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Il rinvio però è legato a tutta una serie di garanzie che dovrebbero essere contenute nella prossima legge di Bilancio per il 2020. Se Roma non procederà scatteranno le sanzioni minacciate dalla Commissione europea

di Claudio Tito

Come uno studente liceale un po’ somaro, il governo italiano verrà rinviato a settembre. O meglio, a ottobre. Quando l’Ecofin tornerà a riunirsi, il 10 di quel mese in Lussemburgo. L’accordo su cui stanno trattando l’Italia, la Commissione europea e gli altri 26 partner dell’Unione sulla procedura d’infrazione che riguarda il nostro Paese, è più che altro una transizione. L’obiettivo è far slittare tutto al prossimo autunno.

Una buona notizia per gli italiani, un recinto sempre più angusto per il governo. Una sorta di cambiale con scadenza a tre mesi.Nella sostanza, infatti, l’appuntamento dell’Ecofin fissato per il prossimo 9 luglio con l’obiettivo di ratificare la procedura per debito eccessivo richiesta della Commissione, verrebbe rimandato. Almeno per la parte che ci riguarda. Non si tratta di un’archiviazione perché il giudizio dei Commissari resterebbe integralmente in piedi. Ma solo di una procrastinazione. Una sorta di congelamento della procedura d’infrazione da sghiacciare in autunno.

Perché il rinvio? Il negoziato portato avanti dal presidente del Consiglio Conte e dai ministri Tria e Moavero ha puntato essenzialmente su un fattore: il deficit 2019 è inferiore a quello previsto. Ci sono più entrate e si registrano meno uscite. Secondo Palazzo Chigi, alcune di queste sono strutturali e molte altre sono congiunturali. Ma comunque in grado di mettere ordine al saldo di quest’anno. In Europa però non si fidano. Non vogliono mettere in discussione la parola data da un socio fondatore dell’Unione, ma nemmeno accettano di ricevere a scatola chiusa i conti dell’esecutivo gialloverde che in questo anno non si è certo rivelato affidabile agli occhi di Bruxelles.

Vogliono dunque associare le promesse a provvedimenti effettivamente approvati.
La soluzione dunque è di dilatare i tempi della decisione per verificare i “numeri”. Tutti i “numeri”, però. Non solo quelli che verranno inseriti nell’Assestamento del Bilancio che sarà varato la prossima settimana dal Consiglio dei ministri. L’accertamento riguarderebbe sicuramente questo primo intervento. Entro ottobre, però, ci sono almeno altre tre misure (o semplici conteggi) che il governo dovrà adottare. Le trimestrali di cassa – quelle del secondo e del terzo trimestre –, la Nadef ossia la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. E infine la Legge di Bilancio. Il vero nucleo su cui si concentrerà la lente di ingrandimento dell’Ue. Il cuore della politica economica. Da presentare entro il 30 settembre.

Sulla base di tutti questi testi di legge e non solo delle “promesse” fatte in questi giorni dal governo, l’Ecofin assumerà allora la decisione finale. È un rinvio che – se il patto stretto in queste ore reggerà l’urto dell’ultimo negoziato in corso a Osaka in Giappone a margine del G20 – potrebbe somministrare un po’ di ossigeno al Paese e alla componente dialogante della maggioranza gialloverde. Un po’ di ossigeno perchè uno dei timori che agita i sonni della parte più responsabile delle Istituzioni, riguarda la reazione dei mercati finanziari in caso di avvio formale della procedura d’infrazione. Molti, infatti, ricordano che i cicloni sui nostri tassi di interesse e sui nostri titoli di Stato in genere si scatenano in piena estate, ad agosto.

Così fu, ad esempio, nel 2011 quando lo spread volo oltre i 500 punti. Superare l’estate, allora, sarebbe un primo risultato. Nello stesso tempo, però, questa proroga apre una faglia dentro la coalizione grillo-leghista. Toglie ossigeno al fronte più sovranista e antieuropeista. Significa in particolare che l’esame di riparazione europeo si concentrerà sulla prossima legge di Bilancio. Nella quale Salvini vorrebbe inserire la cosiddetta Flat tax. Nella quale dovrebbe essere previsto il disinnesco delle clausole di salvaguardia sull’Iva per 23 miliardi. Sostanzialmente si verificherebbe se i conti 2019 sono davvero in linea come sostengono Tria e Conte, e soprattutto se quelli del 2020 possono essere compatibili con la riduzione del debito. Sarà insomma un giudizio sulla “Salvinomics”, sulle promesse del leader leghista. Un test per capire se l’arma della riduzione delle tasse possa ancora essere brandita dal vicepremier lumbard.

Non solo. Nel frattempo si consumerà tutta la partita sulle nomine dell’Unione. L’Italia la sta giocando già in panchina. Fuori da tutte le caselle più importanti, pur avendo ricoperto nell’ultima legislatura ben tre dei cinque incarichi fondamentali. Il “congelamento” della procedura d’infrazione renderebbe ancora meno efficace su questo versante qualsiasi richiesta italiana. Basti pensare che, negli ultimissimi giorni, in un passaggio riservato e informale della trattativa, un rappresentante del governo italiano ha ricevuto una proposta, per così dire sfidante, da un “collega” europeo: se avanzaste dei nomi all’altezza, potreste conquistare anche la presidenza della Commissione. Se foste pronti ad appoggiare Draghi, nessuno direbbe no. Un’ipotesi, in realtà più una provocazione, che non ha ricevuto nemmeno risposta. Caduta e basta.

Lo slittamento, inoltre, punta in parte a indebolire pure la propagandistica linea della fermezza praticata da Salvini sui migranti. Una sola variabile innervosisce il versante responsabile delle Istituzioni italiane: la reazione di Salvini. Soprattutto in autunno, a sessione di bilancio aperta. E il rischio, sullo sfondo, dell’esercizio provvisorio.

Sorgente: Governo, “L’Europa rimanderà l’Italia: la procedura d’infrazione congelata fino ad ottobre” | Rep

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