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“Le domande di partecipazione non arrivano a me, ma al commerciale: una volta accettate sarebbe illegale respingerle”

Alla vigilia dall’inaugurazione del Salone del Libro, la più importante kermesse editoriale d’Italia e la seconda d’Europa, lo scenario è dominato dalla polemica sulla presenza tra gli stand della casa editrice Altaforte vicina a CasaPound. Il direttore Nicola Lagioia si trova al timone di un evento dove si affronta, forse per la prima volta, uno dei conflitti culturali chiave dell’Italia di oggi, ma anche al centro di un caso che forse non esiste: chi li ha voluti?

Lagioia, se potesse tornare indietro al giorno in cui Altaforte si è iscritta, cambierebbe qualcosa?

«Se tornassi indietro accadrebbe la stessa cosa. Le domande di partecipazione non arrivano a me, arrivano al commerciale e noi non abbiamo un controllo, anche se siamo in dialogo costante. È vero che questa casa editrice è nata da poco e anche il commerciale non aveva idea di che cosa fosse, quindi non hanno neanche pensato di avvisarci. Una volta che lo spazio viene venduto, ci hanno detto, sarebbe illegale rifiutarli».

Però poi il problema ve lo siete posto?

«Quando hanno annunciato che avrebbero presentato il libro su Salvini li abbiamo smentiti e si è innescata la polemica. Il problema non è la libera circolazione delle idee, noi accogliamo tutte le opinioni. Il problema è se intorno a questa casa editrice si muove qualcosa che va contro la Costituzione, se intorno c’è apologia del fascismo».

Oggi la politica ha fatto un passo importante. L’esposto di Comune e Regione.

«Il nostro primo passo è stato coinvolgere il Comitato direttivo di cui fa parte tutta l’editoria italiana con Aie e Adire, e tutti ci hanno detto che non c’erano violazioni di legge. Ma il filo con la politica è stato continuo e dopo le ultime dichiarazioni di questo editore ci siamo allarmati: se l’allarme non fosse stato giustificato non saremmo arrivati all’esposto».

La comunità del Salone ha isolato Altaforte: ma non era inclusiva?

«Le dichiarazioni degli esponenti della casa editrice hanno cambiato le cose, questo programma che celebra il centenario di Primo Levi è antifascista, lo sono molti scrittori. La comunità del Salone è aperta, pacifica, inclusiva e non fa provocazioni. Loro si sono isolati con questo atteggiamento».

La accusano di aver voluto tenere la politica fuori del Salone ma la politica è rientrata e non l’avete gestita.

«Noi vogliamo parlare di politica in maniera complessa e profonda, i politici possono venire, ma non a fare campagna elettorale: la ricerca del voto trasforma il discorso in slogan senza profondità. Io spero che questa vicenda di Altaforte inneschi un dibattito serio e articolato, e che il Salone risponda con gli intellettuali, non con chi reagisce agli slogan con gli slogan. Il Salone è una delle ultime grandi agorà rimaste, la questione non è più Milano contro Torino ma sono i contenuti».

Però in passato avete avuto case editrici di destra e non è accaduto nulla, forse il libro di Salvini ha avuto un ruolo chiave?

«Il Salone non è una vetrina editoriale, è un luogo critico che prende posizione. La prima edizione l’abbiamo intitolata “Oltre il confine” e in questa abbiamo scelto non un Paese ospite ma una lingua che i confini li attraversa. Faccio un esempio. Il muro di Trump blocca il confine tra Messico e Stati Uniti, ma non la lingua: quella va dappertutto come la cultura. Sono tutte scelte poco neutrali. Perché prendiamo posizione, esprimiamo vicinanza. Salvini ha pubblicato con Rizzoli quando non era al centro delle scene e oggi pubblica con Altaforte. Anche questo è un segnale di cambiamento, una scelta di vicinanza. Per me sarebbe difficile vedere un libro che parla di me edito da una casa editrice che non ha nulla a che fare con me, quindi il segnale dato da Salvini significa per lo meno vicinanza a quella casa editrice».

Sorgente: Nicola Lagioia: “Intorno a quel mondo si muove qualcosa contro la Costituzione” – La Stampa

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