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Claudio Cominardi

Carlo Calenda definisce i navigator “degli scappati di casa che non hanno mai lavorato”. Per rispondere bastano numeri e dati oggettivi, recuperabili dai curricula pubblicati sul sito di Anpal Servizi.

I 2.980 navigator sono tutti laureati (voto medio 107); spesso hanno in tasca una seconda laurea o un master; sono giovani motivati (età media 35 anni), in prevalenza donne (73%). Molti sono liberi professionisti: avvocati, psicologi, consulenti e formatori. Tutti comunque possiedono titoli di laurea in discipline chiave per operare nel mercato del lavoro: giurisprudenza, economia, psicologia, scienze sociali, dell’educazione e della formazione degli adulti.

Il leader di Azione però non è l’unico a sparare contro il Reddito di Cittadinanza e la riforma delle politiche attive. E’ noto infatti che i navigator affiancano i percettori di Reddito e sostengono chi può lavorare nella ricerca di un’occupazione.

Facile a parole, più difficile nei fatti. In primis la povertà si interseca spesso con il disagio e l’esclusione sociale. Inoltre formare chi ha scarse competenze è particolarmente difficile in un mondo del lavoro rivoluzionato da un’innovazione spinta e radicale.

Tradotto: serve tempo, soprattutto in Italia, nei cui centri per l’impiego troviamo un operatore ogni 300 disoccupati (1 ogni 24 in Germania, 1 ogni 30 nel Regno Unito, 1 ogni 65 in Francia), dove le banche dati non sono ancora comunicanti (lo saranno grazie agli investimenti dei Governi Conte I e II), dove strutture e strumentazioni sono spesso obsolete.

Eppure sono proprio i navigator il segnale della rinascita. In un anno hanno convocato e profilato almeno 775mila percettori di Reddito; hanno sottoscritto 388mila “Patti per il lavoro”; hanno segnalato irregolarità e violazioni (devono farlo per contratto) contribuendo a emettere 21.000 sanzioni.

Con gli strumenti e i sistemi limitati a loro disposizione, in lockdown hanno proseguito l’attività di mappatura delle aziende svolgendo un lavoro immane che a breve sarà concluso. Grazie a loro non avremo solo il quadro delle vacancies, ma saremo in grado di orientare meglio la formazione in base alle esigenze del tessuto produttivo. Anche per questo occorre tempo.

A ogni modo, proprio in questi giorni si entra nel vivo della Fase 2, con i navigator maggiormente impegnati a ricontattare le aziende per la collocazione dei beneficiari. E’ un tema cruciale: bene ha fatto Conte a chiedere una scadenza per la realizzazione della piattaforma utile all’incrocio.

Nel frattempo registriamo i primi buoni risultati. Circa 200mila contratti sottoscritti dai beneficiari fino al 31 luglio. Oltre 15.000 solo in Sicilia. Un accordo per la ricollocazione di 400 percettori di RdC con un’importante azienda del settore agroalimentare in Puglia. E potremmo continuare.

Certo, gli affondi disfattisti contro il RdC e i navigator da parte degli industriali non aiutano. Sono anzi un grande ostacolo alla creazione di fiducia e alla costruzione di un sistema ben coordinato. E’ tempo che non solo Calenda, ma anche il presidente di Confindustria se ne renda conto.

Sorgente: Caro Calenda, i navigator non sono ‘scappati di casa’: gli affondi disfattisti non aiutano – Il Fatto Quotidiano

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