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Visita “istituzionale” a Budapest, il leghista lo inviterà all’iniziativa sovranista a Milano il 18 maggio, ma il punto chiave è ‘seminare’ per dopo

by Angela Mauro

Non solo sovranisti extra Ppe. Matteo Salvini non demorde: vuole influenzare gli equilibri al Parlamento europeo e vuole sedersi al tavolo che conta dopo il voto di maggio, il tavolo che deciderà le future cariche dell’Ue. E allora, tra un battibecco di governo e l’altro, il leader della Lega ha in programma una visita a Budapest dal premier ungherese Viktor Orban per il 2 maggio prossimo, apprende Huffpost. Il nazionalista Orban alla fine è rimasto nel gruppo dei Popolari all’Europarlamento, riuscendo a sventare il 20 marzo scorso il tentativo dei paesi del nord di espellerlo per le sue politiche di estrema destra e per gli attacchi continui alle istituzioni europee e al presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, Popolare anche lui. All’incontro del 2 maggio Salvini lo inviterà all’iniziativa dei sovranisti a Milano il 18 maggio prossimo. Ma non è questo il punto.

Salvini sa che Orban non può accettare, altrimenti stresserebbe di nuovo le sue relazioni col Ppe. E lui dal Ppe non vuole uscire. Ma proprio la sua adesione al Ppe è preziosa per Salvini. Orban, un premier con politiche più affini a quelle della Lega che ad altri partiti Popolari, soprattutto del nord Europa e soprattutto sull’immigrazione, è l’aggancio di Salvini dentro al Ppe. A differenza di Giorgia Meloni, Salvini non ha mai auspicato che Orban uscisse dal Ppe per unirsi a pieno titolo alla rete sovranista con Marine Le Pen, i tedeschi dell’Afd, gli austriaci di Fpo e altri. Il leader ungherese, condannato per violazione dello stato di diritto in Ungheria dal Parlamento europeo lo scorso autunno, è più utile al vicepremier leghista dentro il Ppe, piuttosto che fuori.

Perchè Orban può spostare il baricentro del Ppe a destra. In parte, lo ha già fatto. Alla vigilia dell’assemblea dei Popolari a Bruxelles a marzo, la sua espulsione sembrava certa. Ma poi il partito che al momento esprime il presidente dell’Europarlamento (Antonio Tajani), quello del Consiglio (Donald Tusk), oltre che quello della Commissione Juncker, il partito che annovera tra le sue file una leadership forte come quella di Angela Merkel, ha optato per un compromesso. Orban e i suoi eletti di Fidesz sono stati sospesi dal partito e invitati a ‘darsi una regolata, ma nel gruppo all’Europarlamento mantengono tutte le cariche. Restano nel Ppe, di fatto, in un Ppe che si è spostato a destra negli ultimi, da quando è stato sconfitto il piano Juncker di redistribuzione dei migranti in arrivo in Europa (per le resistenze dei paesi dell’est, ma anche di altri paesi come la Francia) e la stessa Merkel ha avuto un calo di consensi dopo aver accolto profughi in Germania ad agosto del 2015.

Insomma, Orban, forte del suo 52 per cento in Ungheria (che gli frutterebbe 13 eletti all’Europarlamento al voto di maggio) può favorire un accordo tra il Ppe e Salvini, a patto che non si porti dietro tutta la squadra sovranista. Il candidato del Ppe alla presidenza della Commissione, lo Spitzenkandidat Manfred Weber, è sempre esplicito contro Le Pen, “mai con lei”. Omissivo con Salvini. I bookmaker di palazzo scommettono che sul fatto che Le Pen (avversaria di Macron in Francia) e l’Afd (avversari di Merkel in Germania) siano automaticamente esclusi da una trattativa post voto con il Ppe e l’attuale rete di alleanze dei Popolari: i Conservatori e Riformisti (gruppo dei Tories britannici e dei polacchi di Jaroslaw Kaszynski) e i liberali dell’Alde (dove dovrebbero finire gli eletti di Macron). Contro la leader del Rassemblement national in Europa c’è un vero e proprio cordone santitario. Salvini invece, seppure a fatica, può giocarsi delle carte per accreditarsi col Ppe (non per entrarci, naturalmente). E Orban è una di queste. Del resto, il leghista, che secondo gli ultimi sondaggi porterebbe all’Eurocamera ben 26 eletti con più del 30 per cento dei consensi, ha il problema di far ‘fruttare’ in Europa l’alta percentuale cui sembra avviato in Italia.

Da qui l’incontro con Orban, che ha ottimi rapporti anche con Silvio Berlusconi. Forza Italia – pur in calo nei sondaggi – è comunque un altro aggancio utile per Salvini per interloquire con il Ppe dopo il voto. Certo per ora il leghista esclude assolutamente di voler rompere con Le Pen. Ma potrebbe trovarsi a scegliere tra lei e il tavolo che conta Bruxelles, dopo il voto.

Quello con Orban sarà un incontro “istituzionale”, ci tengono a dire i collaboratori stretti del ministro leghista. Ci sarà l’invito ad andare a Milano il 18 maggio, ma il punto non è questo. Parlarsi a Budapest a tre settimane dal voto può essere una buona semina per il dopo voto. Magari anche per cercare di ammorbidire Kaszynski. Il polacco ancora resiste alle avance di Salvini, attento a non perdere il controllo del gruppo Ecr: se Salvini entrasse in questo gruppo (come ha fatto Meloni con Fratelli d’Italia in vista delle europee) lo scavalcherebbe, perché avrebbe più eletti e avrebbe il controllo anche sui finanziamenti del gruppo parlamentare.

Sorgente: Matteo Salvini da Viktor Orban il 2 maggio: un gancio nel Ppe per l’intesa popolari-populisti | L’Huffington Post

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