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Joe Biden è con un piede alla Casa Bianca, mentre comincia la battaglia legale fino all’ultima scheda

di Maria Laura Rodotá

Una notte di conte e proteste, senza vedere Trump
Non è stata un’elezione di svolta, diciamo. Più tragicamente e onestamente, conferma la presenza di due Americhe separate e non uguali, che se finisce come sembra dovranno, ogni tanto, trattare.

Nella notte -sera per gli americani della East Coast, Donald Trump dalla Casa Bianca chiamava come un pazzo i governatori, e molti americani, di nuovo, manifestavano. Manifestavano anche a Portland, Oregon, dove i democratici stravincono ma dove protestano sempre, con cartelli luminosi “count every vote”, contate ogni voto.

Manifestavano anche in Michigan, e molto in Arizona solo che stavolta a chiedere di contare i voti erano i repubblicani (anche lì protestano molto, avevano invaso armati il Campidoglio statale di Lansing per le misure anti-pandemia).

Intanto donne e uomini della Cnn e delle altre reti  facevano presente che ci sono più di 300 mila schede postali che non sono arrivate, i rallentamenti creati dal Postmaster General trumpiano Louis DeJoy hanno funzionato, anche se non del tutto.

Intanto svariate centinaia di avvocati stanno lavorando a ricorsi e controricorsi. Comunque ieri, per la prima volta da quando era ricoverato per il Covid, è stata una giornata senza Trump, non si è fatto vedere (Trump chiede riconte dei voti, la sua campagna non ha soldi per pagarle, al momento).

Il culto di John King
Da molte elezioni, molti godono moltissimo a seguire John King della Cnn e il suo “muro magico”. King va sulle contee, le apre col touch screen, parlando velocissimo dà risultati elettorali e li analizza come se su ogni posto avesse fatto una tesina.

I suoi segmenti sono il momento preferito di molti nelle dirette elettorali. E quest’anno King ha dilagato, la conta dei voti postali ha fatto preoccupare il pianeta per la Fulton County (Georgia), la Clark County (Nevada), la Allegheny County (Pennsylvania).

È un piccolo rito tecnologico che informa e rassicura, e poi piace a tutti perché quando c’è il Magic wall i commentatori stanno zitti (c’è un vice-King quando King, si spera, dorme; si chiama Phil Mattingly, viene bullizzato dal conduttore di turno tipo inviato della maratona Mentana).

Una campagna smaterializzata
Nella notte tra il 3 e il 4, molti di noi che seguono la politica americana si sono sentiti degli idioti (eccomi). Per aver dato retta, ancora una volta, ai sondaggi che, ancora una volta, erano sbagliati.

Che sapevamo potevano essere sbagliatissimi, tipo 2016, e infatti. È stato -volendo- un bagno di umiltà per operatori e consumatori dei media. È utile ammettere che la loro/nostra golosità delusionale di sondaggi è circa equivalente alla fiducia di certi trumpiani nell’idroxiclorochina, perché la elogiava Trump.

Attenuante generica, per giornalisti ecc. : è stata una campagna seguita quasi del tutto in modo virtuale e smart. Una campagna smaterializzata, senza andare in giro, senza vedere le facce, gli scambi, i segnali non percepibili da uno schermo che danno un’idea di come stia andando veramente (quelli dei sondaggi ora dicono che nei loro modelli c’era tutto, che nelle nove probabilità su dieci di vittoria di Biden era incluso un tortuoso percorso tra schede postali e contestazioni; di come hanno fallito i pronostici degli stati in bilico ancora non si parla).

Gli americani si armano, ancora di più
Lo raccontano gli amici in stati complicati e non, e segnalano la sparizione delle munizioni, le armerie non ne hanno più, si possono comprare online, «ma potrebbero arrivare tardi».

Lo dicono i dati di vendita e le cronache: «Tutti vogliono comprare armi. Normalmente, avrei un centinaio di fucili e pistole nella vetrina dietro di me. Ma non ne ho più. Questo negozio è stato svuotato varie volte in questi giorni», dice un armiere di Detroit.

