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Parole in libertà di Vito Tenore, magistrato della Corte dei Conti. In una lezione al ministero dell’Istruzione ha spiegato che la legge sui whistleblowwer dice «due minchiate note a tutti». Per poi lanciarsi in un’analisi linguistica. Nel nome della superiorità dell’italiano sugli anglosassoni «sempliciotti», anzi, «farlocconi»

La legge sui whistleblowers? Una minchiata. Parola di Vito Tenore, consigliere della Corte dei Conti e autore di importanti testi giuridici. Proprio così. E poco importa che avvocati, magistrati e studiosi del diritto abbiano salutato come un passo avanti nella lotta alla corruzione le norme del 2017 che prevedono una serie di garanzie per i lavoratori che denunciano irregolarità penali all’interno della loro azienda. La legge che per la prima volta dà dignità giuridica alla figura del whistleblower dice «due minchiate note a tutti», secondo Tenore. La sorprendente affermazione è risuonata tre mesi fa tra le mura del ministero dell’Istruzione durante un seminario dal titolo “Etica e procedimento disciplinare nell’Amministrazione scolastica”.

Il sorprendente seminario sull’amministrazione scolastica tenuto da Vito Tenore, consulente giuridico del ministro Marco Bussetti

Tenore, che è consulente giuridico del ministro Marco Bussetti, è salito in cattedra come relatore unico dell’evento e già che c’era si è lasciato andare a un piccolo show personale. Parole in libertà sui whistleblowers. E il diritto qui c’entra poco. Il fatto è, ha spiegato Tenore a una platea di dirigenti scolastici, che il termine usato in tutto il mondo per indicare il dipendente informatore, o segnalatore, sarebbe il frutto di un «minchionico slang anglosassone».

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Perché mai, si è chiesto il consulente del ministro, dobbiamo utilizzare un termine straniero, proprio noi italiani che in virtù «della nostra maggiore cultura, della nostra maggiore sensibilità», abbiamo la fortuna di poter scegliere tra venti vocaboli che possono dire la stessa cosa. E invece no, ci tocca usare quel termine, whistleblower, una parola che «riflette anche la psiche dell’uomo anglosassone, un minchione semplice, un sempliciotto, come gli americani, che sono dei farlocconi». E fu così che il giurista diventò linguista. Nel nome dell’italiano e del popolo sovrano.

Sorgente: Gli americani? «Un popolo di minchioni» – l’Espresso

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