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30 April 2024
0 7 minuti 4 mesi

ATTIVO MAESTRO. Il filosofo e militante politico è scomparso a Parigi a novant’anni. Il racconto di una vita, a tratti epica, non senza contraddizioni, alla ricerca instancabile di “processi costituenti”: “Il comunismo è una passione collettiva gioiosa, etica e politica che combatte contro la trinità della proprietà, dei confini e del capitale”. Il «7 aprile» diventò per il Manifesto, con Rossana Rossanda, una battaglia politica e garantista

Antonio Negri è scomparso ieri a Parigi a novant’anni. La notizia è stata resa nota dai figli Anna, Francesco e Nina e dalla filosofa francese Judith Revel, compagna di vita da 27 anni.

Quella di Negri non è stata la storia di un intellettuale privato, l’avventura di un uomo di genio o al contrario di un mefistofelico «cattivo maestro». È stata la vita di un «militante comunista», così si è sempre definito, parte di un’esperienza collettiva, trasversale e conflittuale che ha legato più generazioni del Novecento a quelle attuali. Un percorso, a tratti epico, non senza contraddizioni, che ricorda quello di altri teorici e politici della storia del movimento operaio. «Il comunismo – ha spiegato Negri – è una passione collettiva gioiosa, etica e politica che combatte contro la trinità della proprietà, dei confini e del capitale».

Toni Negri, nell’ultima intervista al manifesto

«Il comunismo è una passione collettiva gioiosa, etica e politica che combatte contro la trinità della proprietà, dei confini e del capitale»UNA VITA PASSATA a cercare una strada impervia, e controvento, verso un altro tipo di rivoluzione che non è più, solo, qualcosa che porta al potere, ma che cambia il potere. «La rivoluzione non la si fa, ma ti fa – disse in occasione della pubblicazione di Assemblea (Ponte alle Grazie), uno dei libri con Michael Hardt insieme a ImperoMoltitudine e Comune (Rizzoli), tra gli altri – Bisogna smetterla di mitologizzarla: la rivoluzione è vivere, costruire continuamente momenti di novità e di rottura. Non si incarna in un nome: Gesù Cristo, Lenin, Robespierre o Saint Just. La rivoluzione è lo sviluppo delle forze produttive, dei modi di vita del comune, lo sviluppo dell’intelligenza collettiva».

Toni Negri

«La rivoluzione non la si fa, ma ti fa. Bisogna smetterla di mitologizzarla: la rivoluzione è vivere, costruire continuamente momenti di novità e di rottura. Non si incarna in un nome»QUESTA IDEA è il principale lascito etico e politico di un filosofo che ha avuto la fortuna di trovarsi a metà strada tra il pensiero critico e la militanza politica, ed è passato in permanenza dall’una all’altra, misurando la differenza tra la teoria e la prassi.

Ha scontato durissime sconfitte senza però rassegnarsi. E ha coltivato un inesauribile desiderio di ricercare, insegnare e organizzare. Non parliamo dunque dell’autore di un’opera fine a se stessa, né di un ideologo privo di rapporti con la realtà, ma di un teorico militante autore di più di 80 libri tradotti in molte lingue che ha sperimentato il «sogno di una cosa». E anche i suoi incubi.

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Toni Negri: «Il nuovo Palazzo d’inverno sono le banche centrali»AVERE CREDUTO, organizzato, pensato e sofferto come migliaia di altre persone in questo sogno – che alcuni grandi filosofi hanno chiamato «principio speranza» e che lui preferiva definire la «gioia» con il suo amato Spinoza al quale ha dedicato L’anomalia selvaggia (DeriveApprodi) scritto in carcere – è costato a Negri quattordici anni di esilio e undici e mezzo di prigione.

Toni Negri al corteo del 15 Novembre 2003 a Parigi foto di Tano D'Amico /Archivio Manifesto
Toni Negri al corteo del 15 Novembre 2003 a Parigi foto di Tano D’Amico /Archivio Manifesto

LA STORIA È STATA RACCONTATA nell’autobiografia scritta con il filosofo e scrittore Girolamo De Michele Storia di un comunista (Ponte alle Grazie). È qui che si possono leggere le origini di una traiettoria e i suoi tormentati sviluppi dall’infanzia cattolica negli anni veneti dall’immediato Dopoguerra alla gioventù socialista, dall’apprendistato filosofico al marxismo operaista di cui è stato uno dei maggiori teorici e ricercatori. L’insegnamento universitario a Padova, il ’68 degli studenti e le lotte operaie tra la Fiat a Torino e Porto Marghera. E, dopo la strage di piazza Fontana nel 1969, la militanza nelle organizzazioni della sinistra extraparlamentare Potere Operaio e Autonomia Operaia.

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Toni Negri: «Il futuro delle lotte: dalla fabbrica alla vita»FURONO GLI ANNI delle lotte operaie, sociali e femministe che avanzavano impetuosamente in un paese dove la conflittualità politica raggiunse un’intensità drammatica. Arrivò l’insurrezione del 1977, la spaccatura radicale con il Partito Comunista. Iniziò la dura risposta repressiva che portò all’arresto di migliaia di militanti.

Negri e centinaia di esponenti dell’Autonomia operaia furono arrestati il 7 aprile 1979 e nei mesi successivi. Alcuni di loro attesero fino a 44 mesi l’inizio del processo il cui castello di accuse chiamato «teorema Calogero» fu demolito dalla corte d’appello di Roma nel 1987.

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Non fu banda armata, la tardiva riparazionePer l’autore di Marx oltre Marx (Manifestolibri) – pubblicato dopo un seminario parigino con Louis Althusser nel 1979 – arrivarono accuse cangianti: dall’essere «capo» delle Brigate Rosse, ipotesi notoriamente smentita, all’aver partecipato ad atti terroristici e d’insurrezione armata. Negri scontò allora 4 anni di carcerazione preventiva.

ARRIVÒ L’ELEZIONE in parlamento nel 1983 con il partito radicale. E poi, dopo il voto del parlamento, l’esilio in Francia. «In Francia sono stato utile per stabilire rapporti tra generazioni e ho studiato – ha raccontato nell’ultima intervista a questo giornale – Ne soffro ancora molto. Mi scuote profondamente il fatto di avere lasciato i compagni in carcere che hanno avuto la vita devastata».

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Toni Negri, un pregiudizio lungo quarant’anniIl ritorno in Italia nel 1997. E di nuovo la galera. Per poi tornare libero e affermarsi come intellettuale a livello globale. Negri ha continuato a cercare nuovi «processi costituenti» nella contro-rivoluzione neoliberale in cui ci troviamo immersi. Per la storia de Il Manifesto, questa vicenda si radica negli anni della sua nascita di quotidiano e di gruppo politico.

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C’è qualcosa di nuovo oggi nell’ariaLo spartiacque è stato il «processo 7 aprile» che portò a una vibrante campagna garantista, un caso giornalistico e politico unico sostenuto da Rossana Rossanda. «Una persona meravigliosa, allora e sempre», così la ricordava Negri.

Sorgente: Antonio Negri, l’eresia comunista lunga una vita | il manifesto

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