabilito anche l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione per tre anni, mentre a Carminati da una parte ha revocato la misura della libertà vigilata, dall’altra ha comminato 4 mila euro e confermato la misura di sicurezza dell’assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro per almeno due anni e tre mesi.
“È stata una condanna molto più dura di quanto ci aspettassimo perchè la corte ha considerato più grave il reato di associazione a delinquere semplice. Il pg aveva chiesto 12 anni e 8 mesi e venti giorni di reclusione. Faremo ricorso nuovamente in Cassazione. Comunque meglio dei 18 anni della volta scorsa”. A dirlo è Salvatore Buzzi, dopo la sentenza dell’appello bis che lo ha condannato a 12 anni e 10 mesi nel processo al ‘Mondo di Mezzo’.
Tra le pene ricalcolate ci sono quelle che riguardano, tra gli altril’ex consigliere comunale Luca Gramazio (5 anni e 6 mesi), Fabrizio Franco Testa (5 anni e 6 mesi), l’ex Ad dell’Ama Franco Panzironi (3 anni e 6 mesi), Riccardo Brugia (6 anni), Matteo Calvio (5 anni e 7 mesi), Paolo Di Ninno (3 anni, 8 mesi e 10 giorni), Alessandra Garrone (2 anni, 9 mesi), Claudio Caldarelli (4 anni e 5 mesi), Emanuela Bugitti (2 anni, 8 mesi), Carlo Pucci (4 anni), Carlo Maria Guarany (2 anni, 6 mesi e 15 giorni), Claudio Bolla (3 anni e un mese), Roberto Lacopo (4 anni e 7 mesi), Paolo Di Ninno (3 anni, 8 mesi e 10 giorni), Pierpaolo Pedetti (un anno e 9 mesi), Michele Nacamulli (1 anno).
Assoluzione, infine, per l’imprenditore Agostino Gaglianone, Angelo Scozzafava (che nella vicenda dell’appalto Cup fungeva da componente della commissione aggiudicatrice della gara) e Antonio Esposito, amministratore di una cooperativa.
“Quello di ‘mafia capitale’ è uno dei Capitoli più bui della storia di Roma. Sono stati calpestati i diritti dei cittadini e questo è stato riconosciuto. Io credo sia fondamentale il lavoro di ricostruzione che stiamo facendo, che parte dalle macerie: fatto di bilanci puliti, regolari e di appalti legali e trasparenza. I cittadini romani meritano questo”. Così la sindaca Virginia Raggi, commentando la sentenza. Raggi ha poi aggiunto: “io lo so, sono scomoda perchè porto avanti questo percorso, però non si può assolutamente tornare indietro. Dobbiamo garantire a roma queste condizioni di legalità, trasparenza e regolarità”.
“Questo processo ha accertato il radicamento nella città di Roma di due pericolosissime associazioni criminali”. Così l’avvocato Giulio Vasaturo dell’Associazione Libera parte civile nel processo: “Un dato di fatto che di per sé non si presta ad alcuna minimizzazione”.
Una storia che parte da lontano
Quella relativa al procedimento un tempo conosciuto come “Mafia Capitale” è una storia che parte da lontano. Inizia 7 anni fa, nel dicembre 2014, quando l’estremista di destra Massimo Carminati e il patron della cooperativa 29 Giugno Salvatore Buzzi vengono arrestati insieme ad altre 26 persone, (tra politici, imprenditori e pregiudicati) accusate di aver fatto parte di un’associazione mafiosa capace di avvolgere la vita sociale, economica e politica della Capitale.
I vertici dell’organizzazione sgominata con l’inchiesta “Mondo di Mezzo” sono costretti a trascorrere un periodo al 41bis fino a quando i giudici di primo grado, nel luglio 2017, emettono una sentenza severa che tuttavia non riconosce l’accusa di mafia. Secondo la Corte si tratta di due associazioni criminali distinte, spesso interconnesse, ma non mafiose. Buzzi viene comunque condannato a scontare 19 anni di carcere e Carminati 20.
La sentenza d’appello del 2018
Poi l’appello. La sentenza dell’11 dicembre del 2018 stabilisce che il “mondo di mezzo” è di nuovo mafia, proprio come sostenuto dai pm romani. Nonostante l’aggravarsi delle accuse i “mafiosi” Buzzi e Carminati vengono condannati a pene più lievi. Il patron della 29 Giugno avrebbe dovuto scontare 18 anni e 4 mesi, mentre il “Cecato” avrebbe dovuto trascorrere 14 anni e 6 mesi in prigione.
Il 22 ottobre 2019 arriva però l’ennesimo ribaltone: la Cassazione straccia definitivamente l’accusa di mafia. I protagonisti dell’inchiesta escono di prigione, vanno ai domiciliari e vengono rispediti in appello per ricalcolare le pene.
Nel frattempo gli effetti dell’indagine condotta dai carabinieri continuano. La finanza sequestra definitivamente un tesoretto da circa 27 milioni di milioni di euro tra cui ville, terreni, 13 automezzi e molte opere d’arte, ben 69, attribuite ad importanti autori del ‘900, dalla Pop Art al Futurismo, al Surrealismo.
Adesso la seconda sentenza di Appello, mentre continuano parallelamente le altre inchieste e gli altri processi nati dall’indagine “madre”.
We use technologies like cookies to store and/or access device information. We do this to improve browsing experience and to show personalized ads. Consenting to these technologies will allow us to process data such as browsing behavior or unique IDs on this site. Not consenting or withdrawing consent, may adversely affect certain features and functions.
Functional
Sempre attivo
The technical storage or access is strictly necessary for the legitimate purpose of enabling the use of a specific service explicitly requested by the subscriber or user, or for the sole purpose of carrying out the transmission of a communication over an electronic communications network.
Preferences
The technical storage or access is necessary for the legitimate purpose of storing preferences that are not requested by the subscriber or user.
Statistics
The technical storage or access that is used exclusively for statistical purposes.The technical storage or access that is used exclusively for anonymous statistical purposes. Without a subpoena, voluntary compliance on the part of your Internet Service Provider, or additional records from a third party, information stored or retrieved for this purpose alone cannot usually be used to identify you.
Marketing
The technical storage or access is required to create user profiles to send advertising, or to track the user on a website or across several websites for similar marketing purposes.