Detroit è a maggioranza nera, e gli afroamericani si stanno armando, pure loro, perché il Michigan è stato di milizie e nuovi guai non si temono, si aspettano. Come si aspettano in Wisconsin, Georgia, Pennsylvania. E il solito Oregon (che ha sia dimostranti che milizie).

Ieri a Portland è arrivata la National Guard (che è pronta a intervenire ovunque, in questi giorni) e vengono segnalati “individui armati” per le strade (l’account Live Protest News raccomanda ai dimostranti di non camminare da soli, non passare per vie buie, «non assumere atteggiamenti antagonisti se siete circondati da fucili»).

Ma non sono preoccupati sono a Portland. Secondo qualche studioso di milizie, anche loro, come Trump, «non amano i losers, i perdenti». I Proud Boys, I Boogaloo Bois saranno arrabbiati con lui perché perde (uno dei terroristi arrestati in Michigan per aver progettato il rapimento della governatrice aveva Trump nella sua lista, in caso).

Un Senato in cui servono i Responsbaili
Una cosa che forse i democratici hanno imparato è che il denaro non fa la felicità nelle elezioni senatoriali. Jaime Harrison ha perso contro Lindsey Graham in South Carolina nonostante 57 milioni di dollari di fondi elettorali, Sara Gideon ha perso contro Susan Collins in Maine nonostante le  decine di milioni donazioni delle donne incazzate dopo il suo voto per confermare Brett Kavanaugh (e contro l’impeachment di Trump).

La presa del Senato è fallita. Forse i democratici prenderanno uno o due senatori nel ballottaggio in Georgia a gennaio; forse. E un’eventuale amministrazione Biden, per far passare qualcosa, dovrà raggiungere, “across the aisle” dove siedono i repubblicani, insomma in qualche modo dovrà trovare dei  responsabili, anche occasionali.

Anche se ora è difficile. I vecchi senatori repubblicani con cui Biden «combatteva in commissione e poi andava a pranzo», come da ricordo di Cindy McCain nello spot in cui lo appoggia, non ci sono quasi più.

Per cause naturali o trumpiane, alcuni non si sono ricandidati per incompatibilità con il presidente (che gli avrebbe fatto perdere le primarie a furia di tweet di insulti), e  con il nuovo GOP: ora al Senato ci sono giovani leoni come Tom Cotton dell’Arkansas che è tecnicamente fascista e Josh Hawley del Missouri che siamo lì.

Ted Cruz che è un cattivo caricaturale, e Lindsey Graham che darebbe il permesso ai neri di circolare solo se sono conservatori, e alle ragazze se si fanno una famiglia tradizionale (tutto testuale, e ha rivinto bene). E’ possibile che Biden vada d’accordo con le due senatrici meno di destra, Lisa Murkowski dell’Alaska e Susan Collins (e con MitchMcConnell, e con senatori anche peggio).

Deputati arrabbiati alla Camera
I senatori sono giù di morale, alla Camera molti democratici sono arrabbiati. Con i sondaggisti, e con i leader che hanno sbagliato campagna elettorale. Con Nancy Pelosi che ancora lunedì si vantava della sua maggioranza in espansione. E la maggioranza ha perso una mezza dozzina di deputati centristi (le pericolose estremiste della Squad di Alexandria Ocasio-Cortez sono state tutte rielette).

Florida Men, una cosa di sinistra 
In Florida c’era un referendum per alzare il salario minimo orario a 15 dollari, e ha preso più voti di Donald Trump, in uno stato dove i repubblicani hanno vinto. Biden era a favore, qualche anno fa non sarebbe stato scontato: il Fight for Fifteen è stato a lungo visto con sospetto dai democratici moderati.

Però i Floridians, per una volta, non hanno votato contro il loro interesse. I 15 dollari l’ora sono vitali in uno stato turistico al netto della pandemia, dove milioni di persone lavorano in alberghi ristoranti bar autonoleggi eccetera.

E il referendum sembra una nuova conferma del detto americano con valore altrove: «Le politiche progressiste sono popolari, i politici progressisti no» (non sempre, nei prossimi anni i progressisti si faranno sentire, e i democratici torneranno litigiosi e spaccati , come ogni partito di centrosinistra che si rispetti).

JOHN MOORE / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP

Sorgente: L’America conta i voti e prova a guarire da Trump – Linkiesta.it

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