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Dopo la controffensiva e lo stallo, ora la strategia contro i russi punta sui droni e la difesa aerea

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Una maratona di sangue, sacrifici, illusioni: questo raccontano i due anni del conflitto iniziato con l’invasione russa del 24 febbraio 2022. Un mattatoio in cui gli ucraini hanno finito i proiettili e perduto uomini, mentre l’avversario ne ha di più — soldati pescati nelle regioni più remote o nelle prigioni — e non si fa scrupolo di mandarli a morire. A distanza di due anni, gli ucraini si ritrovano oggi nel momento peggiore della guerra, con alcuni alleati che hanno cominciato a perdere le speranze e a chiedere a Volodymyr Zelensky una via d’uscita, un compromesso per mettere fine ai combattimenti.

Mosca è partita con il piede sbagliato, convinta di finire in poche settimane. Ingannata dall’intelligence ucraina e dal cattivo lavoro fatto dalle sue spie, con reparti non adeguati rispetto a quello che li aspettava. Il lungo serpentone di mezzi diretto su Kiev è diventato il simbolo dell’impreparazione: una macchina ingolfata frenata dalla buona preparazione degli ucraini.

La quantità, nella prima fase, non è stata sufficiente. Il Cremlino ha allora ridimensionato gli obiettivi a fine marzo, concentrandosi sul Donbass e sull’area meridionale. Una revisione accompagnata tuttavia dai primi rovesci in Mar Nero, con l’affondamento dell’ammiraglia Moskva. Grazie ad un gigantesco piano d’assistenza occidentale, la resistenza prima ha tenuto con grande dispendio di forze — simbolica la difesa di Mariupol, caduta a metà maggio — poi a settembre ha sorpreso l’Armata a oriente, nel settore di Kharkiv: i russi sono stati costretti a ripiegare a causa di uno schieramento precario e degli errori di una catena gerarchica sottoposta a cambi continui.

A novembre 2022 le vittorie nell’area di Kherson, a sud, hanno spinto a credere — non tutti — in una riconquista futura dei territori: una meta da conseguire grazie all’arrivo di nuovi equipaggiamenti inviati dall’Occidente. I colpi dietro le linee messi a segno dai missili a media gittata come gli Himars, le incursioni delle forze speciali, i raid nei cieli di Mosca hanno accresciuto la fiducia dell’Ucraina ma anche portato a sottostimare il nemico. Che, secondo una tradizione consolidata nel tempo, ha imparato la lezione e apportato cambi. Sotto la guida del generale Sergei Surovikin — poi spostato ad altro incarico — la Russia ha gestito bene un momento critico, segnato anche dalla rivolta di giugno innescata dal capo della Wagner, Evgeny Prigozhin. I russi hanno stabilizzato il fronte, hanno creato una serie di linee di difesa rivelatesi formidabili, hanno riempito i ranghi, adottato tattiche certamente sanguinose ma che però hanno permesso di logorare progressivamente le truppe di Zelensky.

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L’efficacia delle contromosse è apparsa netta quando l’Ucraina ha lanciato la sua offensiva, con nuove unità addestrate dalla Nato e altri mezzi. Avevano però pochi caccia, equipaggiamenti anti-mine insufficienti, training affrettato e soprattutto una lunga serie di errori. La decisione di arroccarsi attorno a Bakhmut, gli attacchi dispersi su più direzioni, l’incapacità nel gestire operazioni coordinate di grandi brigate, le prudenze degli occidentali nel mantenere i rifornimenti bellici.

Dopo l’estate la spinta degli ucraini si è arenata e, inevitabilmente, gli uomini di Zelensky hanno ceduto al ritorno dei russi, sempre in grande vantaggio in termini di artiglieria, missili, proiettili e fanteria. L’esercito di Putin può sparare di più e più a lungo, lo scudo elettronico ha in parte contenuto l’impatto dei droni che ha inciso in modo profondo sui fronti terrestri come nella sfida sul mare.

Kiev, priva di una Marina, ha continuato a mettere in crisi la Flotta del nuovo zar usando dei battelli radiocomandati e cruise. Questi lampi non hanno però oscurato la disfatta di Avdiivka, settore in cui i russi hanno ripreso ad avanzare. Negli ultimi dodici mesi, invece, i soldati ucraini non hanno compiuto alcun progresso. Gli aiuti americani sono bloccati al Congresso, quelli europei sono in ritardo, la nuova mobilitazione ha trovato l’opposizione dei civili stremati dalla guerra. I russi invece racimolano uomini dove possono, da Cuba al Nepal, e producono ora più munizioni degli occidentali, ne ricevono dalla Corea del Nord e ritengono che per piegare la resistenza dovranno arrivare a sparare 15 mila colpi al giorno: al momento ne producono 9 mila e ne sparano 10 mila. Gli ucraini sono calati a circa 2 mila. Se avessero avuto più uomini e più munizioni, sostengono i generali di Kiev, la battaglia di Avdiivka sarebbe «andata diversamente»: per non perdere la guerra, insomma, gli ucraini hanno ancora bisogno dell’aiuto alleato.

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Sorgente: Illusioni, sangue e paura: Kiev sta perdendo contro la Russia?

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