PALESTINA. Cosa aspettarsi dalla Corte Penale Internazionale (I parte) | Nena-News
Roma, 27 gennaio 2021, Nena News – Le modifiche in campo internazionale hanno indotto qualcuno a sperare – non sappiamo se per puro ottimismo della volontà o per aver colto qualche debole segnale – in un’inversione di rotta circa le ingiustizie subite dal popolo palestinese. Sebbene la fiducia nella legalità internazionale sia sempre più flebile, non sono pochi a fare affidamento sulla Corte penale internazionale (CPI) visto che le speranze riposte nell’ONU sono sempre più evanescenti.
Per questo abbiamo intervistato il giurista Ugo Giannangeli, affinché ci faccia conoscere qualcosa di più circa il procedimento in corso sulla Palestina presso la CPI.D: Avvocato Giannangeli, il tuo impegno per la Palestina e per i diritti umani in genere è conosciuto dagli attivisti, in particolare in nord Italia, e da chi ha letto le tue pubblicazioni, per questo credo sia importante che tu ci dia un parere su un tema che sta a cuore a chi crede nell’aiuto che la Corte penale internazionale possa dare alla causa palestinese. Puoi dirci qualcosa in proposito?
R: In molteplici occasioni ho verificato che gli attivisti per la causa palestinese ripongono molte speranze e molta fiducia nel procedimento in corso avanti alla Corte penale internazionale de L’Aja. Dietro questo atteggiamento c’è quasi sempre l’ignoranza del funzionamento e del ruolo della Corte. Al termine degli incontri pubblici, nella fase di dibattito, alcune domande lo dimostrano.
D.: Puoi spiegarci con qualche esempio?
R: Certo. Solo a titolo di esempio, spesso viene chiesto ai relatori: “Perché non si è portato prima Israele dinanzi alla Corte ?” ignorando che la Corte giudica singoli individui e non gli Stati. Oppure, recentemente ,“La Corte ha accolto il ricorso palestinese” quando, invece, la Procuratrice Fatou Bensouda ha semplicemente ritenuto sussistenti i presupposti per avviare un’attività preliminare di indagine; l’affermazione dimostra di considerare sentenza quello che è un semplice primo passo di indagine ed evidenzia l’incapacità di distinguere i ruoli di Procuratore e Corte.
D: E come pensi si possa riuscire a far chiarezza su un tema così importante e così confuso per i non addetti ai lavori?
R: Sono un penalista, ho studiato diritto internazionale ma non ho pratica avanti alla CPI. Ho ritenuto pertanto opportuno porre una serie di domande a un docente di diritto internazionale, attivo anche dinanzi alla CPI e ti risponderò tenendo conto delle sue risposte.
D: Benissimo, posso intanto chiederti quando nasce la Corte penale internazionale e su quali reati ha competenza?
R: Lo Statuto della CPI viene redatto durante la conferenza diplomatica che si tiene a Roma dal 15 giugno al 17 luglio 1998. La Corte diventa operativa il 1° luglio 2002 dopo l’adesione di 60 Paesi. Non hanno aderito, tra gli altri, USA, Cina, Russia e Israele.
I reati su cui ha competenza sono: Genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.Nello Statuto di Roma così come integrato nel 2010 alla Conferenza di Kampala, è presente la definizione del crimine di aggressione. Dal luglio 2018, data in cui è stato raggiunto il numero di ratifiche previsto, la Corte potrebbe esercitare la sua giurisdizione anche su questo crimine ma sinora il Procuratore non ha mosso alcuna accusa avente ad oggetto questo reato.
D: So che spesso si confondono la Corte internazionale di giustizia (chiamata anche Tribunale internazionale de l’Aia) che è organo giudiziario delle Nazioni Unite, i Tribunali “ad hoc”e la Corte penale internazionale (CPI). Puoi dirci qualcosa di specifico circa la sola CPI, dove ha sede, come vengono scelti i magistrati e come si arriva all’azione penale?
R: La CPI ha sede a L’Aja. I giudici sono candidati dagli Stati ed eletti dall’Assemblea degli Stati parte (ASP). Per il ruolo di Procuratore ci si può candidare e poi la decisione spetta sempre all’ASP. L’azione penale è promossa dal Procuratore.
D: Come si svolge la procedura che può portare all’azione penale?
R: La giurisdizione può essere attivata da uno Stato membro, dal Consiglio di sicurezza o dal Procuratore (Referral). Alla Corte viene ‘riferita’ una cosiddetta ‘situation’ (ad es. Kenya situation, Libya situation etc.), poi però spetta solo al Procuratore decidere se avviare l’indagine e portare dei casi contro determinati individui dinanzi alla Corte.
D: Molte volte sono state espresse critiche verso questi organismi internazionali, in particolare verso i Tribunali ad hoc che a conti fatti è legittimo supporre che siano stati influenzati da posizioni politiche. Può valere questa critica anche per la CPI?
R: È vero che gli organismi giudiziari internazionali sono stati spesso oggetto di critiche perché svolgono un ruolo giuridico influenzato, e spesso condizionato, da interessi politici. Anche nei confronti della CPI sono state mosse critiche, ad esempio, per una sua attitudine a sottoporre a giudizio soprattutto esponenti africani. Nel caso di altro Tribunale, quello per la ex Jugoslavia, effettivamente la critica era dovuta alla criminalizzazione soprattutto di una parte (i serbi).
Mi chiedi se la CPI può essere considerata organo giudiziario realmente indipendente. Occorrerebbe una lunga discussione. In questa sede possiamo soltanto dire che, fino ad ora, l’operato della Corte
ha dato vita a molti dubbi sulla sua indipendenza, visto che si è tenuta lontana da crimini internazionali commessi da cittadini di potenze mondiali.
D: La CPI tiene conto di pareri o dossier presentati da ONG o da esperti su questioni specifiche ?
R: Mi stai chiedendo che ruolo hanno nel procedimento quelle realtà che il Diritto definisce “amici curiae”, cioè chi offre informazioni alla Corte che possano essere utili al procedimento?
D: Sì ti sto chiedendo esattamente questo. Puoi dirci qualcosa al riguardo?
R: Sì, gli “amici curiae” possono presentare una memoria su una questione specifica ai giudici quando questi ultimi la richiedono. Si tratta in genere di pareri scritti presentati da società civile (ONG) o da accademici per conto degli Stati. Mi è stato riferito che nel caso della Palestina ci sono stati circa 45 interventi sulla sola questione preliminare oggi in discussione, se cioè la Palestina sia uno Stato ai sensi del diritto internazionale o, meglio, ai sensi dello Statuto di Roma.
D: E sai dirci che pareri ci sono stati a seguito di questi interventi?
R: I pareri sono contrastanti, equamente divisi tra pro e contro. Tra i Paesi contro cito Germania, Austria, Canada, Uganda, Repubblica Ceca, Ungheria, Brasile. La situazione è paradossale e contraddittoria perché alcuni di questi Paesi hanno riconosciuto la Palestina come Stato; non solo, ma la Palestina dal 2015 è Stato parte della CPI. I pareri contrari sono frutto di una pressione diplomatica fortissima esercitata da Israele. … [Continua]
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