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Nel villaggio di al Hol, vicino al centro in cui sono detenuti combattenti e donne del califfato, si temono fughe e rappresaglie. Non si crede a una pace più vicina

A Qamishlo, Rojava, Siria del Nord Est, sono le 3 del pomeriggio quando il presidente statunitense Donald Trump conferma che Abu Bakr al Baghdadi, il leader dell’Isis, è stato ucciso in un’operazione condotta dalle forze speciali.

In strada non si parla d’altro, anche se molti non ci credono. “Magari è scappato, forse non era lui”, mormorano gli anziani mentre si avviano a fare colazione verso il bazar. Ed è proprio qui che un’autobomba è esplosa 5 giorni fa. Nessun morto, nessun ferito. Ma è la dimostrazione che Isis è stato sconfitto ma non è finito. E anche oggi che viene annunciata la morte del suo leader, non significa che la pace sia finalmente arrivata. Murat, un venditore di miele e formaggio sorride mentre serve i clienti come ogni giorno. Quando parla del futuro però la sua espressione cambia, si vela di preoccupazione. “Baghdadi sarà anche morto ma i miliziani ci sono ancora”.

 

Eugenio Grosso
Il bazaar di Al Hol. La cittadina ospita il campo profughi in cui sono detenuti i familiari dei combattenti di ISIS

 

Bali continua a guidare con gli occhi fissi sulla strada e le mani serrate sul volante. È pensieroso mentre guida verso al Hol dove un vecchio campo profughi risalente alla prima guerra del golfo ospita oggi i familiari dei combattenti di Daesh (ISIS in arabo) e dove oggi tra i foreign fighters e i miliziani locali sono trattenute anche le donne del califfato. Adesso che il loro leader è stato ucciso si temono rappresaglie, i miliziani vorranno vendetta. A dirlo è stato anche Mazloum Abdi, comandante generale delle Forze Democratiche Siriane, che in un tweet ha definito storica e di successo l’operazione in cui è stato ucciso il Califfo.

 

Eugenio Grosso
Al Hol, dei ragazzini giocano per strada.

 

Girando per le vie del villaggio di al Hol la tensione è evidente. Bali non è contento di fermarsi, figurarsi scendere dalla macchina. Anche i residenti hanno paura. Temono che la morte del leader dello Stato islamico possa rendere più aggressivi i tentativi di fuga dei jihadisti rinchiusi nel campo. “Abbiamo paura, anche se la città è molto controllata tutti sanno dei tentativi di fuga” racconta un uomo che si protegge dal sole sotto la tettoia del suo negozio. Alcuni sostengono che un gruppo di miliziani ancora in libertà possano aver cercato di facilitare la fuga. Una sensazione di pericolo diffusa dunque, tanto che Redur Xelil, un ufficiale delle Forze Democratiche Siriane, ha dichiarato in conferenza stampa che da oggi il lavoro di intelligence sarà intensificato per individuare cellule dormienti in grado di compiere attentati.

Intanto però nel Rojava si aspetta. Perché tra poche ore scade l’ultimatum che il presidente turco Erdogan ha dato ai curdi per ritirarsi dalla “safe zone”. Uno scenario che la morte di Al Baghdadi potrebbe sicuramente cambiare. In che modo, però, è ancora tutto da vedere.

Eugenio Grosso
Al Hol Camp, un gruppo di bambini sfollati sono radunati vicino alla recinzione perimetrale del campo.

Sorgente: I curdi non si fanno illusioni. “Baghdadi sarà anche morto ma i miliziani ci sono ancora” | L’HuffPost

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