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Eletto segretario della Cgil con il 97,2%. Il 9 febbraio la prima prova di forza, manifestazione a Roma: “Quella piazza la dobbiamo riempire”

by Giuseppe Colombo

“Non facciamoci abbindolare”. Fiera del Levante di Bari, palco del congresso della Cgil. È passata quasi mezz’ora dall’inizio del primo discorso da candidato unico alla segreteria e in procinto di essere eletto dall’assemblea, quando Maurizio Landini cambia tono. La voce rotta dall’emozione – quella che ha accompagnato fino a quel momento i passaggi dedicati all’orgoglio e alla necessità che l’unità interna sia autentica – si fa dura. Parte la narrazione antigovernativa. La bussola della nuova Cgil viene collocata in una posizione fissa. I tempi in cui l’ex leader della Fiom e i 5 Stelle si annusavano sono lontani. Archiviati. “Chi si proclama governo del cambiamento non sta cambiando un bel niente”, tuona dal palco tra gli applausi scroscianti degli 800 delegati seduti in sala. La rottura è totale e impatta su tutte le grandi questioni, dal reddito di cittadinanza alla Tav.

L’attesa della pancia della Cgil e di chi guarda alla nuova stagione del sindacato di corso d’Italia è concentrata qui. Nel capire, cioè, dove Landini collocherà il suo sindacato rispetto al governo. A che distanza, con quali toni. Chi osserva – dallo stesso esecutivo a Confindustria, da Cisl e Uil al Pd – sa che il profilo di uno dei giocatori che calpestano lo stesso campo è elemento necessario per capire che schema adottare. Se vale cioè la pena tentare un aggancio o invece andare allo scontro frontale.

Il neo segretario non lascia spazio a dubbi. Affonda il governo con accuse a 360 gradi, massacrando la manovra, uno dei provvedimenti chiave della stagione gialloverde e da sempre al centro delle relazioni tra i sindacati e l’esecutivo. “È miope e recessiva”, scandisce dal palco, rimproverando l’esecutivo di aver tenuto fuori le organizzazioni sindacali dalla genesi della legge di bilancio. Il reddito di cittadinanza genera “confusione” e la ricetta confezionata dai pentastellati non convince affatto. “Non si crea lavoro con i centri per l’impiego”, insiste Landini. La Tav su cui gli stessi 5 stelle sono più che scettici e che sono pronti a fermare una volta noto l’esito delle valutazioni in corso? “Un blocco generalizzato dei cantieri non è intelligente e poi c’è la necessità di un piano straordinario di infrastrutture”.

I riferimenti contro la linea del governo si fanno insistenti. Come sui migranti. In un passaggio dell’intervento è fortissima la critica alle politiche restrittive in materia di immigrazione di Matteo Salvini e Luigi Di Maio: “Non facciamoci incantare da chi ci racconta che siamo invasi dagli stranieri. E non facciamoci abbindolare da chi, per risolvere i problemi, si inventa il nemico estero di turno”. Con la Lega non c’erano mai stati avvicinamenti e i toni nei confronti del Carroccio e del ministro dell’Interno si fanno ancora più pesanti e diretti: “Torni in Calabria, dove è stato eletto, perché nella tendopoli di San Ferdinando siamo allo schiavismo”.

A Landini questo governo non piace né convince e non fa nulla per nasconderlo. Al contrario gli lancia contro la prima sfida: misurarsi con la forza dei numeri. Quelli del sindacato: “Vorrei ricordare che abbiamo 5 milioni di iscritti”. E poi c’è un’occasione, molto vicina: 9 febbraio, manifestazione unitaria a Roma con Cisl e Uil. “Quella piazza la dobbiamo riempire”, dice ai delegati presenti, che rispondono con un lungo applauso alla richiesta. Cgil di lotta. E di cambiamento. Il termine con cui il governo si è autodefinito è lo stesso termine che Landini usa per dire che a cambiare devono essere le “scelte sbagliate” di Lega e Movimento 5 Stelle. Non c’è spazio per punti di contatto perché nella lunga lista delle cose che non vanno Landini inserisce anche l’assenza di una vera riforma delle pensioni e il mancato impegno per le assunzioni nel pubblico impiego.

La Cgil di Landini parte così. E nasce con una legittimazione forte, quella conferita dall’assemblea al neo segretario con il 97,2% dei voti. Landini può contare su una maggioranza netta in segreteria perché 7 componenti fanno riferimento alla sua area mentre 3 a quelli di Vincenzo Colla, sfidante che si è ritirato all’ultimo e ora vicesegretario. Anche nel Direttivo gli equilibri pendono dalla parte del neo segretario, ma questi elementi possono essere letti anche al contrario. Perché se una sintesi alla fine è arrivata è evidente anche che la nuova Cgil ha in pancia due anime. Oggi però è il giorno dell’unità, che lo stesso Landini rivendica, provando ad allontanare lo spettro delle correnti: “Chi pensa di essere colliano, landiniano o camussiano sappia che questi sono sintomi di una malattia che va curata subito”. Ed è soprattutto il giorno in cui bisogna connotare la nuova Cgil di un chiaro segno antigovernativo.

Sorgente: Landini di lotta: “Chi si proclama governo del cambiamento non sta cambiando un bel niente” | L’Huffington Post

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