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Si indaga sui legami con i suprematisti

HANAU. Un cane sciolto dell’ultradestra dai tratti paranoidi che voleva «annientare» coloro «che la Germania non è più in grado di espellere»: è questo il profilo dell’uomo che la notte tra mercoledì e giovedì ha seminato il terrore ad Hanau, uccidendo dieci persone fra cui una donna incinta. Nove di loro erano stranieri, stavano fumando narghilé in due «shisha bar». Il 43enne Tobias Rathjen, impiegato di banca, era un disadattato che diffondeva in rete teorie cospiratorie su fantomatiche società segrete e viveva in casa con la madre di 72 anni, che ha ucciso prima di togliersi la vita.

Una descrizione, quella che emerge del killer di Hanau – uomo solitario che amava le armi, i fucili e i cimeli bellici, andava a caccia armato e vestito come se andasse al fronte di una grande guerra, odiava le donne, gli stranieri – che somiglia tantissimo a quella di altri fanatici dell’ultradestra violenta, come l’aggressore della sinagoga di Halle nel 2019.

Mentre Merkel definisce il «razzismo veleno della nostra società», mentre il presidente Steinmeier ribadisce che «le persone minacciate dalla xenofobia non sono sole», la Germania resta sotto choc. Gli inquirenti – che indagano per terrorismo – cercano di capire se Tobias avesse legami con la rete dell’ultradestra passando al setaccio la vita di quest’uomo nutrita dall’odio, da complessi di inferiorità e da manie di persecuzione.

Sono una lettera e un video che consentono di delineare un ritratto del killer che per anni ha vissuto in una sorta di anonimato.

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Nella lettera di rivendicazione della strage che di lì a poco avrebbe compiuto, Tobias Rathjen ha confessato la sua intenzione di voler «annientare tutti coloro che la Germania non è ormai più in grado di espellere». Immigrati di origine araba, musulmani, profughi, concittadini dalla pelle scura e dai capelli neri e così via. La lettera di rivendicazione della strage rinvenuta dagli inquirenti nella casa a schiera abitata dall’omicida, assomiglia ad un manifesto dell’ideologia paranoica e folle di un cane sciolto fedele solo più all’ideologia nazista e razzista. L’impiegato di banca, terminati i suoi monotoni e anonimi turni di lavoro, rientrava a casa e si barricava in casa assieme al suo arsenale di armi, munizioni e cimeli di guerra. Trascorreva notti intere dietro allo schermo del computer per diffondere in rete inquietanti e confusi messaggi e video. Come quello pubblicato ancora il 14 febbraio scorso su Youtube nel quale in lingua inglese si è rivolto a «tutti gli americani» per metterli in guardi da una congiura internazionale e da fantomatiche società segrete che spiano mezzo mondo e gestiscono lager sotterranei nei quali torturano e uccidono bambini.

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Teorie cospirative, fobie, follie che però in taluni casi possono tramutarsi in odio cieco e in riflessi sanguinari. Il 9 novembre scorso Rathjen aveva fatto causa direttamente al procuratore generale tedesco, Peter Frank accusando di essere vittima delle attività di spionaggio dei servizi segreti. Possibile dunque che le autorità tedesche fossero a conoscenza da tempo delle devianze dell’impiegato di banca di Hanau. Di sicuro erano anche a conoscenza del fatto che era in possesso di un regolare porto d’armi e di una licenza di caccia. Aveva comprato la pistola con cui ha compiuto la strage online: una Glock 17, calibro 9 millimetri. Le forze di sicurezza non si sono mai interessate al suo caso. E ancora una volta un cane sciolto come Tobias R. è riuscito a rimanere inosservato. Almeno fino alle ore 22 di mercoledì quando ha sparato all’impazzata seminando morte e terrore in una città apparentemente tranquilla e anonima come lui stesso.

Sorgente: Tobias, l’impiegato paranoico killer di Hanau: “Annienterò gli immigrati” – La Stampa

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