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Il premier Costa alla vigilia della giornata elettorale: “Come promesso abbiamo detto addio all’austerità”

dal nostro inviato ETTORE LIVINI

SETUBAL. «Perché voterò il Partito socialista? Perché 4 anni fa a quest’ora ero a casa mia a Palmela a piangermi addosso: avevo perso dopo 24 anni il posto da commessa in un negozio di arredamento e in otto mesi di colloqui mi avevano offerto due posti in nero a 280 euro al mese. Ora è cambiato tutto, per me e per il Paese: l’economia va, io lavoro alla Perfiliberico con 850 euro di stipendio. E qui a Setubal, chieda in giro, di storie come la mia ce ne sono tante!».

Follow the money. Basta seguire i soldi e l’orgoglioso riscatto della neo-operaia siderurgica Ana Santos per capire perché Lisbona, alle elezioni di domani, si candida a diventare la nuova Stalingrado d’Europa. Alexis Tsipras e Syriza hanno perso il potere in Grecia. Il Pd si è spaccato in due. Le scintille tra socialisti e Podemos hanno spinto la Spagna alle quarte elezioni in 4 anni. Qui, invece, fischia ancora il vento. E il Portogallo è l’ultima oasi “rossa” dove la sinistra non solo governa da quattro anni, ma è pronta a fare il bis arrivando alle urne da grande favorita.

«Avevamo promesso l’addio all’austerità – tuona dal palco di Setubal il premier António Costa chiudendo la campagna – e abbiamo mantenuto gli impegni». Nel 2015 il leader del Ps ha messo assieme, nello scetticismo generale, un esecutivo di minoranza puntellato dai voti del Bloco de Esquerda e dei comunisti del Pcp. Una Geringonça (ammucchiata), scherzavano le cassandre. Riuscita però a durare per una legislatura senza psicodrammi e harakiri e a liberare il Paese dall’abbraccio soffocante della Troika. «Ognuno di noi ha dovuto fare compromessi e rinunciare a un po’ delle sue parole d’ordine – ammette Catarina Martins, segretaria del Bloco de Esquerda – ma l’eredità che lasciamo è un Paese più giusto».

I falchi del rigore – Wolfgang Schaeuble in testa – avevano accolto con sarcasmo la “Cosa rossa” di Lisbona: «Vogliono stracciare gli impegni con Bruxelles – vaticinava il ministro delle Finanze tedesco -. Ma finiranno per chiederci nuovi aiuti e li avranno a condizioni peggiori». Non è andata così: l’“austerity-light” della Geringonça è stata un successo. «Abbiamo alzato del 19% lo stipendio minimo, messo più soldi per la sanità, riesumato le 35 ore e alzato le pensioni», dice l’ex ministro delle Finanze Mario Centeno, festeggiato come una star dai militanti. E il Paese è ripartito rispettando tutti gli impegni con la Ue». Un mezzo miracolo che l’ha portato alla presidenza dell’Eurogruppo e gli ha fatto guadagnare – copyright del pentitissimo Schaeuble – il soprannome di “Cristiano Ronaldo dei conti”.

«La storia della ripresa è una fake news – è il mantra del leader del centro destra Rui Rio –. Il bilancio in ordine è figlio di investimenti pubblici congelati e dell’esplosione del turismo». Un fondo di verità c’è. Ma il risultato finale è più che positivo: «La disoccupazione è scesa dal 17% al 6,7%, Google, Volkswagen e Bosch hanno aperto filiali da noi, i contratti precari stanno diminuendo», snocciola Costa. E i sondaggi sono dalla sua parte: il Ps viaggia al 38%, a un passo dalla maggioranza assoluta. Il centrodestra del Psd ha rimontato dal 22% al 28% grazie alle polemiche sul caso Tancos, il furto d’armi da una caserma che lambisce i vertici del Ps, accusati di aver coperto connivenze tra i vertici dell’esercito. Ma il 10% del Bloco de Esquerda e il 5% di comunisti-verdi garantiscono sulla carta un agevole bis alla Geringonça. Sempre che Costa – come dice qualcuno – non preferisca allearsi con i “carneadi” del Pan (Persone animali natura) la formazione animalista che sull’onda dell’effetto Greta ha conquistato il 5% alle ultime europee. «Squadra che vince non si cambia», si augura speranzoso Jorge Carvalho, 23enne militante della Juventude Socialista di Setubal. E anche la coreografia della campagna elettorale – un colpo d’occhio vintage e novecentesco fatto di mega cartelloni con falce e martello e di gigantografie di pugni chiusi socialisti – sembra anticipare visivamente un sequel dell’alleanza per la prossima legislatura.

Non sarà comunque facile. A sinistra i personalismi contano. «Martins e Costa stanno insieme per convenienza, nella realtà non si sopportano», ride Paulo Sousa Costa, responsabile del teatro al Casinò di Estoril. La competizione elettorale ha messo uno contro l’altro i tre partner dell’alleanza di governo. Nessuno però ha mai calcato troppo la mano o i toni, riservando l’artiglieria pesante al centrodestra. «Non sono pentita di quello che abbiamo fatto», dice Martins. «Se i risultati ci sono è perché tutti abbiamo dato una mano», le fa eco Jerónimo de Sousa, segretario generale del partito comunista. «Io sento la gente in strada e tutti sono contenti della Geringonça», ammette persino Costa.

Il lavoro da fare è molto. «Dobbiamo intervenire sul caro-casa, abbattere il precariato, alzare stipendio minimo e investimenti in salute ed educazione», promette Costa alla piazza di Setubal. Cose di sinistra che formano già una possibile base per un prossimo contratto di governo con Pcp e/o con il Bloco. «L’Europa ha davanti mesi difficili – dice Cr7 Centeno -. C’è la Brexit, ci sono i tweet di Trump, le guerre commerciali. I Paesi più fragili sono i più esposti alle bufere. E al Portogallo serve ora più che mai un governo stabile». Come quello, sottinteso, garantito negli ultimi 4 anni dall’improbabile ammucchiata rossa.

Sorgente: Portogallo, l’ammucchiata delle tre sinistre pronta a fare il bis | Rep

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