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Massimo Sideri

Esattamente 50 anni fa nasceva il mouse. Era un oggetto semplice, artigianale, anche un po’ brutto. Non a caso venne battezzato come il topo. Il padre? Non fu Steve Jobs, ma Douglas Engelbart. Se non lo avete mai sentito nominare, non vi preoccupate. Anche lui è una delle vittime della sindrome di Eustachio, gli eterni dimenticati. Non lo conoscono in molti. Di fatto il mondo scoprì che era stato l’inventore del mouse solo dopo la sua morte, nel 2013. Nessuno allora poteva immaginare quanto avrebbe cambiato la nostra vita. Forse nemmeno il suo inventore. O forse sì: Engelbart aveva predetto che «la rivoluzione digitale sarà di gran lunga più importante dell’invenzione della scrittura e anche della stampa». E aveva aggiunto: «In venti o trent’anni potremo portare in tasca tutta la conoscenza del mondo».

Dopo 50 anni dalla sua invenzione, il mouse scopre una  seconda giovinezza

 

 

Pensate che sempre lui, solo un anno prima, aveva partecipato a un altro «piccolo» esperimento: il 29 ottobre del 1969 un messaggio partì da un computer dell’Università di Los Angeles, Ucla, per atterrare su un computer nei laboratori dell’Sri di Menlo Park. Erano le 22:30. Fu il primo comando tra due macchine. Oggi lo chiamiamo Internet. La prima parola fu un articolo italiano: LO. In realtà quel «LO», trasformato da alcuni in un mitologico «hello», doveva essere il comando «login», accesso. La storia di Internet iniziò con un segno del destino: il primo di una serie interminabile di crash. La seconda parte, il «gin», non arrivò mai a destinazione, sul computer di Engelbart. Eppure iniziò così un dialogo tra l’essere umano e le macchine, noi e i computer, un dialogo ininterrotto. Il mouse, con la consueta eccessiva fretta, era stato dato per spacciato con l’avvento del touch screen. Ma l’esplosione della Zoom-economy con la pandemia ne ha anzi riabilitato l’utilizzo (pensate a quanto tempo avete passato nel 2020 davanti a un mouse). Secondo le stime di mercato il segmento dei mouse wireless vale 1,39 miliardi di dollari ed è uno dei settori in crescita dei prossimi anni, trainato anche dall’industria del gaming. A distanza di mezzo secolo dalla sua nascita possiamo dire che la sua missione è stata rispettata: Engelbart lo aveva definito un «utensile del pensiero», per l’intelligenza umana aumentata. Una storia che inizia molto prima, con l’homo faber e una selce. E non finisce con il mouse.

Sorgente: Dopo 50 anni dalla sua invenzione, il mouse scopre una seconda giovinezza – Corriere Innovazione

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