0 4 minuti 5 anni

Il governo Conte 2 rischia di logorarsi con una rapidità inusuale anche per i nostri standard. Qualcuno (Enrico Letta, non uno di secondo piano) già evoca le dimissioni del presidente del Consiglio prima di Natale, stroncato dal “Vietnam parlamentare” che si delinea. Il capo guerrigliero è individuato ovviamente nel Renzi di Italia Viva, alla ricerca quotidiana di visibilità e di argomenti per giustificare la nascita del suo piccolo partito e lanciare sul piano mediatico l’imminente riunione della Leopolda.

Si dirà che Letta ha qualche conto da regolare con il fiorentino, tuttavia la questione buttata sul tavolo ha un senso che va al di là dell’inimicizia personale. Riguarda le possibilità di sopravvivenza della coalizione 5S-Pd a cui si aggiunge il terzo incomodo renziano, nato dalla nota scissione. Ed è una sopravvivenza che richiede una non banale capacità di sintesi e di mediazione a Giuseppe Conte, nonché la determinazione di Zingaretti, considerando che i 5S seguono una loro logica non sempre decifrabile.

Certo, fin dall’inizio era lecito immaginare che la frattura a freddo del Pd avrebbe prodotto instabilità, benché gli scricchiolii siano arrivati più in fretta del previsto. Pesa il protagonismo impaziente di Renzi, convinto di dover mandare subito un messaggio forte al suo elettorato, che è parte del ceto medio. Italia Viva è uno strano caso di nuovo partito che non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di presentarsi alle elezioni intermedie e progetta di rinviare le liste alle politiche del 2023.

Ma da qui ad allora bisogna mettere in campo ogni giorno idee, proposte, nonché parlare in modo credibile all’opinione pubblica: ed è noto che la prassi renziana tende, da un lato, alla celebrazione del suo governo (“abbiamo tagliato – sono parole testuali – 22 miliardi di cuneo fiscale”) e, dall’altra, a creare costanti motivi d’inciampo all’esecutivo in carica.

Qui si dimostra che sarebbe stato necessario un dibattito chiaro in Parlamento dopo la scissione: cos’era cambiato nella maggioranza? Renzi si riconosceva in un patto politico? E in quali termini, entro quali limiti? Aver trascurato questo passaggio ha creato l’ambiguità di cui ora si cominciano a scontare le conseguenze. Il premier Conte aveva mediato abbastanza poco nella sua precedente esperienza, ma allora c’era da applicare il “contratto” tra Lega e 5S, in cui ognuno dei due aveva le sue priorità: nell’illusione che si potessero fare delle somme e non delle sintesi. Sarebbe pericoloso se il Conte 2 credesse di ripetere lo stesso modulo. Adesso ci sono soprattutto posizioni diverse da amalgamare.

E se Renzi pensa di essere il Salvini della nuova maggioranza, nel senso di imporre le sue scelte a dei partner incerti, dovrebbe essere il presidente del Consiglio a esercitare una leadership. Mettendo sul piatto la sua carta migliore: la paura che Renzi ha di elezioni premature. Al momento invece prevale una certa confusione. L’altro giorno Conte aveva annunciato che sono stati trovati i 23 miliardi per la copertura dell’Iva, ma sembra invece che il governo sia ancora in alto mare. Sullo sfondo i motivi di nervosismo non mancano, da Atlantia/Alitalia all’affare delle spie. Serve qualcosa dare del “fenomeno” a Renzi in modo ironico? Solo a indicare che esiste un problema nella maggioranza, senza una soluzione a portata di mano.

Sorgente: Quante ambiguità nella maggioranza | Rep

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20